Ha fatto notizia, abbastanza di recente, qualche video di Ye (Kanye West) che pare stia aiutando la figlia North a immaginare un suo primo album (nonostante sia poco più che una bambina). Kanye appartiene a quello stuolo di personaggi “controversi”, laddove più o meno periodicamente assistiamo a qualche nuova diceria o accusa sul loro conto (da poco è venuto fuori che ha forse molestato una sua assistente), ma di cui ci piace sapere sempre tutto pur consapevoli che non ne sapremo mai niente. Forse nazista, forse bipolare, forse cristiano, forse fedifrago, forse papà tenerone… insomma, personaggi come Ye sembrano essere oggetto di una continua tensione tra amore e odio, da una parte rifiutati come mostri da demonizzare, dall’altra adorati come eroi del caos. Eppure, è proprio in questa contraddizione che risiede, forse, il nostro interesse per loro.
Quello che ci piace di Kanye è proprio la sua capacità di incarnare una forma di vita, come direbbe Gilles Deleuze, che «contiene moltitudini». Una vita fatta di scivoloni, cadute, ricostruzioni, e, soprattutto, di contraddizioni che non ci permettono di ridurlo a un'etichetta sola, che non possiamo più pensare come “buono” o “cattivo”, “genio” o “idiota”. È proprio qui, in questa incidenza di molteplicità e contrasti, che il personaggio diventa interessante: come un testo aperto, che non si presta alla chiusura di un significato univoco. Le figure come Kanye sono pericolose e affascinanti proprio perché non ci permettono di ignorarle, come recitava lo spot di Apple con Dario Fo: “potete essere in disaccordo con loro, glorificarli o denigrarli, ma l’unica cosa che non potrete mai fare è ignorarli”. L’elemento che emerge in questa riflessione è proprio il cambiamento di paradigma generazionale. Il “moralismo” dei millennials sembra ormai sfilacciarsi davanti alle nuove generazioni, quelle Z e ancora più giovani, che sembrano non più disposte a etichettare le persone in termini binari, ma piuttosto ad accogliere il caos delle contraddizioni come qualcosa di costitutivo dell’essere umano. Non ci interessa più il bianco o il nero, il bene o il male, quanto piuttosto la possibilità di contenere all'interno della stessa persona diverse realtà, diverse dimensioni. Eppure, ciò che ci affascina in questa visione è il tentativo di fare spazio alla complessità, ma anche il rischio di esagerare con una tolleranza che potrebbe sfociare nell'indifferenza o nel relativismo. Rémi Brague, professore alla Sorbona e autore di Des vérités devenues folles, ha scritto che il movimento “woke” è destinato a collassare su se stesso: “Il movimento woke può solo distruggere, non ha nulla di positivo da offrire.” Nonostante la sua critica, personaggi come Kanye West, nei suoi ultimi anni, hanno messo in luce proprio il paradosso di questo fenomeno. Da un lato, lottano contro l'ordine imposto dal pensiero woke, ma dall’altro, entrano in una zona grigia, dove le loro stesse contraddizioni vengono riscoperte e ridefinite come un valore. Contraddizioni che, per secoli, sono state considerate una parte integrante dell’essere umano, e non una macchia da estirpare.
E allora, la domanda cruciale diventa: perché tutto ciò ha avuto così tanto successo? Perché, malgrado tutte le accuse, le follie e i comportamenti discutibili, Kanye continua a essere un’icona, non solo della musica, ma di una cultura che cerca di superare le rigidità del passato? In fondo, c’è un lato di noi che si riconosce in lui, nei suoi mostri interiori. Perché in un’epoca dove si è costretti a performare costantemente come angeli del bene, è proprio il caos delle contraddizioni che ci rende umani. In questo senso, Ye non è solo un provocatore, ma una sorta di specchio per una società che sta cercando di fare i conti con la propria imperfezione. Ma la vera sfida, quella che ci interroga profondamente, è un'altra: esiste davvero una via di mezzo? Possiamo costruire un mondo che non sia violento ma nemmeno ipocritamente bacchettone? Quello che ci interessa, in fondo, non è un mondo dove tutti devono essere “per bene” a tutti i costi, ma piuttosto uno spazio dove le contraddizioni possono emergere, senza la paura di essere cancellati o distrutti. La sfida non è tanto quella di eliminare i mostri, ma di trovare una forma di coesistenza che non sia né puritana né anarchica. E chissà, magari ci vorrà un altro Kanye West, o qualcun altro, che ci indichi la via… o forse no. Ma la domanda è aperta, e io non posso fare a meno di credere che vedremo delle belle nel prossimo futuro, quando saremo tutti costretti a riposizionarci in una società che sembra stia già cambiando molto più velocemente di quanto pensassimo.