Giorgio Montanini al podcast Tintoria, fra le tante cose che ha raccontato, ha finalmente chiarito il suo trascorso burrascoso con Enrico Brignani, che ha caratterizzato i suoi inizi. Partito con Satiriasi in un piccolo locale, ha spiegato il perché aveva preso di mira il comico romano e la sua reazione alle battute taglienti quando ha scoperto i suoi video: “La comicità alla Zelig, come la sua, allora era al top, faceva 12 milioni di telespettatori come la partita della Nazionale di calcio. Poi arrivano quattro imbecilli come noi che iniziano a fare in un locale con dentro 50 persone un’altra cosa. Eravamo contro loro, una formica contro un rinoceronte. Solo la contrapposizione poteva darci un po’ di visibilità. Così abbiamo iniziato ad attaccare. E con Brignano è stato un macello…”. Ecco tutto quello che è successo.
Così illustra due episodi inediti, da un lato spassosi ma anche a tratti inquietanti. “Quando ero a Satiriasi ci gasavamo e avevo preso Brignano come nemico. Lui lo conoscevano in 10 milioni, a me nessuno. Passano gli anni, faccio Nemico Pubblico sulla Rai e intanto anche Comedy Central. Una sera venne Brignano a vedermi. Quella sera, per rispetto, non dissi niente contro di lui. Quando finisce la serata lo sento che mi ferma e mi dice: ‘Ti ho visto, sei proprio bravo, perché non vieni a Fregene, dove abitava al mare, a scrivere lo spettacolo nuovo? Io rispondo: ‘Grazie ma non credo di essere in grado. E lui: ‘Non ti preoccupare, ti cucino uno spaghetto allo scoglio…’. Io che l’avevo insultato fino a quel momento, penso: spero che non veda mai un mio video”. E invece succede: “Ci penso un attimo, poi chiamo il mio agente, avevamo la stessa agenzia, e gli chiedo di usare un modo gentile di declinare. Lei lo fa, ma Brignano affascinato da Montanini va a vedere i miei video. E lì succede un bordello…”. Che cosa? “Mi fa cacciare dall’agenzia. Poi un giorno vado a registrare Nemico Pubblico, passa per strada e mi riconosce. Fa inversione, mi ferma, imbarca la macchina e non fa svoltare le auto per Termini, e grida: ‘Ma li mortacci tua, fijo de na mignot*a. Io sono abbastanza fumantino, ma ho visto Brignano e pensato: questo me mena. Ho visto il diavolo. Una faccia luciferina. Sono rimasto in macchina. Sono ripartito e da lì è finita. Ma con Brignano non rinnego niente. Quello che ho sempre pensato lo penso sempre”. E ha concluso: "L'avevano chiamato 'l'editto Brignano', perché si era saputa questa cosa e come l'editto bulgaro di Berlusconi uscì sui giornali".
Ma l’incontro a Tintoria, podcast condotto da Stefano Rapone e Daniele Tinti prosegue e Montanini rivela un’altro dissing con un collega allora molto famoso: Daniele Luttazzi: “Mi identificavo in un certo modo di fare comicità grazie a Luttazzi. Volevo fare quello che faceva lui, lo amavo in maniera viscerale. Un giorno vado all’Olimpico a Roma, prendo i biglietti per vederlo. Mi metto vicino a Marco Travaglio…”. Ma il problema è arrivato dopo: “Finito lo spettacolo vado dietro i camerini per abbracciarlo. Poi mi mandano un video: ‘Il meglio non è di Daniele Luttazzi’, c’erano tutti i suoi monologhi e il corrispettivo dei comici americani. Per me un tradimento vero. Poi con Satiriasi prendo il posto di Luttazzi nell’immaginario culturale. Avevo riempito un vuoto. E inizio a ricevere messaggi strani: "Copi Luttazzi". Finché non mi arriva un dossier di 60 pagine. Un blog con un solo articolo. Come della Cia, ma contro di me che difende Luttazzi. Non ho le prove per dire che è stato Luttazzi… però era Luttazzi… Daniele - si rivolge direttamente a Luttazzi - se pensi di non essere stato tu dimmi: Giorgio non ero io. Però era Luttazzi, con il suo modo di scrivere. Era lui. A me dispiace. Ho rispetto per Luttazzi? No. Non puoi copiare l’anima di altri comici. Se lo fai sei un infame”. Rapone prova a rivolgersi a Luttazzi per averlo ospite, ma Montanini lo gela: “Non verrà a Tintoria. Ha sbagliato, è un criminale artistico. Ti appropri dell’identità di altri comici, sei squalificato a vita. Ti vuoi redimere? Sali sul palco con spettacoli nuovi. Non lo ha mai fatto. Vieni qui, visto che la tv ti manipola, e parli. Non devi discolparti, racconta la tua versione. Se poi scompari e riappari in maniera subdola lasci il fraintendimento”.
E ancora, racconta un diverbio sul set di un film con Riccardo Scamarcio: “Vado a fare un film molto importante, 2 Win (poi diventato Race for Glory) con Daniel Brühl e c’era anche lui. Giriamo tre mesi per l’Italia. Facevo uso di sostanze stupefacenti. Per un futile motivo, che nel cinema capita, avevo torto ma io impazzisco. Mi confronto con Scamarcio nella hall dell’albergo. Fino a quel momento avevamo un rapporto meraviglioso. Lui sbrocca, ma non ti aspetti come potrebbe sbroccare Scamarcio, come Step protagonista di Tre metri sopra il cielo, ma in pugliese… Non ci credevo. Ma contrattacco. Ci hanno diviso in mezzo a una hall dell’albergo. Prendo le valigie e lascio il set. Scamarcio è una bravissima persona. Non mi ha querelato. Alla fine abbiamo fatto pace”. Infine ha spiegato il suo drammatico percorso con la droga, in particolare la cocaina e il crack, che lo ha portato a un coma di 40 giorni: "Consumavo 5 grammi al giorno, sono arrivato a spendere 400 euro al giorno e in totale mezzo milione di euro. Non so come si fa a uscirne, ma bisogna puntare sulle cause".