Finalmente Liliana Cavani ha ricevuto il Leone d’Oro alla carriera al Festival di Venezia. Regista e sceneggiatrice di successo, Cavani è prima di tutto una donna libera che non ha mai avuto paura di dire la sua nei suoi film e nella vita, andando contro le convenzioni sociali. Il suo è un cinema che più che ottenere consensi preferisce dividere, stimolare il pubblico alla maturazione di un pensiero critico, autentico e non risolvergli il compitino dandogli in pasto una soluzione fatta e finita, un film con un finale “chiaro”. La Cavani è una persona che preferisce creare domande anziché dare risposte, che si autodefinisce semplicemente con un avverbio: “fuori”. La regista si sente, come riportato dal Centro Sperimentale d’arte Cinematografica, “né apocalittica né integrata”.
Tra i suoi lavori più acclamati dalla critica troviamo “La donna nella Resistenza” del 1965, un documentario di inchiesta prodotto dalla Rai in cui le donne partigiane (finalmente) vengono dipinte come prime battagliere e non soltanto come crocerossine. Nel 1974 esce "Il portiere di notte", probabilmente il film più conosciuto e tra i più controversi della Cavani, che parla di un ex ufficiale nazista che lavora come portiere di notte in un albergo di Vienna. A lasciare perplessi gli spettatori ma soprattutto i critici del Cahiers du cinéma (la più prestigiosa rivista cinematografica francese) fu la scelta di un protagonista ed eroe ex nazista. È giusto? È corretto? Ma soprattutto, è possibile? A queste domande la Cavani ha sempre risposto di sì.
La regista emiliana non si è mai lasciata disorientare da moralismi gratuiti o da polemiche sterili, continuando a imporre la sua idea di mondo e di cinema, reale, autentico e sovversivo. Vicina a Petri, Pontecorvo, i fratelli Taviani ed altri, Liliana Cavani è stata negli anni Settanta una voce femminile in un coro di maschi. L’autrice ha sempre però scansato l’etichetta che le è stata spesso affibbiata di “regista militante”, forse per paura di essere circoscritta ad un solo genere. Eppure, c’è da dire che diversi suoi lavori sono stati prodotti durante gli anni della strategia della tensione. Come racconta il giovane critico cinematografico, Lorenzo Fedele, la Cavani ha sempre preso fatti di cronaca e riletto storie di personaggi storici (come San Francesco) dando loro una nuova vita nei suoi film, reinterpretandoli. Ma Liliana Cavani non è arrivata a Venezia soltanto per ritirare il premio più ambito, ha pure presentato il suo ultimo e attesissimo film: "L’ordine del tempo". Dopo ben ventuno anni di assenza dal grande schermo, la regista torna con un film fascinoso e un po’ inquietante ispirato dalla lettura del saggio omonimo di Carlo Rovelli. È la storia di un gruppo di amici che una sera d’estate, durante una vacanza a Sabaudia, scoprono che il mondo sta per finire a causa di un asteroide, che a breve colpirà il pianeta. Nel cast ci sono Alessandro Gassman, Claudia Gerini ed Edoardo Leo.