Giorgio Montanini è uno dei maggiori esponenti italiani della stand-up comedy, forma artistica nata negli Stati Uniti quando l'avanspettacolo non aveva più nulla da dare. Addio maschere teatrali, imitazioni e scimmiottamenti. Il comico porta sul palco le sue più intime miserie ed il suo essere inesorabilmente umano. Perché la comicità fatta per vendere una risata è roba da grande depressione mentre la stand-up comedy, nata in una società capitalista e improntata al successo personale, porta a riflettere. I Vanzina contro David Lynch, gli scacchi contro Fortnite, Boris contro La Casa di Carta. La stand-up comedy elimina, in sostanza, quel genere di intrattenimento passivo con cui la comicità italiana ha blindato il proprio pubblico, a cui rimane la sola incognita di non sapere quando scatterà l'applauso.
Lo stand-up comedian, invece - tra cui si possono citare mostri sacri come Lenny Bruce, Bill Hicks, Louis C.K e Ricky Gervais - punta ad una reazione più intima e profonda da parte del pubblico. Montanini, fermano classe ‘77, porta in giro per l'Italia Come Britney Spears e debutta sul grande schermo come attore co-protagonista nell'opera prima di Pietro Castellitto “I Predatori”.
L'attore è feroce, senza misure. É come un paziente frontale in una clinica neurologica, quel tipo di paziente che non trattiene più nulla di ciò che pensa. Lo spettacolo mi ha lasciato un senso di soddisfazione e malinconia, un sentimento che ritrovo quando vedo qualcosa di irripetibile. E per intervistarlo ho dovuto aspettare, impossibile farlo lì e ammazzare la magia. Perché una prestazione artistica la fissi nella tua mente nei dieci minuti successivi alla sua fine. Come una scopata.
Ma, come tutte le cose belle, neanche Giorgio Montanini è per tutti.
Sale sul palco a passo lento, ha la sua tradizionale camicia nera e trenta chili di pancia di troppo. “lo so, vaffanculo, devo dimagrire, ve lo avevo promesso”. La voce che esce dalle casse però è la sua, ed è piena e sicura come quella di un leader totalitarista. Il suo stato fisico lo rende in qualche modo ancora più autentico, perché se racconti con sofferenza di un mondo devastato dalla stupidità non puoi viverla bene. Lo stand-up comedian non mette maschera e parrucca, ma porta davanti al pubblico sé stesso, i difetti in prima linea.
Durante lo spettacolo non sbaglia nulla e va nel profondo di ognuno di noi, seduti lì ad ascoltarlo mentre parla di sborra, di Ratzinger meglio di Bergoglio, di quella farsa per radical chic che è Banksy, di Arafat, Anna Frank e Greta Thunberg. Parla di leader ritagliati su misura di chi li contesta, un modo prepotente per far rientrare l'anti qualcosa nel movimento stesso. Non puoi odiare Bergoglio perché perdona tutti, non puoi più contestare alla chiesa di sbagliare la predica. E anche se l'istituzione cattolica continua a essere un'enorme potenza economica, a riversarsi sui giornali con titoli scandalistici di ogni genere, il leader è dalla tua parte e non più da quella dell'organo che rappresenta. Banksy come Bergoglio, Darwin come Hitler.
Montanini tiene il palco in maniera magistrale, se non facesse il comico potrebbe provare con l'ipnosi. Ti strappa un sorriso sulla miseria dell'uomo, ma non quella del vicino di casa, la tua. Non è mai troppo cinico da sbordare nel semplice nichilismo, mai troppo volgare da risultare eccessivo.
Pochi giorni dopo lo spettacolo sono stato alla premiére de “I Predatori”, film d'esordio di Pietro Castellitto in concorso a Venezia 77 in cui Montanini - per la prima volta al cinema - interpreta un padre di famiglia di stampo neofascista. Finita la proiezione gli ho fatto qualche domanda. Lui, uscendo dalla sala in mezzo ad uno stuolo di attori, produttori e assistenti, ha dato priorità a questa chiacchierata.
Il tuo spettacolo si chiama Come Britney Spears: bionda e figa o tossica e rasata? O ti riferisci più alla parabola da popstar osannata e poi scaricata dal mondo dello spettacolo?
