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Il film di Veltroni si chiama “Quando” ma la vera domanda è: perché?

  • di Domenico Agrizzi Domenico Agrizzi

17 aprile 2023

Il film di Veltroni si chiama “Quando” ma la vera domanda è: perché?
Quando, l’ultimo film di Veltroni, è un film scarico in bilico tra noia e nostalgia, segno della memoria di un uomo che non riesce a tenere il passo con il mondo che corre. Non si capisce la ragione, tantomeno la necessità, di accennare in maniera così vuota agli anni più densi della storia italiana. La contemporaneità sembra così lontana dallo sguardo del regista che fa quasi tenerezza pensare a quanto egli sia fuori dal tempo, fuori dal mondo: un coma da cui la sinistra fatica a risvegliarsi

di Domenico Agrizzi Domenico Agrizzi

Il film di Veltroni è insalvabile. Quando la smetterà di scrivere libri e fare film? Quando l’autocitazione diventa un delitto contro il gusto? Un crimine contro l’estetica? Ne abbiamo due, di Quando. Un libro e un film. Un solo autore: Walter Veltroni. In effetti c’è scarsità di trame e soggetti in giro per il mondo. Non c’era proprio scelta se non prendere un brutto libro e tirarne fuori un brutto film. Confermando che, forse, il vero successo del nostro uomo del PD sia stato solo l’en plein del 2007 alle prime e ultime primarie che abbiano avuto un senso, almeno in termini di affluenza (3,5 milioni). Ma va bene così, in Italia c’è chi lavora seriamente su entrambi i fronti (la letteratura e il cinema) e chi, invece, spinge ad autoconservarsi, museo di se stesso in un modo che non solo cambia, ma che va a una velocità decisamente diversa. Così anche un filmetto a metà tra commedia e lagna è l’occasione giusta per parlare di PCI e di Berlinguer, con un’unica forza attrattiva: Neri Marcorè, purtroppo declassato, nel film, a comparsa, nonostante sia il protagonista. E sorge il dubbio: stiamo guardando un film su un uomo che si risveglia dopo il coma di trent’anni e cerca una vecchia sinistra ormai morta, o il film di un regista simbolo della sinistra di oggi, quella davvero in coma?

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Un frame da Quando di Walter Veltroni

Ci voleva un politico di sinistra per non parlare di sinistra, confezionando un film che non ha pretese, neanche una, nei confronti del pubblico. Non fa ridere, non fa piangere, non intrattiene e, soprattutto, non parla di niente. La trama, infatti, dovrebbe dirci qualcosa sulle relazioni, sulla politica, su vecchi e lontani miti che hanno caratterizzato, in qualche modo, almeno la vita del protagonista (e di tanti altri). Insomma, ingredienti buoni per la bocca di tutti, che anche solo ad abbozzarli qualcosa dovrebbe uscirne. E invece, con la precisione balistica che solo i segretari del PD hanno, è riuscito a mancarle tutte: l’approfondimento storico, l’approfondimento emotivo, la denuncia, il sorriso. A dire il vero, non si capisce a cosa sia servito questo film. Dove volesse andare a parare. L’unica cosa certa è che Giovanni (il protagonista) si è perso decenni di eventi tragici ed epocali (la caduta del muro, la fine dell’URSS, le Torri Gemelle, i governi Berlusconi). E se fosse rimasto in coma ancora qualche mese, si sarebbe risparmiato anche questo film. Una grazia che a noi non è stata concessa.

Neri Marcorè interpreta Giacomo in Quando
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