"Cittadino primo console, non ho avuto bisogno di questa ipotesi", disse il fisico Laplace a Napoleone, parlando a proposito delle Meccaniche Celesti e dell'assenza di Dio. Il caro marchese de Sade, poi, non pensò nulla di sbagliato affermando che, se la maggioranza delle persone adottasse il libertinismo come sistema morale, anche la politica e la società non avrebbero più bisogno della figura dominante di un padrone o di una mistress col frustino, sempre sovraeccitati e pronti a punire o a dare ordini. Napoleone non aveva certo il fisico di un De Martino, ma ha dominato un impero. Laplace era un fisico, e in quanto tale si voleva spiegare il mondo per come era e per come è, senza dover ricorrere all'ipotesi più comunemente fantasiosa dell'artigiano che gioca con il Crystal Ball per farci dei pianeti. D'altronde, fare scienza vuol dire tradire la tradizione: la scienza è tradimento, e il tradimento è scienza; ma il bisogno di un Essere Supremo, in ambito morale e culturale, è difficile da abbandonare, tant'è che ce lo ritroviamo ovunque, anche in ciò che dovrebbe essere più intimo, ovvero la relazione coniugale, che poi è l'unica vera verità ammissibile sulla continuità del genere umano. Ciascun animale adotta la strategia relazionale più utile alla sopravvivenza della specie, e in questa sede non me la sento di dire che l'unico insetto in grado di pregare, la mantide religiosa, ha una relazione tossica con i propri partners. Molte specie di uccelli d'altro canto sono monogame, e pare che i delfini e alcuni primati siano in grado di compiere atti sessuali per una funzione sociale e ricreativa, più che di continuità. Sta di fatto che l'umano è l'unico animale che rende segreto il modo in cui si riproduce. In filosofia si usano spesso parole che altrove non useremmo mai. Monismo è una di queste, e molto grossolanamente vuol dire avere uno e un solo riferimento in grado di spiegare tutto. Monogamia, monoteismo, monarchia. È nei meandri di questa triade concettuale che si consuma l'epica farsa della personalità egomaniaca, che poi è l'attitudine che viene generalmente promossa, soprattutto in ambito lavorativo. È lo stesso tipo di personalità autocelebrativa che viene pompata nelle bio di LinkedIn, che viene richiesta ai colloqui di lavoro, che viene premiata in azienda.
D'altronde ci si adatta a qualsiasi cosa, se il contesto lo richiede, andando a discapito della ricerca del piacere, della vera giustizia, della verità in generale, e spesso ci si dimentica del fatto che il dominio è sempre un tipo di relazione, un'azione dell'uomo sull'uomo. Infatti, il cittadino primo console, una volta che ebbe finito di whatsappare con Laplace, divenne ben presto, e in maniera del tutto naturale, Imperatore. Patriarcato, femminicidio, corna di Belen: tutto è collegato allo schema del monismo, che a sua volta manda in mona -come si dice in Veneto- ogni altra possibile idea di mondo, la quale potrebbe essere fondata su princìpi ben più performanti dal punto di vista societario, da discutere e capire insieme, tutti quanti, come la giustizia, l'uguaglianza, la libertà. Come diceva Ludwig Feuerbach nella sua monografia su Pierre Bayle, il filosofo libertino che per primo teorizzò la moralità di una società atea, concepire l'etica autonomamente è "un santo compito dell'umanità; tutte le altre rappresentazioni teologiche la deturpano, la sfigurano, la oscurano". Il punto nevralgico del problema è proprio qui. Quello che facciamo, decidiamo di farlo in base a un obbligo che ci siamo autoimposti, ma finché questo imperativo morale rimane all'ombra, preimpostata, di un dettame, di un ordine proveniente da un soggetto esterno, non ci sarà mai un'etica concretamente efficace per l'individuo, in quanto tale. In fondo, c'è già il volere del dio in questione che può giustificare ogni genere di azione. Sia come comandamento, sia come trasgressione, tanto sono due facce della stessa medaglia. Lo stigma sulle corna non è altro che l'eterno ritorno del potere temporale che si abbatte sulla corporalità di ciò che dovrebbe essere, in