Nel 1974, mentre si separava dall’attrice Carrie Snodgress (madre del suo primo figlio), Neil Young scrisse dei pezzi che finirono in un disco talmente intimo e “vero” da preferire lì per lì di non pubblicarlo (lo scorso anno, annunciando dopo 45 anni la pubblicazione di Homegrown, Young ha detto che quelle canzoni lo mettevano in difficoltà: "Semplicemente non potevo ascoltarle... qualche volta la vita fa male, sapete quello che voglio dire").
C'è anche chi è stato abbandonato da una modella di Vogue (ricordo solo il nome: Melissa), e da quella sofferenza vissuta in solitudine in mezzo a una strada ha tirato fuori uno dei dischi più belli degli ultimi vent'anni: Micah P. Hinson and the Gospel of Progress.
Ma credo che questi due esempi rientrino nell’insieme delle eccezioni: a discapito delle leggende metropolitane, è raro riuscire a scrivere canzoni di qualità in uno stato di sofferenza. Ed è molto probabile che il grosso limite di Smile abbia a che fare con questo aspetto. Diciamo che Perry ha provato, senza riuscirci, a realizzare un discone commentando in modo estemporaneo il suo periodo di merda, dato dal combo: fine (temporanea) della sua relazione con Orlando Bloom più flop delle vendite del precedente disco Witness.
Ho letto giudizi generosi su questo Smile, che immagino abbiano molta più aderenza con i titoli dell’ufficio stampa della Capitol Records che con le tracce del disco. Essendo la realtà l’elemento chiave meno presente nei comunicati, non sarebbe male ascoltare i dischi prima di recensirli.
Penso che Katy Perry abbia tirato fuori il disco che poteva tirar fuori, e che in generale la questione non dipenda dal fatto di ripetere o meno qualcosa che sul piano commerciale aveva già funzionato, oppure di provare a fare un disco completamente diverso, sorprendente o addirittura sperimentale. Il problema è saper scegliere il momento giusto: se le canzoni ci sono, ok, in caso contrario meglio aspettare.
Forse gli amici e i manager della sua etichetta avrebbero dovuto suggerirle di prendersi del tempo, per dedicarsi al figlio che stava arrivando, per rielaborare quanto aveva vissuto, e provare a scrivere in un secondo momento Mother Dream. Ma non è andata così. Che dire? Accontentiamoci di uno Smile, ma per godere serve qualcosa di più di un sorriso, o no?