Quella che state per leggere è una storia vera. Uno di quei dietro le quinte che potrebbero sovvertire credenze anche radicate nell’immaginario collettivo, dove per collettivo si intende quella porzione di mondo che è uso leggere quello che scrivo. La credenza in questione - da qualche parte tocca pur partire - vuole che il critico musicale, specie chi lo fa senza farsi scrupolo nell’esternare critiche negative magari anche ricorrendo a un linguaggio informale ma non sempre a beneficio di chi scrive per siti o magazine, sia mosso dall’odio nei confronti di chi stronca. La domanda: “Ma perché odio Pinco Pallino?” è il più classico dei commenti in calce a una stroncatura, con le variabili “ma perché tanto rancore?”, “perché tanto astio?” o, più spiccia, “ma perché ti sta sulle palle?”. Mai nessuno, parlo ovviamente di chi commenta lasciando intendere il proprio puntiglioso disappunto, che ipotizzi che non si tratti di odio, rancore, astio o quel termine che al momento mi sfugge che possa racchiudere in sé il concetto di “stare sulle balle”, quanto piuttosto di stroncatura dovuta al semplice fatto che quel che si sta recensendo può far cagare. Certo, chi è uso lasciare quei puntigliosi commenti riterrà che i gusti sono gusti, che la critica è roba da artisti falliti, qualcuno, più evoluto, arriva a citare la classica frase di Frank Zappa sui critici che non sanno scrivere eccetera, ma per i più è odio puro, come nei versi di Truce Baldazzi. Non ho menzionato e spero che per questo mi vogliate un po’ di bene, chi arriva a evocare una assente critica costruttiva, men che meno chi chiosa a un ipotetico, siamo pur sempre nel campo delle ipotesi, vaffanculo in risposta a questi commenti, con il superclassico erniano: “Ecco un critico che non accetta le critiche”. L’odio, quindi. La storia vera che vi voglio raccontare parla di critica e parla di odio, ma, in un pur sempre classico rovesciamento dei canoni, è il critico a essere odiato, non l’odiatore. L’ho presa alla larga, il fatto è che Emma mi odia.
Mi odia perché nel tempo, parliamo di qualcosa come, quanto? otto anni, mi sono più e più volte trovato a criticarne il lavoro, le opere, senza praticamente mai concedere aperture a un ravvedimento, mio o suo, fate voi. Indicando, in un passato prossimo a quando ho cominciato a stroncarla, l’unico guizzo in una carriera a mio dire inspiegabile, parlo dell'album Schiena che sinceramente non rientra nei miei ascolti quotidiani - a dirla tutta neanche nei miei ascolti annui - ma che almeno aveva dentro un minimo di senso (non a caso credo sia a tutt’oggi il suo più grande successo in termini di riscontri anche per il suo pubblico). Il fatto che a lavorare a quell’album sia stato, in veste di produttore e anche autore di alcune tracce, Brando, cantautore catanese negli anni passati dall’altra parte della barricata, incidentalmente mio amico, a rendere il tutto ai suoi occhi, credo, particolarmente urticante. Questo fatto, che ovviamente non è un segreto (quindi informazione di facile accesso per chiunque, figuriamoci per i fan di una cantante) mi è stato spesso puntato contro come fosse un’arma carica di chissà che proiettile, arma che però si è sempre rivelata a salve, perché tutti coloro che sono miei amici, o quasi amici, tra gli artisti, lo sono non per quella faccenda dell’essere cresciuti insieme, quindi del condividere assieme chissà che porzione di passato fatto di nostalgie e affetto, quanto piuttosto per una stima professionale che mi ha fatto, ci ha fatto, l’amicizia non è intransitiva, avvicinare per curiosità, poi chiaramente una affinità di carattere a rendere il tutto possibile. Per intendersi, se sono amico di un cantante è perché c’è stima, quindi curiosità, quindi conoscenza, quindi, a volte, amicizia. Non è mai capitato che io sia diventato amico di qualcuno che poi, da grande, è diventato un cantante, non esistono cantanti di Ancona della mia età (a dirla tutta neanche di altre età). Traduco: stimo Brando, per come lavora, e Schiena mi è sembrato ben fatto, seppur Emma non mi piaccia, l’ho detto a prescindere dalla mia amicizia con Brando. Non ho mai detto, per chiarire ulteriormente, che Viva i romantici dei Modà, che ha sempre visto Brando tra i credits, sia un bell’album. Essere amici di qualcuno significa anche dirgli che ha fatto una cagata. Ad ogni modo, Emma non ha gradito queste mie esternazioni quando scrivevo per il Fatto Quotidiano. Ci si conosce solo di vista, ma ricordo bene quando, ai tempi in cui seguiva l’esordiente Elodie, ci siamo fatti un viaggio in ascensore nel palazzo che ospita la Universal così carico di tensione che mi sembrava di stare dentro una centrale elettrica. Poi, va beh, magari un po’ me le sono andate a cercare, ma mi piace scherzare, credo sia chiaro a tutti. C’è stata la volta in cui, raccontando di come un suo concerto al Forum avesse visto una lunghissima coda alla cassa accrediti, con gente lì sotto la pioggia in fila indiana assai dopo l’inizio del concerto, spunto per iniziare a parlare proprio di questa usanza di raccontare come sold out quelli che sold out non sono, credo