MicroMega festeggia il suo 35esimo compleanno e lo fa tornando in edicola. Potrebbe apparire scontato, ma non lo è affatto. Nel dicembre scorso, il gruppo Gedi annunciò la decisione di interrompere la pubblicazione del periodico. Sembrava la fine di una storia gloriosa. E invece no, perché il direttore, insieme alla redazione, è riuscito da marzo nell’impresa di continuare le pubblicazioni della sua creatura in modo indipendente. E così, da ieri è possibile trovare – o prenotare - un’edizione speciale in due volumi (al prezzo di 24 euro anziché 30). Per celebrare l’ennesima impresa, abbiamo intervistato il capitano di questo eretico vascello di sinistra sempre all’opposizione, spazzato dai quattro venti ma non ancora affondato: Paolo Flores d’Arcais. E, oltre a prendere MicroMega come spunto per analizzare l’apatia italiana nel mondo culturale (e non solo), è stata l’occasione per spaziare su tanto altro.
Dalla scomparsa della sinistra “che non esiste più almeno dai tempi della Bicamerale di D’Alema” passando per “l’incultura politica del M5s che ha ibernato la rivolta della società civile”; da animatore delle lotte studentesche del Sessantotto si è augurato “una nuova stagione simile, ma scorgo diversi sintomi di segno opposto”, mentre sugli arresti in Francia di ex appartenenti alla sinistra extraparlamentare accusati di reati di sangue, non ha dubbi: “La lotta al terrorismo fu fatta calpestando i diritti degli imputati” (questo spiegherebbe la dottrina Mitterand, nda) attraverso “episodi di vera e propria tortura” con organismi come l'Ufficio Affari Riservati “che aveva di fatto esautorato la questura di Milano” e in seguito si scoprirà che “i vertici di molti organismi dello Stato erano piduisti. Operava, in buona sostanza, un altro Stato che depistava, che forse addirittura le bombe le metteva, che era continuamente in combutta operativa con gruppi terroristi di neofascisti”. Ripercorrendo la sua carriera, non avrà parole tenere neppure con Bettino Craxi, che gli offrì la direzione del centro culturale socialista: “Dal punto di vista legale è esattamente un criminale che è morto latitante”, così come verso Renzi: “Un pessimo segretario, sul resto fortunatamente mi fa questa domanda a stomaco vuoto…”. Ma le sue preoccupazioni maggiori sono rivolte al centrodestra. Anzi, a una “destra con componenti ultra maggioritarie proto-fasciste” che potrebbe mettere a rischio “la Costituzione nata dalla vittoria della Resistenza al nazifascismo” e nonostante “Salvini e Meloni sono farsa rispetto a Mussolini, alle SS e alla Banda Carità” Flores d’Arcais teme che “di tutto l’anelito di giustizia e libertà per cui le generazioni precedenti hanno combattuto non rimarrà più nulla”. E se sulla cultura di destra è d’accordo con Andrea Scanzi: “Heidegger, Schmitt, Pound o Céline, tutti nazisti, fascisti o collaborazionisti. La cultura di destra è una contraddizione in termini”, sul Ddl Zan ha qualche perplessità tecnica: “È una legge non formulata bene, quindi rischia di essere interpretata”.
Direttore, dopo lo scalpore per la paventata chiusura di MicroMega da parte di Gedi, avete trovato il modo di rilanciare la storica rivista di cultura, politica, scienza e filosofia, che nel 2021 ha festeggiato i 35 anni di pubblicazioni. Ma come si era arrivati a questa rottura con la nuova proprietà?
Scalpore? Quella decisione non fece nessuno scalpore. Mi sembra l’aspetto più significativo. Uno dei gruppi editoriali più importati, con una storia anche politica che nasce negli anni ’50 con l’Espresso e prosegue da metà dei ’70 con il quotidiano Repubblica, decide di chiudere una rivista di prestigio internazionale e nessuno fa una piega.
Si aspettava più sostegno?
