Spara a zero Fabri Fibra al podcast Bsmt di Gianluca Gazzoli contro i magazine che parlano di musica: “Pagine inutili di magazine, tizio magazine, tutto magazine che però non dicono niente”. E ancora: “Il rap italiano ridotto ad un meme. L’ottanta per cento delle volte la classifica a chi streamma di più, chi in un giorno, in una settimana fa risultati, come se lo scopo di tutto questo fossero i risultati. E questo se va bene. Se no ti fanno contenuti tipo: chi è il rapper che si veste meglio questa settimana”. Come dargli torto? Almeno come non dargli parzialmente ragione? Bene caro Fabrizio, anch'io da poco scrivo su dei magazine. Certo non tratto gli argomenti cui tu accennavi ma magari provo ad esprimere dei pensieri, certamente personali, ma che in alcuni casi possano servire da spunto di riflessione. Certo io non sono nessuno, ma ho notato che spesso alcuni temi che ho trattato poi sono diventati vessillo e bandiera di personaggi più influenti e importanti di me. Ma al netto di questo anche in questo caso esprimo la mia opinione di parte, ma solo in parte coincidente con il tuo pensiero. Innanzitutto bisogna fare una distinzione nei magazine come nei rapper. Ci sono Magazine e magazine come ci sono Rapper e rapper (nota la differenza nella iniziale maiuscola e minuscola). Tu appartieni a mio avviso alla categoria dei Rapper e ti garantisco che secondo la mia opinione non riempite le dita di una mano. E per i magazine è esattamente la stessa cosa.
Oggi dobbiamo partire da una considerazione: tutti sono al servizio di qualcuno e sono funzionali a qualcosa. I magazine per esempio si dividono in due categorie: quelli che fanno informazione in barba all’hype, al servilismo e al soldo e che spesso trattano temi specifici tra cui anche la musica e soprattutto si occupano dei diversi generi musicali e non sono asserviti ad un unico genere che fa tendenza. Oltre a ciò ci sono magazine che prendono soldi dagli artisti, dalle discografiche o dalle agenzie per pubblicare notizie, per promuovere questo o quell’artista spesso senza una minima conoscenza di quel che fanno. Certo da qualche parte devono reggersi: non hanno grandi mezzi pubblicitari per raccogliere danaro ma questa non è una giusta ragione che ne giustifichi l’esistenza. Ergo: non devi per forza “esistere” come mezzo di comunicazione e se esisti è solo perché ne hai fiutato un business. E quindi ecco giustificate le tue affermazioni: il rap ridotto ad un meme, la gara a chi streamma di più, a chi è più figo e a chi si veste meglio. Molti “elemosinano” interviste che mai avranno, altri magari ci riescono grazie a rapporti, conoscenze o per abilità. Ma la verità è che la maggiorate dei magazine si barcamenano per esistere e sai chi gli ha dato spazio? I follower, per lo più ragazzetti catturati con immagini di pseudo rapper e rapper con orologi brillantanti ai polsi, mazzette di danaro nelle mani, auto di lusso, donne con culi performanti e photoshoppati, titoli che usano la esatta terminologia della nuova generazione. Alla fine non si capisce nemmeno se sono vittime o carnefici di un sistema che è malato non per colpa loro ma per i burattinai che muovono le fila e, credimi, sono parecchio stufo di continuare ad elencarli. Fin quando gli artisti non comprenderanno il valore della loro arte e baderanno solo al denaro in barba alla qualità ma anche in barba alla loro stessa carriera, i burattinai avranno sempre la meglio. Se ci fai caso siete una categoria che non ha un ordine professionale, non ha un vero e proprio sindacato e non è divisa in categorie del tipo “professionisti e dilettanti” o per dirla come nelle professioni in “Professionista abilitato e praticante”. Siete, e forse questo è il principio della vera arte, una armata bracalone di gente che a volte arrangia un mestiere e gente che invece il mestiere ce l'ha, come te. È chiaro che in un sistema e in un mercato senza regole nascano magazine, e non solo, come funghi. I manager?
È ridicolo pensare che la maggior parte non sono scolarizzati e non hanno conoscenze utili alla rappresentanza artistica. Poi è chiaro che come nelle imprese ci sono self-made man che hanno successo e capacità. Ma quanti sono rispetto agli odierni numeri? Ma alla fine poi, caro Fabrizio, un po di responsabilità ce l’abbiamo noi consumatori che abbiamo perso l’abitudine di “sfogliare e leggere” giornali sulla carta stampata, che viviamo costantemente con uno smartphone tra le mani e che abbiamo consentito che questo schifo artistico e comunicativo si sviluppasse in questo modo. Se quei magazine esistono è perché esiste chi li segue e li legge. Questa è la verità caro mio. Bene hai fatto a manifestare pubblicamente il tuo pensiero e spero che dalle tue parole si possano aprire spunti di riflessione. Forse proprio voi, rapper, artisti più maturi, dovreste aiutare gli emergenti, e non solo, magari anche qualche trentenne che si è perso per strada rimanendo mentalmente indietro, a comprendere che l’arte non è frutto di “faccio quello che voglio e lo faccio come mi pare”: anch'io saprei fare uno scarabocchio su una tela ma senza una tecnica pittorica sarei un coglion* che la sporca soltanto, anch'io potrei scrivere una canzone ma senza conoscerne la struttura scriverei una cagat* colossale. Dobbiamo purtroppo prendere atto che apparteniamo (io più di te) a un mondo che è fortemente mutato e che va alla deriva. E non solo nella musica.