Ha fatto notizia che, alla prima prova di maturità, quella di italiano, il nipote di Liliana Segre non abbia optato per scrivere il tema su sua nonna, andando quindi a scegliere la traccia sulla musica ispirata da un brano tratto da Musicofilia dello scienziato Oliver Sacks. Una notizia tenera, sentimentale, che in realtà, come nel gioco delle scatole cinesi, di notizie ne presentava due, l’altra decisamente meno tenera, anzi, di quelle che dovrebbero smuovere le viscere, portare a un certo grado di indignazione. A lato di questa notizia, per altro, è anche uscita un’intervista al ministro dell’istruzione Bianchi che spiegava che, tra le sette tracce, anche lui avrebbe scelto quella sulla musica, linguaggio, diceva, universalmente in grado di tenere in connessioni tutti i popoli della terra, andando quindi a confermare quanto descritto da Sacks.
Ora, a prescindere dal fatto che, pur non avendo a cuore lo spirito patrio, sarebbe stato forse più coerente andare a prendere qualche scritto di Enzo Avitabile, uno dei nostri artisti più apprezzati nel mondo, riguardo il potere connettivo della musica, essendo il polistrumentista e cantautore napoletano uno dei massimi studiosi di scale al mondo, vero e proprio mappatore di quelle che, in musica, sono il corrispettivo dei comuni alfabeti, così, tanto per dare un segnale di essere a conoscenza anche di quel che capita sotto lo stesso sole, ma del resto la traccia letteraria era su Pascoli e Verga, non si può mica pretendere troppo da una realtà così calcificata come la scuola, quel che lascia abbastanza spiazzati, quasi basiti, è che si parli di musica come di una forma di comunicazione universale, di un’arte in grado di superare confini e steccati, pur rimanendo la grande assente proprio dai programmi didattici italiani. Cioè, se da una parte vediamo, legittimamente, presentati tra gli argomenti testi di Liliana Segre, del Nobel per la fisica Parisi, addirittura con un riferimento al suo discorso al Senato dell’anno scorso, dall’altro va in scena l’ipocrita inchino nei confronti di una lingua che poi non viene mai usata, se non in quella maniera ridicola che vede i nostri ragazzini alle prese con flauti dolci di plastica nelle poche ore alla musica dedicata alle scuole un tempo dette “medie”.
Certo, Sacks, neurologo e saggista, eleva il discorso, andando a mettere in connessione, e la parola “connessione” sembra la parola chiave di questa prova di maturità, si pensi anche alla traccia che prende spunto dagli scritti della sociolinguista Vera Gheno, quel che succede a livello cerebrale durante l’ascolto della musica, creando uno spiraglio illuminista tra cervello e cuore, le orecchie e l’apparato uditivo a giocarsi il ruolo da mediatore, ma resta che la musica è stata scientemente tagliata fuori dalla nostra scuola, e sentirla, anzi, vederla tirata per la giacchetta dal ministro Bianchi e addirittura dalle tracce della maturità lascia l’amaro in bocca. Anche perché, in questo caso si scivola verso l’imbarazzo, tanto la musica è fuori dai radar, nel nostro Paese viviamo ancora in una concezione antica, il luogo dove la musica si studia, ufficialmente, da cui escono coloro che poi possono appunto insegnarla alle medie, si chiama non a caso Conservatorio, nomen omen, che a dare credito e quindi nobilitare il ruolo del critico musicale, almeno fuori dall’alveo di quella che, appunto, viene definita musica classica, è l’editoria, quella stessa editoria che poi relega nella varia, il medesimo ambito nel quale vengono pubblicati i libri di barzellette come quelli che presentano le raccolte di foto pucciose di cuccioli di animali, gli scritti dei medesimi critici, fatto più unico che raro nel campo delle arti, e sicuramente unico rispetto a quello che sono i Cultural Studies, il nostro Dams ancora guardato come a una versione naif della scuola di Saranno Famosi da quanti, in fondo, pensano che la musica è sì musica, ma sempre e solo di canzonette si tratta.
Ben venga quindi l’accendere un riflettore su quanto la musica sia materia degna di essere studiata in tutti i nostri ordini scolastici, capace come è di tenerci connessi senza disumanizzarci, sarebbe però non dico bello ma normale che nel farlo si pensasse seriamente anche come non limitare il tutto alle prove di maturità, affinché non capiti di sentire qualcuno a bordo di una bella auto rombante elogiare l’arte del camminare in mezzo alla natura.