Non è questione di sostegno, ma in una democrazia ci si preoccupa, e molto, se un editore decide di chiudere la più importante rivista di cultura e politica. Perché MicroMega è diventata nel corso degli anni la rivista di gran lunga più importante d’Italia e tra le prime europee, un vero laboratorio di idee, di riflessione, di discussione fra posizioni anche molto diverse. Ha avuto un ruolo nella vita pubblica con mobilitazioni di massa. Come quando sulle ceneri del Pci è nato un nuovo soggetto politico e MicroMega lo sostenne attraverso la “sinistra dei club”. O durante il momento importantissimo dei Girotondi, passando per il sostegno a Mani Pulite e all’Antimafia, solo per ricordare i momenti di maggior peso.
E invece non ha sentito la vicinanza da parte di nessuno?
Ripeto, non è questione di vicinanza, ma di democrazia, pluralismo dell’informazione e della cultura. Già il passaggio alla nuova proprietà, la famiglia Elkann-Agnelli, è stato un cambio significativo che avrebbe dovuto far sorgere seri interrogativi, con cambiamenti a raffica dei direttori dei quotidiani. Poi è arrivata la chiusura di MicroMega e non è successo nulla, a parte lo scoop del Fatto quotidiano che lo ha annunciato e stigmatizzato, e un articolo sul Manifesto. In qualsiasi altro paese europeo, dalla Spagna, alla Francia, alla Germania, avrebbe provocato una eco molto forte, con l’apertura di un dibattito sulla censura. Invece in Italia si è manifestata una totale assuefazione. Gigantesca anomalia da sottolineare.
Da dove nasce questa anomalia?
Dalla scomparsa della sinistra. È vero che il fenomeno non è solo italiano. Solo che in Italia è avvenuto con una velocità e una ampiezza devastanti senza che ci siano state forme, non dico di resistenza, ma almeno di controtendenza. La sinistra ha smesso di essere sinistra. Per pigrizia giornalistica si continua a parlare di “sinistre”, intendendo per esempio il Pd, ma sono forze che da tempo non hanno più a che fare con la sinistra. La stella polare della sinistra è l’eguaglianza, mai a discapito delle libertà civili che invece dovrebbero rafforzarsi e aumentare. Senza questi elementi viene meno la ragione sociale della sinistra, persino la sua caratterizzazione linguistica.
Ora qual è la situazione a MicroMega?
Fra le condizioni per poter rilevare la testata Gedi ha imposto che per quattro anni la nuova società (che è una Srl senza fini di lucro) non possa avere, neppure tra i soci di minoranza, enti, società e persone legati al mondo dell’editoria. Questo ci ha costretto a diventare editori partendo da zero, senza poterci appoggiare a nessuno nel settore. Un lavoro improbo. Un percorso in salita con in più dei pesi addosso. Nonostante ciò, abbiamo un nuovo sito, una nuova newsletter settimanale a pagamento con contenuti esclusivi.
Quindi, nonostante tutto, siete fiduciosi?
Dipenderà dalla risposta dei lettori e degli abbonati. Alcuni contenuti a pagamento sono una forma di solidarietà fondamentali al rilancio. Che ce la faremo, purtroppo, non è affatto detto. Rimaniamo radicalmente di opposizione, da sinistra, in un panorama che precipita a destra. Ed eretici anche dentro la sinistra. Le condizioni sociali e culturali stanno cambiando a velocità impressionante, però spero che ci siano ancora migliaia di cittadini che hanno la capacità di indignarsi per cambiare questo paese nel segno della giustizia e della libertà. E vogliono approfondire per cambiare.
Dalle sue parole mi sembra che non creda più nell’esistenza di una sinistra in Italia.
Non c’è più da tantissimo tempo, almeno dalla Bicamerale di D’Alema. Però era rimasta anche dopo una straordinaria sinistra nella società civile. Su quella puntavamo a MicroMega fin dalla nascita, sull’esistenza di una sinistra sommersa, che poi si rese clamorosamente visibile nel 2002 con le manifestazioni che la resero per anni ancora egemone in piazza. Poi però questa sinistra ha commesso un errore imperdonabile.
Quale?
Non ha provato a darsi una qualche forma organizzativa nuova, ha rinunciato a provarci. Per cui, tutta quella carica di sacrosanta indignazione, volontà di rivolta o semplice rabbia, politicamente non è esistita. Ed è stata in seguito catturata, almeno parzialmente, dal Movimento 5 Stelle.
Con quali risultati?
