Si è appena esibito al matrimonio di Alexandre Arnault (direttore di Tiffany e figlio di Bernard, proprietario di Louis Vuitton Moët Hennessy) e Gèraldine Guyot (fondatrice D’Estrée). Alle nozze, in quel di Venezia, invitati illustrissimi tra cui Beyoncè e Jay-Z. C’era pure Pharrell Williams ma l’unico a esibirsi con la sua band, i Portofinos, è stato lui: Alessandro Ristori. Chi è costui? Lo contattiamo telefonicamente proprio per scoprirlo e troviamo un personaggio che sembra uscito da un’altra epoca, tendenzialmente gli anni Settanta (ma non solo), e che grazie al suo stile (nonché all’amicizia con Flavio Briatore che l’ha scoperto a Montecarlo) è diventato lo showman da chiamare quando si tratta di grandi e lussuosi eventi (vedi anche: le nozze di Charlotte Casiraghi, nel 2019). Celeberrimo nel mondo altolocato, il mainstream italiano ancora non l’ha intercettato ma poco male considerando di lui Rod Stewart dice: “Sei troppo sexy per me”. Alessandro Ristori è un mistero. Anzi, Alessandro Ristori è. Ed essendo, è partito da Faenza, suo paese d’origine, arrivando a esibirsi per i grandi del mondo in party esclusivi in giro per tutto il globo terracqueo. Su Youtube non si contano i suoi video con descrizioni in cirillico tra tutorial di ballo e canzoni d’antan (sia cover che inediti). “Sono a Bucarest all’imbarco per Bologna. Ho qualche minuto”, esordisce lui, al telefono. Sfida accettata: abbiamo “qualche minuto” per conoscere Alessandro Ristori, “portatore sano di Novecento e di italianità nel mondo”.
Ok. Intanto cosa ci fai a Bucarest?
Avevo un party ieri sera, sto tornando a Bologna adesso per poi raggiungere Faenza.
Quindi l’altro giorno hai conosciuto Beyoncé al matrimonio Arnault-Guyot, poi sei andato a Bucarest per esibirti a un party. È difficile starti dietro!
Guarda, prima della pandemia avevo ritmi ancora più folli di questi (ride). Io e i Portofinos, la mia band, eravamo abituati a fare delle tratte che ci portavano anche mesi lontano da casa. Finalmente sembra le cose stiano ripartendo anche se starò addirittura tre giorni a Faenza dove abito con la mia famiglia.
Com’è stato il matrimonio di Geraldine e Alexandre?
Qualcosa di meraviglioso, come quello di Charlotte Casiraghi. Ma anche come tanti altri meno blasonati dal punto di vista del gossip, eh.
Per esempio c’erano tra gli invitati Beyoncé, Jay Z e Pharrel Wiilliams… E hai cantato tu.
Sì sì, ma io ero lì appunto per lavorare con la mia band.
Come nasce Alessandro Ristori?
Alessandro Ristori nasce da bambino: ha sempre avuto un sogno ed è ancora quello. Odio quando sento dire: “Abbiamo creato un progetto artistico”. Personalmente, ho sempre portato me stesso sul palcoscenico dall’età di cinque anni col teatro, con la musica ecc. Porto ancora avanti quel bambino nato alla fine degli anni Settanta con un babbo che era un rockabilly degli anni Cinquanta. Quindi Alessandro Ristori ha fatto questo mix del Novecento e l’ha sempre avuto dentro per raccontarlo ai suoi coetanei e a chi volesse ascoltarlo. Non si è inventato niente Alessandro Ristori, ha semplicemente deciso di essere la persona che è. Però davanti a tutti.
Perché?
Siccome non so neanche montare una lampadina, inizialmente dicevo: “Io non voglio lavorare, non posso fare niente”... E poi alla fine mi sono ritrovato che lavoro eccome!
Quindi il sogno da bambino era quello di “non lavorare”?
Beh, sicuramente il punto di partenza era di non voler fare un lavoro canonico: non ne ho la manualità e l’idea di chiudermi dieci ore al giorno in un ufficio non faceva per me. Non che non siano cose nobili, semplicemente non mi ci vedevo. Per fortuna esiste anche un servizio “ludico” e allora, ecco, io mi sono dato a quello. Alla fine, dev’essere che sono un po’ un pigro… (ride)
Beh, menomale che sei pigro!
