Per chi, come chi scrive, ha vissuto diversi anni della propria vita in Francia, sentire, qualche settimana fa, Matteo Salvini parlare di Marine Le Pen come della “leader del primo partito francese” ha rappresentato uno shock. A Parigi erano gli anni di Sarkozy prima, di Francois Hollande poi: anni in cui Marine Le Pen era considerata come la vecchia zia cleptomane vicino a cui nessuno vuole sedersi alla cena di Natale, alla guida di un partito impresentabile che prendeva 4 milioni di voti in meno dei Socialisti, 3 milioni di voti e mezzo in meno dei Repubblicani. Un decennio più tardi, quei due partiti sono praticamente spariti, mentre il partito della zia cleptomane è effettivamente risultato il più votato alle elezioni legislative; ed è spuntato persino chi è più a destra di lei, che di voti, alla presidenziali 2022, ne ha presi ben 2 milioni e mezzo (Éric Zemmour). Difficile ricostruire le motivazioni di un simile, epocale cambio di paradigma. Ma certo, un buon modo per cominciare a capire può essere la lettura di “Metodo per diventare un altro”, il nuovo romanzo di Édouard Louis uscito in Italia all’inizio dell’estate per la Nave di Teseo.
Premessa: in Francia Édouard Louis è considerato dalla intellighenzia tra i più grandi, se non il più grande scrittore vivente. Il suo libro d’esordio, “Il caso Eddy Bellegueule”, premio Pierre Guénin 2014, mémoir senza filtri di un’infanzia dickensiana vissuta nell’Alta Francia rurale, è stato un caso letterario, tradotto in venti lingue. Per capire il genere, ecco come l’autore descriveva l’aborto improvviso della madre: “Pensavo di essere stitica, sono corsa al cesso ed è là che ho sentito il rumore, pluf, ho visto il feto e ho tirato la catena”.
“Metodo per diventare un altro” rappresenta l’ideale seguito, una sorta di ri-mémoir: racconta, cioè, la vita dell’autore diventato famoso e arrivato a Parigi: “La gauche caviar vista dagli occhi di un ex povero cristo”, potrebbe essere l’ideale sottotitolo.
Ora: lasciamo perdere che continuare a rimestare nel bidone della propria esistenza sia un esercizio alla lunga stucchevole, e che il momento in cui scoppierà questa bolla dell’autofiction dentro cui la letteratura europea è imprigionata da un decennio dovrà essere festeggiato come un nuovo 14 luglio. Del resto, quanti scrittori abbiamo visto uscire con un folgorante “primo libro” ispirato alle proprie personali vicende, e poi annaspare, restando aggrappati allo Zeitgeist solo grazie alla pietà di giornalisti amici che si ostinano a recensire le loro trascurabili opere seconde, terze o quarte nelle pagine di cultura dei quotidiani?
Piuttosto, il vero problema di “Metodo per diventare un altro”, scritto con l’espediente kafkiano di una sorta di lettera all’odiato padre, trascende la dimensione letteraria per andare ad abbracciare qualcosa di ancora più importante, qualcosa di sociale, di politico addirittura, e che non riguarda solo la Francia ma l’intero continente.
Non troviamo, qui, lo sguardo feroce con cui l’autore, attraverso un realismo esasperato, faceva a pezzi quel mondo ultraconservatore, abitato da zotici e omofobi, da cui proviene. Troviamo, al contrario, l’esaltazione acritica dell’agiatezza borghese, tra sedute collettive all’Opera, cene nei bistrot a base di risotto alla salicornia, pomeriggi pigri nei salotti di St. Germain con appesi alle pareti i quadri di Picasso e Cocteau, a parlare di filosofia e Sylvia Plath.
Siamo alla rappresentazione estrema del privilegio, all’ostentazione di una cultura figlia dell’agiatezza come unica via mortale per esistere; e siamo, di contro, alla condanna senza appello della povertà, vista non come una condizione sociale ma come una scelta esistenziale; e dunque, come una colpa personale.
Bobo, contrazione di “Bourgeois Bohemian”, è un termine coniato nel 2000 dall’americano David Brooks per identificare i ricchi progressisti che vivevano nel Greenwich Village a New York. Nel corso dei primi decenni di questo secolo, il termine ha assunto una connotazione sempre più dispregiativa al punto da essere utilizzato a più riprese proprio da Marine Le Pen per stigmatizzare l’élite intellettuale urbana e globalizzata, che non sa il prezzo del latte ma conosce quello del caviale, solidale solo a parole, trincerata dietro le barriere delle zone a traffico limitato, che non ha idea di cosa sia la metropolitana e le banlieues.
“Metodo per diventare un altro” è un atto d’amore verso questa borghesia, e come tale, da questa borghesia è stato osannato e considerato alla stregua del capolavoro.
Il fatto che non lo sia a livello letterario è questione secondaria, che pertiene ai libri e a chi li legge; ma il fatto che si sia consolidato un “bobo pride”, che la sinistra progressista francese abbia gettato la maschera e si sia coalizzata dietro a un libro che insulta apertamente gli sconfitti, è una questione che riguarda tutti e che, in vista delle elezioni europee del 2024, tutti dovrebbe terrorizzare.
Un continente polarizzato oltre ogni fantasia orwelliana, spaccato tra gli ultras identitari di Marine Le Pen (e di tutti gli altri leader delle nuove destre) e i bobo di Édouard Louis, per cui la povertà è uno stigma di cui avere repulsione. Mala tempora currunt.