Quel movimento è riuscito a intercettare l’indignazione, ma a partire da una cultura politica totalmente ambigua. La stessa parola “cultura” va messa fra virgolette. Sarebbe più corretto parlare di incultura politica. Nonostante questo, ha ottenuto un risultato clamoroso alle elezioni, diventando il primo partito con il 33%, un successo elettorale che non avveniva dai tempi della Democrazia cristiana. Solo che dopo ha scelto, per opportunismo (suicida!), di allearsi con la Lega proto-fascista di Salvini e poi con il Pd che non era già più sinistra. Sostanzialmente, quando ha raggiunto il massimo risultato, Il M5S ha cominciato a disfarsi.
Non pensa che l’alleanza Pd-M5s possa avere delle chance alle prossime elezioni?
I processi di disfacimento possono prolungarsi, però questo mi sembra ormai irreversibile. In tutta Europa i movimenti nascoso, arrivano ad avere una forza che sembra enorme e poi scompaiono nel giro di pochi anni o qualche mese. La mobilità elettorale oggi è massima. In Italia tutto ciò che poteva rappresentare la rivolta della società civile appassionata al cambiamento è stato ibernato dal M5s da un lato e dal Pd dall’altro. L’effetto è che le forze di opposizione civile troppo spesso non vanno a votare.
Facciamo un salto indietro nel tempo. Lei è stato uno degli animatori del movimento studentesco del Sessantotto. C’è qualcosa di quella stagione, da sempre descritta come di grande fermento politico e culturale, che rimpiange come una occasione mancata?
Considero il movimento del Sessantotto il momento più alto di partecipazione democratica del Dopoguerra. Di sbagli, gruppo per gruppo, se ne potrebbero ricordare, anche tanti, ma magari fosse in vista un nuovo Sessantotto, un movimento in cui le masse di giovani manifestano una urgenza e una aspirazione per chiedere più giustizia e più libertà. Non si vede all’orizzonte, anzi, scorgo diversi sintomi di segno opposto.
Sono tornato al Sessantotto, perché subito dopo verranno gli Anni di Piombo. Una stagione tornata alla ribalta per l’arresto in Francia di alcuni appartenenti a gruppi extraparlamentari della sinistra ancora latitanti e accusati di reati di sangue. Senza girarci troppo intorno, crede che sia giustizia chiedere che scontino la pena, oppure soltanto sete di vendetta?
È una alternativa troppo netta. Si è detto: bisogna fare luce su tutto. È sacrosanto. Solo che nessuno ha ricordato da dove nasce la dottrina Mitterand. Quel presidente decise di concedere il diritto d’asilo agli accusati in Italia, perché la lotta al terrorismo fu fatta calpestando spesso i diritti degli imputati. Quella di Mitterand era la risposta alla lotta al terrorismo portata avanti senza rispettare lo stato di diritto. E quanti presidenti francesi, anche di destra, l’hanno mantenuta tal quale negli anni? Fino a Macron, tutti.
In che modo venne calpestato lo Stato di diritto?
Indagini giornalistiche dell’epoca riferirono episodi di vera e propria tortura. Allora se ne parlava e se ne scriveva. Persino in alcuni film dell’epoca questi episodi erano riportati. Per esempio, veniva utilizzata la tortura dell’annegamento simulato, poi divenuto tristemente noto come waterboarding. Si fa finta che tutto questo non sia avvenuto e che ci fosse solo uno Stato che si comportava in modo perfettamente democratico e dall’altra parte dei terroristi. Esiste un bel libro che si intitola “La spia intoccabile. Federico Umberto D'Amato e l'Ufficio Affari Riservati” di Giacomo Pacini, che racconta di questo organismo che aveva di fatto esautorato la questura di Milano, qualcosa che andava ben oltre l’antiterrorismo.
Insomma, mi sta dicendo che anche lo Stato non è esente da colpe in quegli anni.
Si scoprì in seguito che i vertici di molti organismi dello Stato erano piduisti. Operava, in buona sostanza, un altro Stato che depistava, che forse addirittura le bombe le metteva, che era continuamente in combutta operativa con gruppi terroristi di neofascisti. Su questi aspetti non è stato fatto nulla per chiarire, anzi. Poi, improvvisamente, si pensa che tutto ciò che di inaccettabile di quegli anni è rimasto sia soltanto una decina di persone latitanti in Francia. Se io avessi visto da parte delle istituzioni fare il possibile affinché tutti i legami citati più sopra fossero chiariti, sarei stato il primo a dire: come mai quei signori sono ancora latitanti? Su tanti altri ambienti mi pare che si voglia invece garantire per sempre l’impunità. Del resto, quanti sono i terroristi, con crimini di sangue, da anni in libertà premiali, che continuano a raccontare versioni-omissis che fanno comodo a tanti nello Stato?