Esatto, è quello che ha fatto Britney Spears. Una cosa che noi non facciamo mai. Rialzarsi e ricominciare a lottare, perché solitamente l'essere umano pur di non perdere non fa nemmeno la sua battaglia, non gioca nemmeno. Invece bisogna giocarsela come Britney Spears, che per noi non è nemmeno un'icona, perché puoi pensare che la musica che fa non vale un cazzo. E invece ci vogliono le palle per fare quello che ha fatto. Alzarsi, ricominciare, ripartire e tornare a rompere il culo a tutti. Anche se tu dici “ma che cazzo fa Britney?” a livello umano ti insegna tanto. Noi crediamo che le persone debbano sempre stare nel loro vello d'oro, nel loro olimpo. Ma la realtà è che nella vita si cade, e si va all'inferno. Poi si ritorna su.
Ricky Gervais racconta “the dirty joke”, quello del padre che si masturba davanti alla figlia mentre lei gli racconta una violenza sessuale. Qual è il tuo codice della comicità? C'è un limite, c'è un fine?
È l'etica che fa la differenza. Questa battuta è inutile, il cinismo fine a sé stesso è inutile. Ce n'è già troppo nel mondo, ne vuoi ancora? Il cinismo a fin di bene è quello di chi non si mette i paraocchi, quello è un cinismo sano. Ricky Gervais secondo me non è un comico satirico. È politicamente scorretto, e quella è una battuta politicamente scorretta. Non c'è un pezzo di Ricky Gervais che sia stratificato, è un pezzo sempre orizzontale. I ciccioni li devo distruggere? distruggo i ciccioni. Devo parlare di sesso? Benissimo. Ma non c'è mai stratificazione, non si apre mai una finestra. È una scelta, il politicamente scorretto è una delle tante tecniche che usa la satira, capisci? Non è che sia troppo, è che è limitato a quello. Lo trovo poco utile, ma è assolutamente legittimo.
Per te invece cos'è la satira?
Per me la comicità è più strutturata, ha più opportunità, quindi perché non sfruttarle?
Qual è il punto più alto del tuo lavoro? O meglio, il momento esatto per il quale dici che la vita che hai scelto -con tutti i suoi sacrifici- in qualche modo ti ripaga?
Quando sto sul palco. Quando salgo sul palco, quell'ora lì. In quel momento mi sento Dio, il Padre Eterno. Lì non ammetto contraddizioni. Fuori sono un cialtrone, peggio di tutti gli altri, ma lì sopra non ammetto repliche perché quello è il mio momento. Ho lavorato per quello e lo difendo con i denti.
Nel tuo spettacolo ad un certo punto dici “non voglio gli applausi, voglio i soldi per gli avvocati!” se tu incontrassi un mecenate che ti paga qualunque cifra, ma solo in avvocati, quanto cambierebbe il tuo approccio?
Niente, non cambierebbe niente. Perché appunto la comicità è fatta di etica, non scendo a compromessi per cose stupide. Beppe Grillo fu cacciato da Fantastico '86 perché c'erano Martelli e Craxi in Cina e lui fece la battuta “in Cina sono tutti socialisti, ma allora a chi rubano?”. Battuta satirica? In realtà no, quella non lo è. Hanno fatto bene a cacciarlo, o forse magari no, ma meritava una denuncia, o quantomeno era passibile di querela. Perché lui ha fatto passare tutti i socialisti come ladri e Martelli e Craxi come ladri, ma non c'era ancora stato Mani Pulite e non si sapeva. Un comico non può diffamare attraverso la comicità. Non può calunniare. Io metto nome e cognome, ma non dico cose che non siano fatti. Altrimenti quello è populismo da bar. “I democristiani rubano tutti, i socialisti pure.” Beppe Grillo queste cose le può dire al bar, non a Fantastico '86. Io non vado sul palco per fare a gara a chi la dice più grossa, o per sorprendere il pubblico. Lo sorprendo in un altro modo, anche molto più efficace secondo me, più profondo.
Cosa fa veramente incazzare la gente? Sia riferito ai tuoi spettacoli che in un senso più ampio.
