È appena iniziata la 80esima edizione della Mostra internazionale d’arte cinematografica a Venezia e non potevamo non notare nella programmazione ufficiale il nome e il cognome di Dario Argento, che finalmente dopo più di quarant’anni di carriera sarà sul red carpet del Lido per la presentazione del docufilm a lui intitolato “Dario Argento Panico”, girato da Simone Scafidi. Eppure è assurdo pensare che il Re dell’Horror omaggiato e venerato da mezzo mondo (l’anno scorso gli hanno dedicato una intera retrospettiva a New York), che ha ricevuto numerosi riconoscimenti ai festival di Torino, Locarno e Cannes, non sia mai stato invitato a Venezia. Possibile che si siano sempre dimenticati di lui? Vediamo cosa ne pensa Steve Della Casa, tra le personalità più stimate e riconosciute del panorama cinematografico europeo, anche quest’anno candidato alla Mostra per il miglior documentario sul cinema con il suo docufilm Un’altra Italia era possibile, il cinema di Giuseppe De Santis.
Della Casa, finalmente al Festival ci sarà Dario Argento. Come mai secondo lei ha dovuto aspettare tutto questo tempo per ricevere un invito?
Possiamo parlare di un vero e proprio risarcimento danni. Basti pensare al fatto che il suo penultimo film, Dracula 3D, sia stato omaggiato a Cannes ma non in Italia. Perché da noi Dario Argento è considerato un autore commerciale, pop, anche se ha rinnovato il linguaggio del cinema. Il motivo per cui non è mai stato totalmente apprezzato in Italia e nello specifico a Venezia è legato al suo rapporto con la critica, soprattutto quella proveniente dal secondo Dopoguerra, crociana cattolica e marxista. Entrambe privilegiavano film autoriali rispetto a quelli commerciali, senza capire invece che spesso proprio i titoli “popolari” sono quelli che hanno cambiato veramente il modo di raccontare le storie. Lo stesso, anni dopo, è successo con Dario. Lui è stato un innovatore ma non tutti l’hanno compreso. D’altronde questa è l’Italia, quando un film fa successo, la critica lo reputa scadente.
Quindi Dario Argento è considerato pop, mentre…
Sergio Leone no, ad esempio. Trovo assurdo per quanto Leone sia un grande nome del cinema italiano che lui venga considerato un vero autore mentre Dario no.
Conosce così bene Dario Argento che l’anno scorso ci ha scritto anche un libro dal titolo “Due o tre cose che sappiamo di lui” edito da Electa. Nel volume, Banana Yoshimoto dice che i suoi film l’hanno così tanto colpita da essersi più volte commossa. E per Steve Della Casa, c’è un film di Argento che l’ha particolarmente scosso?
Sono molto legato a Profondo Rosso, ho anche assistito ad alcune riprese. L’ho visto tantissime volte, ma la prima ancora non riesco a dimenticarla. Ero al cinema Principe di Torino e davanti a me, sullo schermo appare la scena del piccolo robot con la faccia sinistra che salta addosso a Glauco Mauri. Ecco, mi è bastata quella sequenza per fare un balzo dalla sedia e ancora oggi a distanza di anni, ripensandoci, non riesco a cancellarla dalla memoria. Oltre al libro che ho scritto, posso anticiparti che presto ci sarà anche un mio documentario su Argento, probabilmente lo vedrete al Festival del Cinema di Roma, chissà…
Nel quartiere Prati a Roma esiste il negozio di Profondo Rosso, lo store creato da Dario Argento nel 1989 dedicato all’horror. Ci sono bambole terrificanti appese ovunque e maschere inquietanti. Casa sua invece, com’è?
La casa di Dario, contrariamente alle aspettative, è molto spartana, piena di scaffali con libri, targhe e riconoscimenti conquistati negli anni, un sofà e due poltrone.
E la dimensione dell’incubo che ruolo ha nella vita e nella personalità del Maestro?
Nella sua autobiografia, Paura, dice che le sue sceneggiature vengono concepite in una camera d’albergo dove le finestre devono essere “bloccate” da dei mobili che lui stesso racconta di spostare ogni volta per paura che gli venga il pensiero e il desiderio di buttarsi di sotto. In questo modo, non ci sono pericoli. Per cui direi che già dopo questo aneddoto non resta difficile credere che l’incubo sia la presenza con cui Argento condivide gran parte della sua giornata. Molti però non sanno che Dario possiede una vena comica non indifferente, come i suoi stessi film. Quando ci entri in confidenza è simpaticissimo.
È una bestemmia definire i film di Argento dei “film horror”?
Abbastanza. Perché i suoi non sono solo film di genere. Nei suoi titoli possono convivere sia l’ironia, sia l’amore che l’angoscia, ad esempio. Lo stesso accade con Marco Bellocchio, nella sua filmografia c’è sempre un aspetto ironico, delle battute che provengono dalla commedia. Bisogna ricordare che Dario Argento con il suo esordio nelle sale nel 1970 con “L’uccello dalle piume di cristallo” ha rivoluzionato il mondo del cinema intero, non solo quello di genere, creando tra le tante novità, la tecnica della falsa soggettiva. Nel suo primo film c’è una scena in particolare ambientata in un parco. Ecco, tu vedi questa ragazza che cammina e la vedi con gli occhi dell’assassino, e mentre pensi che si tratti del punto di vista di un occhio lontano, d’un tratto, gli salta addosso.
Tra l’altro si dice che l’Uccello dalle piume di cristallo sarà presto oggetto di un remake...
Si, Alberto Tarallo insieme a quattro giovani produttori si occuperà del remake di questo film. Non sarà una copia dell’originale perché non avrebbe senso, dato che oggi i film di Dario sono tutti masterizzati. Per ora sappiamo che si tratterà di una coproduzione internazionale, che la storia partirà sempre da una grande metropoli e che si girerà nella primavera del 2024.