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Chi vuole una cultura solo tecnica (come il ministro Cingolani) non ha capito niente

  • di Christian Contessa Christian Contessa

28 novembre 2021

Chi vuole una cultura solo tecnica (come il ministro Cingolani) non ha capito niente
“Inutile studiare quattro volte le guerre puniche, serve cultura tecnica”, ha detto il ministro per la transizione ecologica Cingolani. E il Governo Draghi punta a “allineare i curricula alla domanda di competenze che proviene dal tessuto produttivo del Paese”. Quale sarebbe? Amazon con i suoi 10 mila posti di lavoro? McDonald’s con i suoi nuovi punti vendita al Sud Italia? Gli Apple Store? C’è differenza tra applicazioni tecniche e cultura tecnica. La differenza è sottile da spiegare a Cingolani e a tutti quelli come lui, ma ci proviamo. Perché, anche nel mondo 4.0, è sulle parole che si fonda il metaverso ed è grazie alle parole che viaggia l’informazione in Rete

di Christian Contessa Christian Contessa

Io vengo da un mondo dicotomico semplice, analogico. Nel mio mondo esistevano due tipi di giovani: i liceali e gli animali degli Itis. Salvo qualche eccezione, mentre cercavo di tradurre l'inutile De bello Gallico, da qualche parte in Italia un mio coetaneo limava un cubo di ferro per 15 ore di laboratorio alla settimana e negli intervalli spacciava il fumo a quelli di prima.

Ho dovuto fare questa doverosa premessa per far capire che tipo di sensazione mi pervade quando apprendo queste notizie: “Inutile studiare quattro volte le guerre puniche, serve cultura tecnica”, ha detto il ministro per la transizione ecologica Cingolani. È come se di un tratto si materializzasse davanti a me il fantasma di Enzo Braschi con il Moncler smanicato e mi dicesse: “Non hai mai capito un cazzo!!! Dovevi accettare quel posto in Banca Intesa, certi treni non passano più”.

Purtroppo non è un sogno. Il ministro per la transizione ecologica Cingolani è verità, dopo aver lavorato una vita come alto dirigente in Finmeccanica (oops, Leonardo), si fa ora portavoce di questo nuovo filone pedagogico votato alla tecnologia 4.0 come panacea contro l’abbandono scolastico e come giusto mezzo per traghettare i giovani verso il nuovo meraviglioso mercato del lavoro.

E infatti a pagina 182 del mirabolante manifesto di progresso denominato Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza), troviamo il seguente passaggio: “La riforma, implementata dal Ministero dell’Istruzione, mira ad allineare i curricula degli istituti tecnici e professionali alla domanda di competenze che proviene dal tessuto produttivo del Paese. In particolar modo, orienta il modello di istruzione tecnica e professionale verso l’innovazione introdotta da Industria 4.0, incardinando altresì nel rinnovato contesto dell’innovazione digitale”. Certo, in effetti gli Itis andavano rivisti già dai tempi delle limature dei cubi, ma non è questo il punto.

Questo passaggio può sembrare vago, come le boutade dello zelante ministro Cingolani, eppure così vago non è, perché ci sono sul piatto un bel po’ di soldi: una cifra che si aggira sui 50 miliardi di euro. Ecco perché tutta questa enfasi per questa causa già perorata dal nostro beneamato ipertecnico Draghi. Sapete, tra tecnici...

Ma torniamo alle parole del nostro eletrizzante piano di resilienza rifinito tra una torta di mele alla cannella e una lasagna sfornate in un giorno di lockdown.

Testuali parole, “la domanda di competenze che proviene dal tessuto produttivo del Paese” quale sarebbe? Amazon con i suoi 10 mila posti di lavoro? O forse ancora McDonald’s con i suoi nuovi punti vendita al Sud Italia? Gli Apple Store? In questo senso la resilienza che si vuole sdoganare a questi ragazzi è quella di specializzarsi il più possibile in ambiti di applicazioni tecniche e non di cultura tecnica. La differenza è sottile da spiegare a Cingolani e a tutti quelli come lui. Ovvero a tutti quelli che non considerano un valore spendibile e monetizzabile il senso critico, chi non sviluppa competenze specifiche 4.0 non potrà fare il robot da Amazon. Pensa che sfiga...

E invece io ancora credo che la metafisica sia più importante della fisica, credo in una palestra di parole di concetti che duri almeno cinque anni, credo nello studio della storia e credo nei curiosi. Credo in Grandinetti, professore di latino con le dita ingiallite dalle nazionali senza filtro che per appassionarti alla materia ti racconta piccoli fatti legati alla nascita delle parole. È sulle parole che si fonda il metaverso ed è grazie alle parole che viaggia l’informazione in Rete. I contenuti degli utenti sono fatti al 90% di parole e le parole cari cingolaniani si imparano nei licei più che negli Itis. Anche i linguaggi di programmazione sono appunto linguaggi... e come nasce un linguaggio?

L’immaginario è cultura. Dalla fantasia si genera un futuro propositivo di nuove tecnologie. Per questo spero che i giovani si perdano nelle loro passioni e spero che le loro passioni durino un solo giorno e siano così forti da far dimenticare il tempo. Fate viaggi senza meta, acquistate libri e non finiteli, studiate la storia.

Siate pazzi, affamati ma con il cuore analogico. Insomma, fate come vi pare ma non date retta a Cingolani e a chi vi vuole monotematici limatori seriali.

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