Partiamo dalla fine. Fantasmi di Kimerica, album della cantautrice electropop uscito da pochi giorni, si chiude con il brano Ninna Nanna, una canzone nella quale, inseguendo lo stesso file che ci ha condotti fino questo finale, si rovescia l’intento rassicurante e consolatorio del genere che dà il titolo al brano andando a presentare una sorta di inno alla inquietudine, in chiave infantile. Non che Kimerica voglia necessariamente farci del male, intendiamoci, anzi, direi proprio tutt’altro, ma la sua capacità di scoprire certi nervi, evidenziare certe crepe, e più in generale di metterci a disagio, ma di quel disagio di cui fino a un attimo prima neanche sapevamo di avere vitale bisogno, come quando ci dicono che appena nati, in assenza del primo respiro, serva colpire il neonato con uno schiaffetto, sorte che poi tocca anche a chi sviene, o, più semplicemente, come di chi, una gamba intorpidita, addormentata, non può far altro che saltellare per provare a far rimettere il sangue in circolo. Ecco, Fantasmi di Kimerica è questo, ma in realtà è più una costante messa alla prova della nostra serenità, come in una veloce partita a morra cinese nella quale, vai poi a capire perché, ci troviamo sempre a fare forbici mentre la controporte ci risponde con sasso.
Kimerica, un tempo solo Kim, è una cantautrice con una cifra molto personale. Inquieta, si diceva prima, ma anche disturbante, con una poetica spiazzante che tende sempre a tenerci in allarme, in allerta. Le sue sono canzoni pop, di forte matrice elettronica, che presentano sempre melodie orecchiabili e sinistre, la voce che a volte si fa calda, a volte lieve, quasi infantile, la ritmica a farne da contraltare, cenni a un mondo non troppo diverso da quello che viene evocato nel titolo del brano incaricato di aprire le danze “Coro per la fine del mondo”. Colori viola, bluastri, che fanno pendant con il rosso sempre esibito negli outfit, i testi, cardine dei brani al pari dell’elettronica, che scavano nelle nostre fragilità, portandole a galla dopo aver sfondato i vetri dell’auto che sta andando a fondo, la paura di rimanere intrappolati a bloccarci nei movimenti fino all’arrivo salvifico dei soccorsi. Torniamo al brano che chiude il tutto, Ninna nanna, che inizia con i versi “che bella sei con qui lividi, non sarebbe bello tornare bambini quando tu mi rincorrevi in cortile, non sarebbe bello tornare bambini quando avevamo pensieri gentili”, la pelle che si accappona, un brivido che ci corre lungo la schiena, l’inquietudine, appunto, il disagio di avere di fronte una voce conturbante che ci affascina, molto, ma ci tiene anche sulla graticola, spingendoci continuamente a guardarci le spalle, spalle che spesso ci mostrano prospettive inedite su quel che abbiamo dentro di noi.
Un disco mentale, Fantasmi, pubblicato da Lost Generation Records, già encomiabile per la pubblicazione di Anna Soares, per altro fuori proprio in questi giorni con il suo nuovo singolo, Hypnodoll, ci tornerò presto su, un disco, Fantasmi, dicevo, ectoplasmatico, in assenza di un corpo, di un fisico, tutto pelle e anima, l’elettronica a sostituire quell’essenza fisica che non viene mai realmente percepita, la possibilità di vedersi attraverso che si poggia su ritmi ipnotici. Non so se siete tra quanti nella musica, o più in generale nell’arte, e la musica a questi livelli è decisamente arte, cercano consolazione o turbamento, cercano, cioè, una cura per i mali o la sublimazione del male stesso, attraverso il bello e lo stigma, nel caso faceste parte della seconda categoria, e riteniate, a ragione, che a volte anche dalle ferite si possa respirare aria in grado di far cessare l’apena, beh, Fantasmi di Kimerica fa al caso vostro. Altrimenti, fatevi un favore, superate le vostre paure e per una volta fate un’eccezione a una regola che, del resto, vi siete dati da soli.