Avviare un discorso serio sull’ultimo film di Roman Polański, inevitabilmente si porterebbe dietro polemiche che vanno ben oltre la critica sul film, specie se il risultato è alquanto deludente. The Palace non è piaciuto nemmeno a Zerocalcare. Il red carpet che scotta, tra il non-lasciapassare di The Hollywood Reporter e Le Monde, obbliga anche il direttore Alberto Barbera a prendere posizione: “Io non capisco perché non si possa distinguere tra le responsabilità dell’uomo e quelle dell’artista. Polanski ha 90 anni, è uno dei pochi maestri ancora in attività e ha fatto un film straordinario… potrebbe essere l’ultimo della sua carriera, anche se personalmente spero che lui faccia come De Oliveira, che ha realizzato film fino ai 105 anni di età. Sto con forza dalla parte di coloro che in questo dibattito distinguono tra la responsabilità dell’uomo e quella dell’artista”. Curioso per gli appassionati l’accredito alla sceneggiatura del regista polacco Jerzy Skolimowski – co-sceneggiatore del primo film, Il coltello nell’acqua (1962) -, oltre alla partecipazione della connazionale sceneggiatrice Ewa Piaskowska. Vi invito a comparare i due film, quello del ‘62 e quello del 2023 per farvi un'dea su quale sia l’attuale stato di “salute” dei due registi. Diciamo che non se la passano tanto bene.
La riflessione sul tempo e il montaggio si accartocciano su loro stessi, restituendo un'opera scarna e asfissiante, che da metà film fa sentire lo spettatore sequestrato. The Palace è l'ennesima critica contro i ricchi, l'ennesima commedia del fracasso, l'ennesima messinscena di cattivo gusto, l'ennesima esca per spettatori ignoranti, sadici e disattenti, con la sottile differenza di avere a disposizione opere straordinarie di cui poter disporre a proprio piacimento. L’installazione di ghiaccio a forma di 2000 posto nell’atrio dell’albergo è simbolica di un interesse da parte dei pochi sui molti di congelare il corso della storia, nel passaggio secolare, mantenendo la giusta gerarchia sociale fatta di privilegi e ricchezze, anche con la rassicurazione del direttore d’albergo sulla bufala di un possibile Bug o reset nel pianeta allo scoccare della mezzanotte. Il punto è che un film non dovrebbe avere una struttura monolitica, rigida, ma possedere una funzione. Quella di fare da collante con un’anima che manca e che forse si congela nella tormenta fuori dal "Palace".