Napoleon, l’ultima fatica dorata di Ridley Scott, esce nei cinema il 23 novembre (in seguito, sarà su Apple TV+). Un ritratto a tutto tondo del leggendario sovrano francese, interpretato, ma questo lo sanno anche coloro che non hanno mai visto un film in tutta la loro vita, dal premio Oscar Joaquin Phoenix, sulla cresta dell’onda da tempo e che ritorna a vestire i panni di un imperatore. I due, anche questo si sa, avevano già collaborato ne Il gladiatore, dove Phoenix era Commodo e i cui pollici, giudici implacabili nell’alzarsi o abbassarsi, fanno ormai parte dell’immaginario collettivo di tutti. A ogni modo, allora era stato Russel Crowe a rubare la scena. Il suo Massimo Decimo Meridio è molto più di un personaggio riuscito. Stavolta però no: il condottiero è Joaquin Phoenix. Per giunta uno dei condottieri per antonomasia. Non è solo, comunque. Infatti, il film si propone di fornire un ritratto molto ampio del sovrano. Per questo, dunque, saranno coinvolte le altre forti personalità che si sono confrontate con la sua ascesa. Tra tutte, avrà particolare risalto la figura di Josephine de Beauharnais, prima moglie dell’imperatore. Questa è interpretata da Vanessa Kirby, che sta vivendo un anno di svolta per la sua carriera: è anche parte del cast del penultimo capitolo di Mission Impossible – Dead Reckoning: Parte Uno. Due megaproduzioni del genere in un solo anno. Non male. Tra gli altri, ci sono anche Talleyrand (Paul Rhys) e il visconte Paul Barras (Tahar Rahim): tutta gente che di realismo politico ne sapeva, eccome. Sappiamo che Ridley Scott i film storici li sa fare. Il talento di Phoenix lo conosciamo. I soldi ce li aspettiamo ben spesi. Sappiamo, conosciamo, ci aspettiamo così tanto, forse troppo, che il film deve essere davvero un masterpiece se vuole accontentare tutti, grande pubblico e critica. La fotografia e le scenografie megalitiche sembrano presagire un’epopea degna della grandezza del mito napoleonico. I costumi sono precisi al millimetro. Un quadro di una leggenda, quindi. Del resto, quando si parla di figure così ingombranti non si può che esagerare. Bisogna fare di più, mostrare di più, sentire e far sentire di più. Quest’anno il pallido Jordan e la Nike in modalità Onlus di Ben Affleck hanno già provato cosa succede a umanizzare troppo il divino, a secolarizzare il sacro. Ridley Scott non pare uno che rischi di cadere nel tranello.
È quasi paradossale, però, come il sovrano che più di tutti ha cercato di rendere pratico, empirico e utilizzabile il sapere abbia cercato così fortemente di andare al di là della storia, della nuda materia. Non solo sfolgorante successo, comunque: ci sarà il Napoleone combattuto, messo in discussione. Vedremo quanto. Anche la caduta di un dio deve essere fragorosa. Lucifero cadendo ha bucato la terra fino al suo centro. L’imperatore deve, allo stesso modo, graffiare il mondo nel suo ultimo grido. O forse no? Forse, chissà. Che Napoleone sarà quello di Ridley Scott? Quanto uomo e quanto Dio? Su quest’equilibrio si gioca il successo del film. C’era qualcun altro, però americano, precisamente di New York, che voleva fare un film su Napoleone: Stanley Kubrick, ovviamente. Kubrick voleva esserlo sul set un imperatore, unico sovrano che con gesti facili amministrava, o quantomeno supervisionava, ogni aspetto dell’opera: dalla scelta dei set alla promozione, dall’ammaestramento del cast agli effetti speciali. Un artigiano coi mezzi di un signore della guerra. Può Ridley Scott accogliere l’eredità di un tale progetto? Se glielo chiedessimo, il regista inglese non esiterebbe a rispondere che no, il film è suo. Del resto, dopo una carriera del genere, ci manca anche il bagno di umiltà. A occuparsi dello script è stato David Scarpa, già collaboratore di Scott per Tutti i soldi del mondo. Interessante, per il pendolo citato tra umano e divino, vedere come Scarpa ha gestito l’introspezione e la psicologia di Napoleone. Alla maestosa visione andava infatti accompagnata una sceneggiatura chirurgica, meno d’effetto (intendiamoci, qualche frase epica ci va, non scherziamo) ma ugualmente capace di restituire la complessità del personaggio e le sue contraddizioni. Che anno per il ritorno definitivo in sala. Non si sono risparmiati in termini di produzioni colossali: Oppenheimer di Nolan, Dune 2 di Villeneuve, Mission Impossible con Tom Cruise, Barbie di Greta Gerwig. Tanti e attesissimi. E poi ci sono loro, Ridley Scott e Joaquin Phoenix: due nomi per scolpire il ritratto di un re che cercò di essere Dio.