Facciamo un salto in avanti. Nel 1978 lei venne chiamato a fondare e dirigere il Centro culturale Mondoperaio dal segretario del Psi Bettino Craxi. Quindi, nonostante la successiva rottura, lo ha conosciuto bene. Oggi che si è tornati a parlare della sua figura politica, come pensa che verrà ricordato dal punto di vista storico, come uno statista o come un latitante?
Dal punto di vista legale è esattamente un criminale che è morto latitante. Ma Craxi diventa segretario del Partito Socialista nel ’76 a capo di una coalizione particolare, formata dall’ala di Nenni di cui Craxi è il delfino (la destra) e due sinistre, di Giolitti e Lombardi. Una alleanza per dare una scossa. Questo è il Craxi che ho conosciuto io. Voleva un partito autonomo, in conflitto con la Democrazia Cristiana, che torna all’opposizione dopo anni di centrosinistra e, pur essendo all’opposizione, anche in concorrenza con il Pci.
Poi però lei decise di rompere con Craxi due anni dopo.
Arrivai in contatto con i socialisti per caso. Attraverso la Biennale di Venezia dedicata al dissenso del 1977. L’allora presidente Carlo Ripa di Meana, che era craxiano, mi chiese di organizzare la tre giorni di apertura. Accettai con entusiasmo (avevo da anni legami coi dissidenti dell’est) ed ebbe un grande successo. In quell’occasione Martelli e Craxi mi proposero di dirigere il centro culturale Mondoperaio, che doveva fare concorrenza all’Istituto Gramsci. Il Craxi di allora mi offrì, senza iscrivermi al Psi, la direzione e la piena autonomia. Dopodiché quel Craxi decise di cambiare. Ho rotto con lui perché ha smesso lui di essere quel politico. Ho combattuto il Craxi della collaborazione con la Democrazia cristiana, quello delle non riforme, quello che aveva rotto con Giolitti e Lombardi e quello finale di Mani Pulite.
Da Craxi la porto a un periodo più recente. Cosa prova nel vedere Matteo Renzi, ex segretario del Pd, che si dice amico del principe Bin Salman con tutti i rapporti discussi che ne conseguono a livello economico, pur rimanendo senatore della Repubblica?
È stato un pessimo segretario del Pd. Sull’oggi posso dire che … Per fortuna mi fa questa domanda lontano dai pasti. Anzi, meno male che oggi è il mio giorno settimanale di digiuno …
Non ha fiducia neanche nel neosegretario Enrico Letta?
Trovo che si parli di cose che, rispetto alla questione centrale, sono di scarsissima rilevanza. Il problema dei problemi è che fra esattamente due anni al massimo avremo in Italia un governo di destra. Destra che detesta la Costituzione. Dunque eversiva. L’unica incertezza è se sarà un governo Salvini-Meloni o Meloni-Salvini.
Mi sembra molto preoccupato di questa eventualità.
Se il voto avverrà con l’attuale legge elettorale, la maggioranza di questo governo potrà essere tale da consentirgli di cambiare la Costituzione senza che sia necessario un referendum confermativo. Non siamo sull’orlo del baratro, abbiamo già iniziato la caduta. E non c’è nessun sintomo che non precipiteremo, anzi, potrebbe accadere già fra un anno, dopo l’elezione del Presidente della Repubblica. Da anni, ormai, quali che siano i cambiamenti di partito, i sondaggi sono fissi.
Cosa la preoccupa del centrodestra al governo?
Lo si continua a chiamare centrodestra, ma in realtà è una destra con componenti ultra maggioritarie proto-fasciste. Se lo si dice, si viene considerati fanatici, però basta andare a vedere le misure che questa destra potrebbe prendere, con la totale insensibilità verso il cuore della Repubblica, cioè la Costituzione nata dalla vittoria della resistenza al nazifascismo. Tra due anni la nostra Repubblica non ci sarà più. Io sono nato nel ’44, quando c’era la Repubblica Sociale Italiana…
Non avrà timore di tornare alla Repubblica Sociale Italiana?
