“Così arrivi, come sempre a spargere il sospetto del paradiso.”
Muore nel giorno del solstizio d’estate Patrizia Cavalli, a 75 anni, poetessa originaria di Todi tra le più amate e conosciute del nostro tempo. In molti, in queste ore, staranno ripercorrendo la trama della sua vita per tentare di sentirla ancora vicina e non vinta, prematuramente, da questa morte oscura. Ma se è vero che le parole sono l’ossessione assoluta di un poeta, per ridire la vita in forme esatte, allora è nei suoi versi che occorre cercare per conoscere la verità su questa maratoneta della poesia, che con i suoi libri (quasi tutti pubblicati da Einaudi) ha attraversato buona parte del Novecento ed è arrivata fino a noi, rimanendo fedelissima a sé stessa.
Patrizia Cavalli rendeva conto della sua poesia a cadenza regolare, ad intervalli di circa dieci anni tra un libro e un altro. La si amava o la si odiava. Non lasciava spazio per sentimenti medi. Il suo dettato solenne, canzonatorio, cristallino, tagliente, la rima cercata e praticata con dovizia, erano sempre un interpello rivolto ai lettori, a chi la ascoltava nelle sue letture pubbliche. E chi ascoltava poteva rimanere attonito, spiazzato, oppure ammaliato e incantato.
Così accade con tutti i poeti veri, quelli che non cedono a compromessi con l’epoca, con tutti gli artisti che continuano a bere alla propria personalissima sorgente, per restituirne gioielli di opere che regalano al mondo. Si sa che da giovanissima, a Roma, la città dove aveva deciso di vivere, venne notata dalla Morante; si sa anche che la grande scrittrice, un giorno, al telefono, dopo aver letto le poesie della giovane poetessa umbra, le disse “Bene Patrizia, sono proprio contenta. Sei un poeta.” Da lì in avanti la Cavalli ha prestato giuramento e ha scritto e scritto e continuato a scrivere, sviluppando un verso riconoscibile, in cui si fondevano una eloquenza drammatica e tagliente ad un certo gusto per il recitativo, per il prosastico, ma sempre esattamente calibrato, scandito, declinato.
La sua penna e il suo estro ci hanno lasciato un repertorio ricchissimo in cui poter trovare tutte le incandescenze, gli amori, gli incendi, i dolorosissimi abbandoni, gli interrogativi sul proprio sé che questa vestale della poesia moderna ha condensato nella sua corposa opera. I versi dei poeti spargono nell’aria strane vibrazioni, mandano in circolo sospetti, illuminano strade in ombra, suggeriscono “la possibilità del paradiso.”
Fanno accadere la realtà. Possono farlo solo se rimangono folli e interi, lucidissimi e presenti al proprio tempo, come ha saputo fare lei. Solo così sono pronti, alla fine, per l’ultimo viaggio, e per dire alla morte: ti affronterò “ad armi pari/ anche se so che infine dovrò perdere, / voglio uno scontro essendo tutta intera, / che non mi prenda di nascosto e lentamente".
A Dio Patrizia, ci mancherai.