fosse tipo il 2016 o 2017, indicando, colpa mia, nel suo essere passata dalla “stella caduta” che è stata lasciata a beneficio di camera da Stefano De Martino per Belen, entrambi ancora a Amici con lei, una cui il pubblico non può che essere solidale, all’essere la vincente che fa concerti al Forum; un errore strategico, perché la gente vuole bene a chi perde, non a chi vince, chi vince risulta sempre arrogante. E le suggerii quindi di farsi nuovamente lasciare, ma si scherzava, ripeto. Ma lei non l’ha presa bene. Neanche i suoi fan. Così i suoi fan, quelli iscritti al suo fanclub che gestivano una pagina chiusa, hanno dato precisa indicazioni di mettermi sotto shitstorm, chiedendo in massa a Facebook di chiudermi la pagina pubblica. Peccato che un insider abbia screenshottato i vari passaggi e me li abbia girati, dandomi così agio di condividerli, con conseguente minaccia di denuncia e relative scuse pubbliche. Essere stato evocato a ogni tappa del tour, con eleganza, indicando come i vari palasport non fossero affatto vuoti è stata una specie di risposta a non so quale domanda. Capita. In quell’occasione, per altro, una sua fan, ho ancora da parte gli screenshot di quello che credo sia stato uno dei miei scherzi meglio riusciti, ha scritto qualcosa che suonava come: “Io Monina non so chi sia, l’unico che conosco è il mio prof dell’università”. Questa cosa di incazzarsi come iene per quello che scrivo, salvo poi dire che non sanno chi io sia o cosa faccia, ovviamente arrivando poi alle conclusioni che non conto è una cosa molto divertente. Comunque, letto quel tweet, anche io ho un manipolo di fan che mi mette sempre a conoscenza di quel che dicono di me, seppur io abbia più volte sottolineato come in mia assenza potrebbero anche uccidermi, perché mettermi a conoscenza di cose brutte che altrimenti non saprei? Comunque, letto quel tweet ho deciso di rispondere, con un tweet che diceva, suppergiù: “Se per professore universitario intendi Giancarlo che insegna a Roma 3, è mio padre, stasera glielo racconto”. Giancarlo Monina è uno storico, di circa dieci, massimo quindici anni più di me. Lo conosco perché a mia volta ho studiato Storia, e perché è al momento il solo altro Monina che pubblica libri. Giocavo facile, quindi. La tipa si è ovviamente cagata sotto, e ha cominciato a bofonchiare scuse, anche perché io ho continuato a fingermi offeso. La cosa buffa è che più lei chiedeva scusa, più gli altri fan mi insultavano, dicendo che la stavo minacciando, col che lei li implorava di tacere. Una scena davvero imbarazzante. Alla fine ho scritto che mio padre si chiama in realtà Learco, e lavorava per l’azienda tramviaria di Ancona, suggerendo di fare più attenzione a usare i social.
Col tempo sono tornato più volte a raccontare quanto la musica di Emma non mi piaccia, quanto la sua carriera sia, a mio avviso, sul profilo artistico, in caduta libera, e sotto il profilo dei numeri, quindi del seguito, altrettanto in caduta libera. Sempre incontrando l’odio dei suoi fan, quelli che nel mentre non ho bloccato sui social. Quando Vasco e Curreri, in buona compagnia di Piero Romitelli e Gerardo Pulli hanno scritto per lei, immagino, visto che io con Vasco ci lavoro, avrà pensato ci sarei andato giù più cauto, invece io lavoro con Vasco anche perché a lui fa simpatia questo mio sbattermene delle convenzioni, l’essere cioè uno dei pochi che non gli lecca il culo, e ho fatto presente che anche quella canzone mi ha fatto cagare, l’ho scritto. È quindi successo che alla prima del film Vasco Non Stop 018-019 non ci siamo incontrati. Probabilmente spavalda in virtù dell’avere Vasco come autore di un suo brano mi ha fatto sapere conto terzi il suo disprezzo nei miei confronti, forse inconsapevole che ero lì perché di quel film, di Vasco e con Vasco, io ero l’autore, come tirare tutti e due sasso giocando a morra cinese. Nei fatti ho archiviato un commento sul fuoco e la benzina e il bruciare e l’ho messo da parte, facendone poi ovviamente buon uso. Il resto di questa storia è fatta di altre stroncature, su album, non sempre, perché il tacere è a volte più urticante che il dire male, stroncature quando era giudice a X Factor, a Sanremo, un po’ ovunque. Stroncature non frutto di odio, non odio nessuno in questa vita, perché ritengo sia uno spreco di energie, e perché fortunatamente nessuno mi ha fatto qualcosa che valga quel dispendio di energie, i sentimenti come la compagnia e l’intelligenza, allargo il discorso aperto a suo tempo da Ivano Fossati ne La disciplina della terra, non si regalano, quanto piuttosto dallo svolgere alla mia maniera, punk rock grunge, per dirla con parole sue, il mio mestiere. Nella più completa consapevolezza che questo mio essere tranchant, apparentemente fuori o a lato del sistema, sia in realtà un farne parte a tutto tondo, nel ruolo del villain, ma anche col divertimento di non prendersi mai sul serio, o davvero penserete che io me ne vada in giro con gli occhiali da mosca fucsia e con i codini alla Frank Zappa? La vita è troppo breve per odiare qualcuno, recita l’Hagakure, anche un critico musicale figo come me.