Il sogno. “Poi me ne sono andato in cucina e ho dormito come la notte prima sopra il tavolino. Pensavo che se non avessi lasciato traccia del mio passaggio in quell’hotel Sea-Gull Magique, avrei potuto anche dire di non esserci mai stato. E quindi mia madre non si sarebbe arrabbiata. La seduta è quasi finita?”.
“Non ti preoccupare, non ho altri pazienti dopo di te”.
“Dopo sono andato in un museo. Sono entrato gratis. Mi piace tantissimo entrare gratis nei musei, puoi entrare, uscire e rientrare. È stupendo. Ci ho passato tanto tempo, era come se fosse la prima volta. Quadri antichi ovunque, bellissimi. Ti puoi avvicinare, fra te e i quadri non c’è niente. Mi sono preso tutti il tempo, li ho guardati bene tutti, perché mi sembrava che ognuno avesse una sua bellezza, qualcosa da dirmi, anche quelle brutte nature morte con scoiattoli plastici che si muovono in campagne improbabili e quei quadri religiosi senza luce. Sapevo che la vita non è scegliere tra un museo e la discoteca di fine anno, ma un po’ forse sì, perché le due cose non possono coesistere allo stesso modo dentro di noi. Per molti sarà anche meraviglioso il fatto che il mondo sua tanto vario e che ce ne sia per tutti i gusti, ma io non so perché mi sentivo tanto risentito, come se le cose che non mi appartengono fossero una minaccia. Sapevo solo che ero un casino e pensavo: disadattato.
Poi sono entrato in una saletta in cui c’erano solo quattro quadri, quadri leziosi, un po’ stupidi. Si intitolano Il viaggio della vita. Li ha mai visti?”
“No, non mi pare”.
“Dovrebbero rappresentare le quattro età dell’uomo: infanzia, giovinezza, virilità e vecchiaia. In ogni quadro c’è una figura su una barca che naviga su un fiume, guidata da un angelo. Nel primo c’è un bambino piccolo e la barca spunta da una caverna buia. È mattino presto. L’angelo e il bambino hanno le braccia tese verso il mondo. Nell’altro, Giovinezza, è mezzogiorno e la barca si è addentrata nella valle. Il bambino è diventato un ragazzo e sta in piedi. L’angelo è sulla riva e gli indica la strada. Le nuvole e il cielo. In Virilità le acque del fiume sono furiose, rocce e tramonto. Il ragazzo è un uomo, sempre in piedi sulla barca, ma prega a mani giunte mentre la barca punta verso le rapide. L’angelo è lontano. Nell’ultimo quadro la barca entra dal lato opposto della tela. Il cielo è scuro, c’è solo un raggio di luce fuori dal tempo. Il fiume sta per sfociare in un mare scuro che sembra non finire mai. Nella barca è seduto un vecchio e l’angelo è sopra di lui. Le mani del vecchio sono sempre giunte, ma non si capisce se sta pregando o se sta implorando l’angelo di salvarlo prima che prenda il largo.
La seduta è finita?”.
“Sì, direi di sì”.
Sono andato verso la porta.
“Come ti senti? Ti vedo stanco, hai le borse sotto gli occhi… Come ti trovi a Berlino Est?”.
Le ho risposto, gridando: “Alexander Platz Auf Wiedersehen!”.
Ero ancora davanti alla porta e lei era mia madre. Ha fatto una cosa strana: si è alzata, è venuta ad aprirmela, mi ha posato una mano sulla schiena, delicata, e l’ha tenuta finché non sono uscito. A guardarla si sarebbe potuto pensare che mi stesse spingendo via, ma non era vero.