Appunto! Il mio è un lavoro molto impegnativo, in realtà. Bisogna farlo bene, oggi più che mai non è facile. Anche se non sei su Rai 1 in prima serata o se non hai un milione di follower, intanto tutte le sere sei davanti a delle persone che ti riprendono e il giorno dopo qualcuno parlerà di te, quindi devi essere costantemente almeno al 100 %.
E come mai Alessandro Ristori non è in prima serata su Rai 1? Una scelta personale?
Ho sempre detto, quando ero più ragazzo, che forse non ero pronto al mainstream. Non mi ci sentivo richiesto, in qualche modo. Ora sono più credibile come artista, anche perché oramai ho consolidato negli anni la mia carriera, e nel tempo mi sono creato questa via parallela al mainstream.
E non ti manca il mainstream “vero”?
Da un certo punto di vista, non lo nascondo, mi manca essere sui canali diciamo “canonici”. Però nell’era in cui siamo, cioè un’era in cui i canali possono essere diversi, sono riuscito a costruirmi questa strada parallela al mainstream e ne vado orgoglioso. Mainstream che, in ogni caso, spesso mi si avvicina e mi richiede. Infatti arriverà, arriverà tutto. Prima che perda i capelli e mi venga la pancia, arriverà tutto (ride).
Quando il “mainstream” ti ha richiesto?
Per esempio, mi è stato proposto spesso anche in passato di partecipare a qualche talent show ma purtroppo o per fortuna sono di un’altra generazione. Ti assicuro che nella cosa che faccio io, la linea sottile tra passare da super bomber o da sfigato totale è davvero sottilissima. La stessa che c’è tra l’artista e il fancazzista, il comico e lo scemo: la tv può ucciderti in un minuto e mezzo. Per il mio pubblico, poco o tanto che sia, io sono il numero 1. Se mi dovessero vedere in una situazione in cui non lo sono o non lo sembro, passerei per coglione davanti a chi non mi conosce e decadrei per chi invece già mi segue e stima.
Tra le persone che ti seguono e ti stimano spunta anche il nome di Flavio Briatore…
Sì. Ti racconto come ci siamo conosciuti: iniziai a lavorare a Montecarlo nel 2015 al Bar Américain dell’Hotel de Paris. Facevo 100 giorni l’anno sul palco ed è stata la più grande pubblicità pagata della mia vita. Da lì mi sono guadagnato uno dei soprannomi che ho ancora oggi: “Il cantante di Montecarlo”. Oggi Montecarlo è quasi una seconda casa per me, grazie anche a Flavio Briatore che dopo avermi visto per tre anni all’Hotel de Paris, ha deciso di iniziare a farmi lavorare con lui. Così c’è stato l’avvicinamento per me e per i Portofinos al lusso italiano che prima era un mercato molto lontano dal nostro. Giravamo soprattutto in Russia, Medio Oriente, Libano, Est Europa… Tutto questo partendo da Faenza! Sono finito a stringere la mano ad Alberto di Monaco, che è pur sempre il figlio di Grace Kelly...
Ma infatti non sei di nicchia, sei di lusso!
Brava, non sono di nicchia: sono di lusso. È proprio così. Perché dire “di nicchia” sottintende che qualcuno non possa accedere a me e alla mia musica e invece io sono per tutti…
Beh, “per tutti” non direi... Considerato il livello degli eventi in cui ti esibisci, non oso immaginare il tuo cachet!
Beh, se chiedi a Vasco Rossi di venire a casa tua a cantare un brano, ti chiederà quello che lui rietiene sia giusto per il suo cachet. Se lo chiedi al gelataio sotto casa, ti proporrà una cifra diversa. In ogni caso, tranquilli: non costo come Vasco Rossi. Anzi, magari!
Tornando al mainstream: ti piacerebbe andare a Sanremo?
Sì, ma come ospite, non in gara. Mi piacerebbe essere ospite in quanto testimonial dell’italianità nel mondo.