I fatti storici non si ripresentano nello stesso modo. Ma credo non sia vero quello che diceva Carlo Marx, che la prima volta è tragedia e la seconda farsa. Perché anche nella farsa può esserci una tragedia. Certo che Salvini e Meloni sono farsa rispetto a Mussolini, alle SS e alla Banda Carità, però di tutto l’anelito di giustizia e libertà per cui le generazioni precedenti hanno combattuto non rimarrà più nulla. Così come di quell’Italia che solo vent’anni fa scendeva in piazza per realizzare la Costituzione.
In passato ha scritto su MicroMega: «L'intellettuale di destra è una contraddizione in termini... L'intellettuale di destra o di centro, quando esiste, è personale di servizio. C'è un solo impegno, quello democratico, di sinistra. Chi sta dalla parte della reazione e del privilegio, cioè dalla parte sbagliata, non è un intellettuale ma un officiante della servitù volontaria». Quindi è d’accordo con Andrea Scanzi quando dice che la destra non ha un intellettuale da 300 anni?
La cosiddetta “grande cultura” di destra, a modo suo, c’è stata. E cioè, si chiamava Martin Heidegger, Carl Schmitt, Ezra Pound o Louis-Ferdinand Céline, tutti nazisti, fascisti o collaborazionisti. Di un grande poeta come Pound se leggete I Canti Pisani, fra i primi versi vi sono dei ditirambi vergognosi e schifosi per il Duce. Céline è stato uno scrittore temo grandissimo, che era anche un collaborazionista antisemita e alcuni come lui furono giustamente fucilati nell’immediato Dopoguerra. Per cui ci fu, non una cultura di destra ma alcuni casi di uomini di cultura nazisti e fascisti quando quei movimenti nacquero presentandosi, falsamente, come alternative al capitalismo americano o al bolscevismo sovietico. Ma dopo la guerra una cultura di destra è una contraddizione in termini.
Veniamo alla giustizia italiana, un tema a lei caro. Dopo il “caso Palamara” e ora quello legato alla Loggia Ungheria, lei cosa auspica?
MicroMega nei decenni ha dedicato interi numeri monografici a dettagliate analisi della questione in tutti i suoi aspetti. Andando nell’archivio, la riforma della giustizia che io auspico sta lì, dettagliatissima, ed è di segno assolutamente opposto alla riforma che ha in mente il ministro Cartabia.
Mentre sul Ddl Zan, che dalla giustizia si amplia al tema dei diritti civili, lei è favorevole alla sua approvazione?
Sono più che d’accordo sulla necessità di inasprire le pene sull’omofobia, ma trovo che la formulazione di questo Disegno di legge abbia dei grossi difetti. Come quando parla di identità di genere definendola precisamente come qualcosa di soggettivo. Cioè, come ciò che una persona sente, punto e basta. Ma, per esempio, in una gara olimpica non penso basti dire “mi sento donna” per gareggiare nella categoria donne. Credo invece ci debbano essere regole basate sul Dna e sui tassi ormonali. Da questo punto di vista ci deve essere un distinguo. È una legge non formulata bene, quindi rischia di essere interpretata diversamente di occasione in occasione.
Si è sempre dichiarato ateo, ma a livello politico e sociale cosa pensa di Papa Francesco?
Un Papa che dice di stare dalla parte dei poveri è sempre meglio di un Papa che non lo dice. Diciamo la verità, mi sembra un po’ più in linea con il Vangelo rispetto al passato. Anche perché basta aprire a caso quel testo per trovare una invettiva contro i ricchi. Poi bisognerebbe trarne delle conseguenze. Quelle politiche, però, mi pare le traggano, o più spesso non le traggano, i vescovi e i preti nelle varie società nazionali. Metà e oltre dell’episcopato statunitense ha appoggiato Donald Trump e credo che anche una cospicua parte dei vescovi italiani sia ancora legata alla stagione reazionaria del cardinal Ruini. Infine, trovo che ci sia troppo entusiasmo a sinistra per questo Papa, visto che su tutti i diritti civili non si differenzia in nulla dai suoi predecessori. Basta vedere quello che dice e fa contro quello che dovrebbe essere un diritto ovvio, cioè il poter scegliere sul proprio fine vita.