A Milano è sbarcata la bionda più famosa del globo terraqueo: Barbie. Partiamo da una premessa: il film, una meravigliosa collaborazione tra Warner e Mattei, è un prodotto riuscito. Senza se e senza ma, “Barbie” vale la pena, e Margot Robbins ha dimostrato di non essere solo l’occhio azzurro più letale di Hollywood. Detto questo, parliamo di cose serie: siamo riusciti a sgusciare all’interno dell’evento più atteso del 2023, che possiamo confermare essere stato incredibile. Da un camper rosa parcheggiato fuori dal cinema, in cui si sarebbe tenuta la proiezione, fino ai mille furbissimi punti dove i selezionatissimi invitati potevano scattarsi foto su foto per intasare letteralmente i social (sia mai che perdano l’occasione di ricordare ai follower che “io so io e voi non siete un…”).
Il tema portante era il rosa, la plastica, il concetto di “bionditudine”, il glamour (un po’ anni ’90). Palloncini, lucine, led, scatole nelle quali scattarsi foto per sentirsi vere bambole pronte a essere vendute al doppio del prezzo sotto Natale. Insomma, c’era tutto, incluso il caldo e le code. Sì, le code. Le code al photo wall, ovvero le foto che tutti gli influencer fanno perché sono quelle ufficiali di Getty e dell’azienda; le foto insomma che certificano che tu in questo mondo vali qualcosa.
Riveliamo una scomoda verità: una volta era così. Ora quella foto può letteralmente farla chiunque, ma loro non lo sanno, quindi si formano code chilometriche, roba che la posta il giorno dell’arrivo delle pensioni è vuota come una pista da sci a giugno. Enormi serpenti pieni di gente truccata come supereroi, accaldati, stanchi ma resilienti: il dovere chiama, lo sguardo tenebroso deve reggere fino all’ultimo clic; poi crollare per la stanchezza diventa lecito. Le fughe verso casa sono ammissibili solo dopo essersi seduti sulle poltrone, aver fatto una foto al grande schermo con la preview del film e scritto in basso a destra “waiting for Barbie”, taggando giustamente casa di produzione, il brand che ti ha vestito, tua madre, la portinaia, la tua maestra delle elementari che ti guardava con l’aria di quella che sapeva che tu non ce l’avresti mai fatta. Gli unici blandamente interessati a quello che succede sul grande schermo sono quasi sempre gli accompagnatori, i “più uno” di chi ha un sacco di cose da dimostrare al mondo.
Barbie è un film delizioso, seriamente: lei cambia, il mondo intorno a lei muta e tutti cercano di rispondere a una sola domanda: “Cosa posso essere?”. E ci ricorda che la bellezza sta nel riuscire ad adattarsi, nel riuscire a cambiare buttando alle spalle la paura. La bambola stupisce. Al contrario di una grossa fetta del pubblico che di solito viene invitato a questi eventi: loro non stupiscono affatto, rimangono sempre stucchevolmente uguali alla versione più plastificata di sé stessi.