Gli influencer hanno rotto il cazzo. Le influencer pure. Così anche le paladine e i paladini delle schwa e delle declinazioni al femminile sono a posto. Non so se questo attacco c'entri con il pezzo che sto per scrivere, ovvero la recensione di un libro, lo scoprirò scrivendo. E poi mi andava di iniziare così. Il libro è L'arte di disobbedire (raccontata dal Diavolo), Colonnese editore, scritto da Stefano Scrima e regalatomi da Roberta Denti, su Instagram @fallifelici, dopo che l'aveva trovato (il libro, non Scrima, per sfortuna di entrambi, perché sono sicuro che avrebbe provato a farselo) in una libreria di Alicudi. Scrima sui social ha 700 follower contati male, altro che influencer, eppure lo consiglio a tutti, e consiglio pur non avendoli letti i suoi libri sui Nirvana, sulla filosofia di Fantozzi e del divano, sui gatti, sulla Russia, sulla pigrizia. Tutti libercoli piccoli, leggeri, incazzati, ben scritti. Godevoli. Come questo.
Le citazioni iniziali ti fanno subito capire da che parte si sta volando: “Anima mia non aspirare all'immortalità ma realizza ogni possibilità che ti è stata data” (Pindaro); ma soprattutto: “L'atto di disobbedienza in quanto atto di libertà è l'inizio della ragione” (Fromm). Ecco, se non ci fosse disobbedienza non ci sarebbe ragione e quindi libertà, che della ragione ne è la massima espressione, e pure della giustizia: per questo i giusti, anche se fuorilegge, sono nella ragione.
Queste di Scrima sono 116 pagine contro tante cose, in primis “i valori di questa società, il senso di lavorare tutto il giorno tutti i giorni e andare la domenica a fare la spesa, raccogliere i bollini e avere in regalo (pagando comunque una differenza, sia mai) una pentola antiaderente, e ringraziare Dio, il destino, la fortuna che almeno di salute si sta bene”. Ma sono anche 116 pagine a favore di altrettante cose, tipo il saper pensare, che per l'autore (ah, a proposito l'autore non è Scrima ma il Diavolo che parla attraverso Scrima) significa saper disobbedire; per l'amore, che significa “voler esistere nel pieno potere delle proprie facoltà, abbracciare la conoscenza e rivendicarne il potenziale liberatore”; per l'ordine morale dentro di noi, unica bussola a cui ubbidire e che deve guidarci nelle nostre scelte. E come farle, le nostre scelte? Qui il Diavolo si esalta: “Studiate, leggete, disobbedite”! Invoca: “Siate voi, siate liberi”! Implora: “Dubitate”. Perché per dubitare e disobbedire bisogna essere liberi, sebbene siano il dubitare e il disobbedire stessi ad aprirci le porte della libertà.
La disobbedienza, per chi non lo sapesse, è una guida. Un incoraggiamento a seguire le proprie inclinazioni, i propri talenti. Un percorso che porta dritti alla meta che tutti noi vogliamo raggiungere, che forse è lo scopo della vita, il suo senso: essere davvero se stessi, alla faccia degli schemi, le imposizioni, gli errori, le convinzioni, le credenze, le superstizioni, i pregiudizi e alla faccia delle falsità. E la cosa incredibile è che non c'è mai fine: è la ricerca della verità non la verità a renderci liberi. Cos'è quindi questo libercolo che insegna la disobbedienza se non un insegnamento alla vita, ché la coscienza viene alla luce con la rivolta (A. Camus), ché la disobbedienza è la virtù originale dell'uomo, è attraverso di essa e attraverso la ribellione che il progresso si è realizzato (Oscar Wilde). Ma scusate, il bambino non è con la negazione che afferma la sua identità? L'identità personale si costruisce a colpi di disobbedienza, ovvero attraverso il dubbio, il pensiero critico e il coraggio di pensare e agire con la propria testa. Disobbedire è una via per esprimere tutto il proprio potenziale, per realizzare se stessi, insomma per essere più felici. Disobbedire è diventare noi stessi. “Se io non sono io chi lo sarà al mio posto”? Se lo domandava - e lo domandava a noi, all'eternità, ai posteri - Henry David Thoreau, che ha scritto un altro libercolo che ha fatto la Storia e si intitola Disobbedienza civile.
Sentite questa, per finire: domenica scorsa sono stato in una di quelle librerie dove fai anche il brunch, in via Stoppani, zona porta Venezia a Milano. Mia figlia di due anni è salita su un piccolo soppalco, si è avvicinata a uno scaffale basso, di legno, ha afferrato dei libri a caso e me ne ha passato uno. Era proprio questo. L'ho preso come un segnale: stavo leggendo L'arte di disobbedire e lei mi porgeva Disobbedienza civile, che poi ho ritrovato citato ne L'arte di disobbedire. Il circolo si era chiuso e sì, da genitore spero che mia figlia e tutti i figli miei mi insegnino la disubbidienza anche nella pratica come ha fatto lei salendo su quel soppalco (“No, Anita, non ci andare...”) perché questo è il vero valore dell'umanità. Ditelo a quelli che credono che avere un cane sia la stessa cosa di avere un figlio: io chi ha un cane lo sto capendo sempre meno, perché capisco sempre meno questo bisogno tutto umano di avere qualcuno che ciecamente ubbidisce, quando l'evoluzione, la vita vera, il progresso si rivela e si avvera proprio nel suo contrario, nella cieca disobbedienza. Mandatemi a fanculo, vi prego, che siate figli o lettori miei, tanto in entrambi i casi siete pochi. Disobbeditemi. Non fate come gli (le) influencer che obbediscono al Dio Algoritmo (bisogna postare, sempre, continuamente, in quegli orari e quei giorni, facendo quelle cose, e i sondaggi e i fammi una domanda e gli sticazzi), perché è solo disobbedendo che continuerete davvero a vivere. E a farci andare avanti.