Hai vissuto eventi e party pazzeschi con vip incredibili. Bene, immagino tu abbia un sacco di aneddoti folli: ce ne vuoi regalare almeno uno? La cosa più matta che puoi raccontare…
Allora, a parte che mi sono ritrovato a esibirmi in situazioni divertenti come quella cena in Libano, a Beirut, dove era vietato bere alcol e tutti i cattolici presenti alla serata avevano delle mignon di gin e whiskey per “correggere” la Coca Cola approfittando del bagno… Posso raccontarti un aneddoto a cui tengo molto che è successo mentre facevo una serata da Annabel’s a Londra, conosciuto per essere il club più bello d’Europa ma per me se la gioca anche a livello mondiale. Stavo cantando un pezzo di Rod Stewart, Da ya think I’m sexy?, e non sapevo perché il tavolo davanti a me fosse vuoto. A un certo punto, sono arrivate cinque persone a sedersi lì e una di queste era proprio Rod Stewart! Allora sono saltato giù dal palco cadendo in ginocchio tra le braccia di Rod Stewart. Gli ho detto: “Sei il mio mito!” e lui mi ha risposto: “You are too sexy for me!”. Una piccola cazzata, magari, ma ti assicuro che per me è stata una grande emozione.
Immagino! Ci sono mai stati dei momenti in cui hai pensato di lasciar perdere, invece?
In 20 anni di carriera, non ti nascondo che ci sono stati. Anche perché non arrivava questa consacrazione dal mainstream, almeno in Italia. Poi devo dire che dal 2015, grazie all’incontro con Flavio Briatore, la parabola è andata sempre più in ascesa. Lui è una di quelle persone che mi ha creato una rete molto importante che va da New York a Mosca, passando per Atene, Mosca...
Molti dei video che ti riguardano su Youtube hanno descrizioni in cirillico, infatti. Praticamente in Russia conoscono Al Bano e te…
No, in Russia prima di tutto conoscono Celentano. Poi Al Bano e sì, un po’ anche Alessandro Ristori, non posso negarlo, perché ho rinverdito i fasti di un modo di fare show che forse non esiste più. Con ciò non dico di essere il più bravo, sicuramente però sono il più vero. Forse l’unico vero rimasto: a differenza di tanti altri, io non faccio questa cosa, io sono questa cosa.
Quindi tu se vai a fare la spesa, ci vai vestito come quando sei sul palco?
Certo! Altrimenti è Carnevale e da che mi risulta, Carnevale è intorno a febbraio. Poi comunque i miei vestiti vengono dall’ultima collezione di Gucci. Faccio eleganza anche quando vado al mercatino a prendere i mirtilli. Per me è importante: l’abito fa il monaco, sempre! Sono come un branzino pescato che mica nasce con la passione di esserlo: semplicemente lo è. E, di conseguenza, è più buono di quelli di allevamento.
Questa “bontà” tua e dei Portofinos è apprezzata anche dalle groupies? Ce ne sono ai vostri concerti?
Beh, se non piaci alle donne, a livello artistico non piaci nemmeno agli uomini. Il regista di Dean Martin diceva: “Gli uomini volevano essere come lui perché Dean piaceva alle donne e di conseguenza loro volevano somigliargli”. E sto parlando dal punto di vista artistico perché nella vita sono sposato e ho un figlio di otto mesi, Franco.
Ti immagini un futuro da artista per lui?
Perché no? Intanto lo sto già facendo appassionare alla musica, la nostra canzone è Spanish eyes di Elvis. Spero che da grande faccia l’artista ma non il cantante perché per quello ci sono già io e sono abbastanza egocentrico e narcisista per tutti e due. Me lo vedrei bene come bassista, dietro di me. Anche perché avrò bisogno di qualcuno che mi tenga a bada quando sarò vecchio e ancora così, come mi vedete oggi. Prima o poi dovrò darmi una calmata con l’età, ma so già che non lo farò.
Ma quindi alla fine chi è Alessandro Ristori?
Mi piace essere descritto come un portatore sano di Novecento e di italianità nel mondo.
E l’italianità sono gli anni Settanta, non ne esiste una del 2021?
Non sono per le catalogazioni e le etichette. Il mio sound giustifica un brano del ‘71 come uno del ‘54 o dell’83. Suonano perfettamente contemporanei.
E di musica contemporanea, nel senso di attuale, ascolti qualcosa?
Io negli ultimi anni nella musica italiana ho sentito solo cose brutte, sinceramente. Non mi piace quasi niente.
Strano, ti immaginavo fan della trap…
Ecco, per esempio questa cosa qua, la trap, a me dà un po’ fastidio: proprio brutta brutta. Forse sono troppo vecchio, mettiamola così. Però se consideriamo che nel 2021 la voce dell’anno è stata quella di Orietta Berti, verrebbe da dire che qualcosa sia andato storto, musicalmente, con le “nuove” generazioni a livello mainstream...
Allora magari nel 2022 la voce dell’anno sarà quella di Alessandro Ristori?
Orietta Berti permettendo! Non credo, ma ci spero.