Le riprese sono terminate. Abbiamo una data: 13 luglio 2023. Ecco l’appuntamento per il settimo e ultimo capitolo di Mission Impossible, la saga cinematografica che ha visto per 27 anni Tom Cruise vestire i panni di Ethan Hunt, spericolato agente più-che-speciale che con le sue azioni ha determinato le buone e le cattive sorti del mondo. Dopo più di due anni di riprese a singhiozzo causa Covid, in Mission Impossible: Dead Reckoning (Parte uno) la squadra di Hunt tornerà anche a Roma, ritrovando volti che non si vedevano dal 1996, anno di uscita del primo film della serie, diretto da Brian De Palma. Nel trailer, infatti, sentiamo Kittridge (Henry Czerny), l’ex-capo di Hunt, parlare all’agente di bene, male e di come le due cose si trovino spesso intrecciate, senza poter essere più distinguibili. Ma un frame in bianco e nero postato sui social da Christopher McQuarrie, alla regia fin da Rogue Nation (2015), ci annuncia la presenza di William Donloe (Rolf Saxon). Per intenderci, l’analista che, nel primo film, si chiudeva in bagno a vomitare mentre Hunt, in una delle scene più iconiche dell’intero filone, si calava dall’impianto di aereazione di una blindatissima stanza dove si trovava la banca dati da hackerare, con tanto di sensori per calore, rumore e pavimento ultrasensibile. Al tempo aiutato da Luther (Ving Rhames), ancora presente e ormai veterano, e da Krieger (Jean Reno). La goccia di sudore per antonomasia venne fermata appena in tempo, prima di toccare terra e far scattare l’allarme.
Ritroveremo anche personaggi che accompagnano Hunt da diversi capitoli come Benji e Ilsa (Simon Pegg e Rebecca Ferguson), fedelissimi (sì, almeno loro) di Hunt. Confermata la presenza della “Vedova bianca” di Fallout (Vanessa Kirby), lasciata in sospeso nell’ultimo film ma che odora di doppiogiochista. A scompigliare le carte ci sarà Grace (Hayley Atwell), descritta dal regista come “una distruttiva forza della natura” e, aggiunge, “in qualche modo ambigua”. Del resto, l’immaginario e l’universo semantico degli spy movie si nutrono di ambiguità. Sono quasi sempre i nemici interni quelli che davvero si rivelano i più pericolosi: era così nel 1996 ed è stato così anche nel 2018. Certe cose non cambiano. Della trama, però, sappiamo ben poco. Una delle poche certezze è la presenza di Esai Morales come villain che si opporrà ad Hunt in entrambi i film di chiusura della serie, oltre alla varietà delle ambientazioni: come già detto, Roma, ma anche Norvegia, Polonia e le alpi Svizzere.
Restano intramontabili Ethan Hunt e il Tom Cruise che lo interpreta, il quale sembra non sentire il peso dei sessant’anni. Infatti, non rinuncerà neanche stavolta alla sua dose di acrobazie e inseguimenti a velocità soniche. Sì, anche stavolta ci sarà un aereo, come in Rogue Nation, quando il protagonista si trovò attaccato alla fiancata di un velivolo militare in partenza. Starà sopra, sotto o di nuovo di lato? Questo è il dilemma. Cruise non poteva rinunciare al suo lato stuntman: potrebbe lasciarlo a una controfigura? Naturalmente. La gente andrebbe comunque a vederlo? Senza dubbio. Eppure, non sarebbe la stessa cosa. Sarebbe un po’ come se Cristiano Ronaldo, dopo serie infinite di addominali, mostrasse su Instagram la tartaruga di qualcun altro. Poco credibile. Ormai Tom Cruise è sinonimo di pericolo, di voglia di spingersi oltre il limite. Lo è stato anche nei suoi Top Gun, non facilmente identificabili come film d’azione. In quel caso, la pressione delle manovre in quota non riuscì a far demordere Maverick, animato da una tenacia che permise a Cruise, nel “lontano” 1985, di ottenere il suo posto nella Walk of Fame della Hollywood Boulevard. Il fiuto per gli affari, di certo, non gli è mai mancato (produce o coproduce i suoi film fin dal primo Mission Impossible) e gli incassi di Top gun: Maverick non lo smentiscono: quasi un miliardo e mezzo al botteghino per un film che non esagera con la nostalgia. Per un cult non è mai semplice. Facendo contenta la Paramount, che si consola dopo il ritardo nell’uscita di Dead Reckoning.
Nel corso della sua carriera, Tom Cruise non è stato solo il protagonista di film d’azione: ha recitato al fianco di Paul Newman in Il colore dei soldi di Scorsese, “contro” Jack Nicholson in Codice d’onore di Rob Reiner e come protagonista in Eyes Wide Shut, l’ultimo atto di Stanley Kubrick. Ma sono moltissime le pellicole di livello: Jerry Maguire, Il socio, Rain Man. Non solo salti nel vuoto, paracadutismo e sgommate in Yamaha. Sarà l’ultima volta che vedremo Cruise in Mission Impossible. La saga si chiuderà il prossimo anno con la seconda parte del capitolo finale. Chissà se Tom si stancherà di tutta questa adrenalina: magari sarà l’inizio di una “seconda” carriera, che poi è la continuazione di una precedente, in cui l’attore si dedicherà a film più “impegnati” e non più ai soliti blockbuster. Dopo anni di successo, sicuramente ha il coltello dalla parte del manico. Perché sì, Tom Cruise ne sa fare di cose: dondolare appeso a grattacieli di vetro è diventata la sua specialità, certo, ma per accontentare i registi con cui ha lavorato non bastava di certo questo. Sessant’anni e still going. Per l’ultima volta: “Questo messaggio si autodistruggerà in 5 secondi”. Per Tom Cruise: “To be continued”.