La gente stupida si incazza. Perché ognuno di noi crede in qualcosa, ma se non ci ridi sopra o se non sai ridere di te stesso, sei un cretino. Quindi uno stupido si incazza per lo spettacolo. In realtà se tutti fossero intelligenti io non camperei più! Io esisto perché esistono stupidi, bigotti e persone convenzionali, che vivono da schiavi in un sistema più grande. Quelli si incazzano! Perché sanno di essere schiavi, e se tu metti in evidenza questa cosa toccando il loro ambito, loro non lo sopportano. Perché così devono riconoscerlo, devono riconoscere che sono schiavi del cazzo. Mentre uno schiavo del cazzo come me e te, perché lo siamo tutti, deve riderci sopra. Esserne consapevole. Non è che se guadagni più soldi stai meglio, sei sempre dentro ad una macina, come tutti, e se non ci sai ridere sopra sei un uomo finito. Ma ben vengano gli stupidi.
Come sogna di morire Giorgio Montanini?
Non sogno mai di morire, non ci ho mai pensato! Non ci penso proprio! Ormai ho superato l'età di Kurt Cobain, Jimi Hendrix e del club dei 27. Io ormai devo arrivare in fondo!
Dici che la gente ride di più se bestemmi, se insulti, se esageri. Spiegami questa cosa.
Diciamo che quelle sono le sale più facili, infatti ormai tolgo le bestemmie. Facevo un monologo proprio sulle bestemmie e le ho tolte da quel monologo. Perché facevano più ridere loro di ciò che dicevo, del punto a cui volevo arrivare. “L'ho fatto per salvare la vostra intelligenza di pubblico” dicevo, per non farvi passare da cretini che ridete solo sulle bestemmie in un pezzo che parla di chi si esalta per queste cose.
E quindi?
A me piacciono le satire che paghi a caro prezzo. Quando sono riuscito a farti ridere ma al contempo mi hai dato qualcosa in cambio, perché lo strazio ci deve essere. L'immagine, il concetto... e poi perché così è bello. C'è più ricerca, altrimenti non ti arriva niente.
Con il tuo essere in direzione ostinata e contraria stai avendo un successo enorme. Ogni volta che una televisione ti manda via, che qualcuno ti denuncia, il mito di un Montanini contro tutto e tutti si fa più grande.
Io servo l'arte, non servo lo show business. Nei confronti dell'arte sono coerentissimo. Sono un servitore coerente senza nessun diritto, ma soltanto doveri. Lo show business e la televisione non sono l'arte. Sono un mezzo di comunicazione, ma non mi riguarda. Se a loro sta bene così ottimo, altrimenti sono loro a dover cambiare. Non io.
Chi e quando, secondo te, sarà pronto a dare spazio a questa cifra espressiva?
Sto’ a Venezia, amico mio. Sta cambiando tutto, è cambiato tutto. È arrivato il momento.
Raccontami cos'è stato per te questo film. Non la trama, tutto il resto.
Io faccio il comico, quindi quando mi hanno chiesto di fare un film da co-protagonista io ho accettato con molta umiltà. E l'ho fatto impegnandomi in maniera seria, senza fare il cazzone. Perché rispetto molto il lavoro degli altri e rispetto molto il cinema. Io ero soddisfatto, poi sembra che sia venuto bene, siamo qua! L'ho fatto lavorando, con tanta disciplina. Io vado a dormire tutte le mattine alle sei, invece lì mi svegliavo tutte le mattine alle cinque. Ci vuole una disciplina ferrea, il rispetto per il lavoro che fai è fondamentale. A parte il personaggio, ho approcciato questo lavoro con tanta umiltà, da completo neofita.
In certi casi parli di bocchini come “medaglia al valore”. Chi è per te un personaggio storico che meriterebbe un onorevole fellatio?
Metaforico vero? Perché sennò sai... lo intendo come segno di amore. Ernesto Che Guevara. Sono innamorato di Che Guevara da sempre.
“Bisogna essere duri senza mai perdere la tenerezza”?
Esatto, per saper odiare devi sapere amare. E devi saper amare per forza. Ma devi anche saper odiare.
I Predatori, nelle sale da giovedì 22 ottobre, ha vinto il premio come Miglior Sceneggiatura nella sezione Orizzonti del Festival e riporta all'Italia una black comedy sincera, spiazzante e divertente. Andate a vederlo.
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