Lucettuli. Durante il primo lockdown mio figlio (adesso ha tre anni e qualcosa) ha iniziato a chiederci di mettere soprattutto due pezzi: Com'è profondo il mare e Attenti al lupo. Ultimamente ci chiede Bandiera bianca e Cuccurucucù, e ne canta alcune parti. Battiato lo fa ballare e sorridere. Sin dalla prima volta che lo ha ascoltato, quando mi chiese sorridente: "Papà ma come cantano questi?". Ascolta tanti generi diversi, ma per quanto riguarda la musica italiana, i suoi preferiti sono senza dubbio Dalla e Battiato. Non gli abbiamo mai detto quali sono gli autori che preferiamo sua mamma ed io, e in casa o in macchina c'è sempre uno stereo acceso con dischi di generi diversi. Ma il punto è che Battiato per me è sempre stato il massimo, sotto ogni aspetto. E ogni volta che me lo chiede ci godo. Giorni fa ho messo su una versione live di Stranizza d'amuri.
Mio figlio si ferma, presente assente, su "lucettuli" sorride, intuisce. Poi quel fraseggio con il piano. Il pubblico che applaude, lui batte le mani, sorride e batte le mani.
Un paio di giorni dopo mi fa: "Papà mettiamo la musica?". "Ok, che vuoi ascoltare?". "Qualcosa di forte." "Rock n' roll?". "No, lucettuli".
Proprio un mese fa stavo cazzeggiando su Facebook e ho beccato un post con una foto dove Lucio Dalla appoggia una mano sulla spalla di Franco Battiato (che ha la barba, dovrebbero essere gli anni del concerto a Baghdad); sopra la foto questo testo:
"Battiato è il più grande, è il musicista che stimo di più", dice Lucio Dalla, "siamo diversi, ma in questa diversità lui mi assomiglia più di ogni altro artista italiano: è 'crossover' a 360 gradi, attraversa i territori musicali più lontani con grande intelligenza e restando sempre sé stesso. Per essere coerenti in musica bisogna fare proprio così: smentire sempre se stessi, non avere paura di avventurarsi dove non si è mai stati, dove ci si sente malfermi, dove le proprie certezze crollano. È quello, anche per me, lo stimolo necessario, quella la scintilla per la creazione artistica... Allo stesso tempo mi affascina il tradursi, il rendersi accessibile di un filosofo come Manlio Sgalambro, che propone un modello musicale fino ad oggi sconosciuto in Italia, e che tra l'altro è l'autore di La cura, il testo più bello degli ultimi anni".
Non penso che La cura sia il miglior pezzo/testo di Battiato. Adoro i suoi primi lavori, tipo Sulle corde di Aries, ma penso che la sua forza eterna sia altrove, prima di tutto in lui stesso come essere umano, e poi, per quanto riguarda la sua arte, in quel trittico inarrivabile: L'era del cinghiale bianco - Patriots - La voce del padrone (a proposito di quest'ultimo disco, su YouTube c'era una parte di un doc che meritava, ma oggi non c’è più).
L’ombra della luce. Penso spesso a quando lo vidi dal vivo al parco di Vulci, e che avrei dovuto portarci mia madre, ché la musica è sempre stata l'unica via per capirci. A volte mi chiedo chissà com'è il libro che Aldo Nove ha scritto su di lui. Oggi mi chiedo chissà dove sta il maestro, l’unico capace di essere maestro perché sempre allievo. Dov’è oggi? E dopo aver letto e riletto qualche passaggio de La morte del sole di Sgalambro, penso a com'è davvero difficile trovare l'alba dentro l'imbrunire.
Poi mi volto sui dischi, non c’è polvere. Ho voglia di sentire una delle sue.
Difendimi dalle forze contrarie
La notte, nel sonno, quando non sono cosciente
Quando il mio percorso si fa incerto
E non abbandonarmi mai
Non mi abbandonare mai
Riportami nelle zone più alte
In uno dei tuoi regni di quiete
È tempo di lasciare questo ciclo di vite
E non abbandonarmi mai
Non mi abbandonare mai
Perché le gioie del più profondo affetto
O dei più lievi aneliti del cuore
Sono solo l'ombra della luce
Ricordami come sono infelice
Lontano dalle tue leggi
Come non sprecare il tempo che mi rimane
E non abbandonarmi mai
Non mi abbandonare mai
Perché la pace che ho sentito in certi monasteri
O la vibrante intesa di tutti i sensi in festa
Sono solo l'ombra della luce