Il tifo calcistico viene spesso definito fede, allestendo un azzardato parallelo tra uno gioco, uno sport, e la religione. Azzardato non tanto per quel vecchio inciso che vuole che si possa scherzare coi fanti ma non con i santi, quanto piuttosto che in genere chi si affida, la radice è sempre la medesima, a un Dio, può prevedere momenti di standby, a volte anche definitivi, l’ateismo o la conversione a altra fede, più spesso una sorta di agnosticismo disinteressato, ci sarà pure e magari se serve gli si chiede un favore, ma per il resto chi se ne frega, il tifo invece è una sorta di dogma che non prevede stanchezza o dubbio, chi tifa perdona tutto e supera tutto. Io tifo Genoa, per dire, e tifo Genoa per scelta, nato e cresciuto in una famiglia di juventini, con figli a loro volta juventini. So bene, quindi, cosa significhi soffrire per la propria squadra. Le retrocessioni. Lo scudetto della Samp di Vialli e Mancini. Le tante troppe sconfitte di domenica in domenica. I campioni lì esplosi e subito planati altrove, penso a Milito, Palacio, per fare un paio di nomi, ma toh, anche a Piantek, poi spentosi inverecondamente. Con certo la vittoria a Anfield Road, contro il Liverpool, a farmi battere sempre il cuore, ma una sola defibrillata in quasi cinquant’anni di fede non è che sia poi così tanto, la retrocessione da neopromossi in A alla serie C ai tempi della valigetta coi soldi di Preziosi per Venezia-Genoa forse uno dei punti più bassi di questa mia esistenza rossoblù. Quindi, figuriamoci, ho la pelle dura, di quelle simili alla palle del tasso del miele, andatevi a cercare qualche video a riguardo su Youtube, animale piccoletto che affronta da solo leoni o cobra, tanto ha la pelle di titanio, non riporta mai neanche un graffio. Quando però l’altro giorno ho visto le foto di Kanye West al Ferraris, la maglia del Genoa tra le mani, il sorriso di chi ultimamente passa più tempo oltre il confine, quando si parla di borderline, che da questa parte, ho provato un incredibile senso di disagio.
Intendiamoci, il tifo è tifo e non è che si può star qui a fare distinzioni poetiche o a fare i sofisticati, abbiamo Zangrillo, quello dell’uveite, come presidente, e in precedente abbiamo avuto appunto Preziosi, direi che definirci di bocca buona è stare decisamente cauti, ma Kanye West ultimamente lo abbiamo più che altro visto mentre si faceva fare un pomp*no su un motoscafo a Venezia, o mentre se ne girava scalzo per i ciottoli delle vie del centro di Firenze, la sua moglie-non-moglie, l’australiana Bianca Censori, costantemente al suo fianco (nel caso del motoscafo era ovviamente di fronte), assai poco o per nulla vestita. Genio indiscusso sul fronte musicale, e su questo laicamente penso di non poter essere smentito, seppur la musica nel tempo sembra essere diventato più un passatempo che un impiego, il nostro ha recentemente occupato troppo spesso la pagina delle cronache, a volte anche quando si sarebbe dovuto parlare di musica, penso alla sfuriata fatta a Taylor Swift, sono ormai passati quattordici anni, rea di aver, questo diceva Kanye, scippato la statuetta a Beyoncé, ma penso anche al fatto che abbia fatto circolare da tempo notizia del suo stare a lavorare al seguito dei due Donda, pur passando poi il tempo a cazzeggiare sotto le lenti di ingrandimento dei paparazzi, le preoccupazioni per l’immagine che dona ai propri figli di sé da parte della ex Kim Kardashian, diciamolo, e chi scrive è un fan della prima ora della “spaccatrice di internet”, mettono un sigillo regale al tutto. Ora, al fianco di un Fabrizio De Andrè, di un Francesco Baccini (insieme i due hanno inciso la bellissima Genova Blues, al fianco di un Gino Paoli come di un Jack Savoretti, passando per Sergio Pizzorno dei Kasabian, l’irraggiungibile Frank Sinatra a giacere nella tomba con i colori sociali indosso, Bresh che recentemente ha donato alla squadra e alla città la hit Guasto d’amore, dobbiamo anche annoverare Kanye West, ne prendo atto, e soprattutto questo Kaney West qui, sballato, sbalestrato, scalzo e coi calzoni calati sul cul*. Non esattamente una immagine edificante, o quantomeno non di quelle di cui poi ti vanti con gli amici al bar.
Quel che viene da pensare, però, così, tanto per dare ossigeno a un lunedì mattina che ci ha visto ingiustamente affondati dal Milan al centocinquantesimo per un goal da annullare, Giroud a fare il portiere, Kanye a non capirci molto in tribuna d’onore, non so, mancava giusto qualche personaggio di Harry Potter e le avremmo davvero viste tutte, è se il nostro, sic, andrà a esibire la maglia che la squadra ha deciso inspiegabilmente di donargli, invece, faccio sempre per dire, di donarla a me, assai più meritevole e anche lucido, nel mio armadio ne ho una che mi ha fatto pervenire ai tempi del suo primo passaggio genoano Mimmo Milito e una che mi ha donato un tifoso doc, a sua volta grande cantautore, Michele “Mezzala” Bitossi, non sono poi riuscito a entrare in possesso di quella di un mio mito di gioventù, Tomas Skuhravy, che ero appositamente andato a trovare a Praga, quando però lui era in Italia per fare scouting per il Vecchio Grifone, maledizione, nonostante la mediazione del grande Pietro Cheli, perché il Genoa ha annoverato anche grandi firme del giornalismo tra i suoi tifosi, Cheli e Gianni Brera su tutti. Vederlo sul palco dell’Arena Campovolo, di fronte a circa centomila persone, venerdì prossimo, con quella maglia potrebbe forse farmi passare questo malessere che mi accompagna da sabato, malessere certo dovuto alla sconfitta, ma anche alla sconfitta legata a quella foto. Sì, perché queste sono le voci che girano incessantemente in queste ore, che cioè gli allestimenti del megapalco a Reggio Emilia, nell’arena che verrà aperta alla sua massima estensione, centomila spettatori paganti, appunto, come giusto un pazzo furioso potrebbe fare, pensate a annunciare un concerto a neanche quattro o cinque giorni dalla sua realizzazione, senza tempo per pubblicizzarlo, sempre che l’annuncio a semi sorpresa non sia in effetti una promozione geniale, sicuramente senza dar troppo tempo ai fan di organizzarsi, prenotare treni, aerei o quel che è, alberghi e case su Airbnb, preordinare i biglietti, roba davvero folle. Ma Kaney West è folle, uso un termine che in tempi di politicamente non si dovrebbe e potrebbe usare, per le ragioni che ben sappiamo, non fosse che lo sto caricando di quelle valenze romantiche, spesso associate agli artisti e all’arte, quindi privando il tutto di stigma o giudizi di merito, non rompete troppo i coglioni, poi, che è lunedì mattina e il Milan ha segnato praticamente il giorno dopo lo scoccare del novantesimo, mentre Kanye West ridacchiava in tribuna d’onore. Andate semmai a vederlo, se fa una cover di Guasto d’amore o chiama Bresh a duettare sul palco, giuro, cammino scalzo per le vie di Firenze anche io, sperando che almeno da quelle parti i proprietari di cani girino con le sacchette per raccogliere i bisogni dei loro amici a quattro zampe, mondo cane o mondo Kanye che non è altro.