maniera veramente propria e propriamente vera, chiamato amore. Togliendo la fisica dall'amore, ci va un attimo prima che si trasformi in a-morale, quindi in moralismo. L'idealizzazione dell'amore passa naturalmente nella monogamia, la quale si svela nella sua natura di istituzione ideologica che, da un lato, nasconde la sua funzione di controllo sociale, attraverso la morale, e dall'altro giustifica ogni genere di violenza. A livello di principio, ovviamente. Ci sono altrettanti argomenti validi a favore della monogamia, finché la si consideri come una scelta e non come un comandamento, ed è in questa ottica di obbligo che gli scambisti occupano una posizione di rilievo nel campo della dignità morale. Viviamo l'epoca della dialettica tra stigma e diritto, ma non c'è ancora un attivismo nei confronti di chi frequenta locali e siti web che sono una sorta di zona buia della società, se non un ghetto vero e proprio. La vita monogamicamente condotta di chi fa scambi di coppia è un esempio di libertà pubblicamente condannata che è impossibile da rintracciare nel dibattito contemporaneo. Gli scambisti vivono la monogamia in una maniera che esclude le corna a priori, rendendole reciprocamente evidenti, volute, desiderate. Per farlo, però, devono nascondersi dal resto della società. Gli scambisti annullano le corna facendo le corna al mondo. Per usare un aforisma tecnicamente filosofico, potremmo dire che la verità va cercata nei paradossi. La caratteristica principale che contraddistingue le corna, infatti, è la loro natura di segreto. Senza il segreto, e senza la monogamia, non avrebbe senso parlare di tradimento. Ora, siccome la monogamia è la regola imposta alla società, e dalla società, anche chi non vorrebbe nascondere un rapporto extraconiugale si trova in qualche modo costretto a farlo. Così, chi fa scambio di coppia, deve nascondere il fatto che non nasconde nulla alla propria amata, né lei a lui, perché risulterebbe inaccettabile in un contesto pubblico in cui le corna si sono sempre fatte, ma di nascosto.
Lo stesso si potrebbe dire dei nudisti, gli unici e veri rappresentanti di quella che davvero si può definire come body positivity, a loro volta ghettizzati nel mondo non-tessile, dominato dall'industria della moda e dall'industria della morale. I nudisti adottano uno stile di vita in cui si mostrano esattamente e veramente per quello che sono, in tutto e per tutto, che è quello che la società contemporanea, a suon di slogan e balletti, sembra voler richiedere. Per farlo, però, si devono andare a infilare nelle spiagge più sperdute e irraggiungibili, per evitare denunce. La famosa massima di Agostino, amate e fate ciò che volete, anche se va di gran moda sui social non è che la reiterazione di un divieto, imposto sotto l'imperativo di un amore ancora del tutto ideale. Lo stesso vale per il comandamento cristiano: ama il prossimo tuo come te stesso. La vera formulazione per una società pacificata ed eticamente possibile dovrebbe essere: ama il prossimo tuo come se te lo dovessi portare a letto. Dal marchese de Sade a De Martino il passo è allora breve, e se il fulcro della monogamia è in qualche modo il concetto di possesso, di esclusività, dobbiamo essere anche pronti ad accettarne le conseguenze. Il punto è che la morale non dovrebbe essere presa troppo sul serio, né in maniera estremamente rigorosa. Almeno fin quando non la si è sottoposta a una qualche interrogazione, come ci avevano insegnato a fare i libertini francesi dell'epoca moderna. La Francia doveva essere un posto bellissimo, due o tre secoli fa; deve averlo pensato anche Feuerbach mentre, passeggiando tra le colorate case a graticcio di Erlangen, formulava in francese la sintesi classica dell'antropologia antimetafisica: la raison est l'être suprême. È la ragione umana, fisica e concretamente esistente, l'Essere Supremo, e le meccaniche di de Sade erano celesti, nel loro ricondurre l'atmosferico al sociale. O, come diceva quella canzone dei NOFX: when everyone is getting blowjob, that's when we'll finally have real peace.