“Il femminismo nasce dalla cultura cristiana. I Vangeli sono i libri più femministi che siano mai stati scritti. Contengono i primi germi di uguaglianza fra uomo e donna. Poi secolarizzati”. Comincia così il mio colloquio con Lucetta Scaraffia. Non un’esponente del femminismo cattolico, che per lei non esiste, ma una donna cattolica femminista. Storica, giornalista, editorialista, è stata docente di Storia contemporanea all’Università La Sapienza di Roma. Nel 2017 ha ricevuto le insegne di ufficiale della Legion d’onore dal presidente della Repubblica francese per la sua attività. Decine e decine i saggi che ha pubblicato: sulle donne nella storia, sulle Sante ribelli, sulla sessualità nel Cattolicesimo, sulle inquietudini delle Fede, sugli abusi sessuali del Clero in Italia, sul sacerdozio femminile.
Scaraffia, il femminismo cattolico esiste o non esiste?
Non c’è un femminismo che si possa definire cattolico. Ma femministe che sono anche cattoliche. L’unica corrente che si autodefinisce femminista nel cattolicesimo è quella ‘delle teologhe’ che hanno preso dalle femministe laiche molti valori se non tutti. Chiedono il sacerdozio per le donne, sono d’accordo su aborto e matrimonio omosessuale, sono aperte a tutte le istanze del mondo laico. E hanno Ammesso Michela Murgia nel loro coordinamento sposandone le tesi. Poi ci sono le femministe cattoliche. Donne che hanno riscoperto il valore rivoluzionario del cristianesimo sul ruolo delle donne senza però accettare tutte le istanze care alle laiche.
Perché i Vangeli sono femministi?
Mettono per la prima volta le donne, dal punto vista spirituale, alla pari degli uomini, e garantiscono loro lo stesso ruolo all’interno del matrimonio. con l’indissolubilità del matrimonio anche le donne sterili sono considerate alla stessa stregua degli uomini, Quindi sono considerate esseri umani come loro, e non solo strumenti per la riproduzione. Sono questi, a mio parere, i germi di uguaglianza che, secolarizzati, hanno permesso la nascita del femminismo. Un’idea davvero rivoluzionaria per i tempi.
Eppure lei dice che un femminismo cattolico non esiste.
Ci sarebbero le condizioni per la nascita di un femminismo cristiano-cattolico che dovrebbe partire da una critica costruttiva del femminismo laico: sull’aborto per esempio, che è ancora un tema molto dibattuto. Sono d’accordo sulla sua depenalizzazione, che vorrei allargata a tutti i Paesi cristiani, ma non lo descriverei come la conquista di un diritto fondante. Non può a mio parere essere un diritto fondativo del femminismo la soppressione di un processo di vita che riguarda in senso negativo il corpo della donna. I diritti sono positivi.
Secondo lei ci può essere oggi un dialogo su questo tema fra laiche e cattoliche?
Assolutamente sì. In un’epoca in cui gli anticoncezionali sono noti da almeno 50 anni le donne abortiscono oggi ancora tanto. non si può dire che sia per mancanza di informazione, ma piuttosto perché non hanno una rete di aiuto o un salario che permetta loro di affrontare la maternità. Sono sicura che se ci fossero aiuti e sostegni alle donne incinte la situazione cambierebbe di molto. Ci vorrebbe una reale assistenza alle madri, fornita dallo Stato.
Cosa pensa dell’obiezione di coscienza?
Fa parte della libertà di pensiero. Un valore importante nella nostra Costituzione. Ma non è giustificata solo per motivi etico-religiosi. In Francia si è svolta una ricerca, trent’anni dopo l’aborto libero e medicalizzato, e si è scoperto che anche medici e infermieri non obiettori non ce la facevano a fare aborti per lungo tempo. perciò i sindacati hanno chiesto un ricambio ciclico di personale. non è un intervento come un altro, né per chi lo subisce né per chi lo pratica.
Sul lavoro cosa manca ancora per l’emancipazione delle donne?
Nel settore privato alla parità di ruoli non corrisponde la parità di salari: quelli delle donne sono sempre più bassi. Questa disparità non dovrebbe esistere per legge. Inoltre mancano, in alcune regioni massicciamente, i servizi alle madri. Le scuole chiudono a metà giugno: come si fa a lavorare e a prendersi cura di un figlio ancora piccolo se non si ha una rete famigliare? Ci sono differenze sostanziali fra città e città. Ma è lo Stato che deve essere a fianco delle donne.
Lei parla di crisi del patriarcato, non di patriarcato. Che differenza c’è?
Il patriarcato è un sistema sociale esistito in passato, dove gli uomini decidevano tutto: dalla residenza alla vita sessuale. Noi non viviamo più, per fortuna, almeno da 50 anni in quel sistema di patriarcato, abolito anche per legge. Oggi le donne sono libere di lavorare, laurearsi, divorziare cioè di scegliere la loro vita Sono invece gli effetti della ‘crisi del patriarcato’ ad avere conseguenze gravi, spesso violente, sulla vita delle donne Perché le donne hanno conquistato delle libertà prima impensabili e gli uomini ormai si sentono impotenti di fronte a questo cambiamento.
Si riferisce anche al femminicidio di Giulia Cecchettin?
Il suo ragazzo, come molti altri che ci restituisce la cronaca dei femminicidi, non aveva nessuna possibilità di controllo sulla libertà di essere e agire di Giulia. La sua fragilità è dipesa proprio dal fatto che lei era libera di laurearsi prima di lui e di scegliere la sua vita. In un sistema di patriarcato antico Giulia non avrebbe avuto alternative al matrimonio. Quando uso il termine di ‘crisi del patriarcato’ intendo dire che abbiamo già percorso molta strada e abbiamo già ottenuto tantissimo. Il cambiamento del rapporto fra uomini e donne è avvenuto in un tempo storicamente molto breve, mezzo secolo. È comprensibile che ci siano maschi che non riescano a farsene una ragione. La lotta delle donne, iniziata a fine '800, non è ancora finita. Non ha senso disconoscere le conquiste che abbiamo fatto definendo ‘patriarcato’ la ‘crisi del patriarcato’.
Prima ha citato Michela Murgia. Cosa pensa della visione murgiana del femminismo?
Brava scrittrice. Ma ha rivelato la sua ignoranza sul femminismo e sul cattolicesimo nel libro “Ave Mary” dove ha criticato pesantemente la tradizione cattolica. Ha pensato di dover combattere una fede religiosa che non valorizza la donna continuando a leggere il cattolicesimo con le lenti della gerarchia cattolica maschile senza accorgersi che aveva davanti la base del femminismo. Non è vero che il cattolicesimo non rende valore alla donna. Mentre nella tradizione ebraica il tramite fra essere umano e Dio è Adamo, nella tradizione cristiana il tramite è una donna, Maria. Il messaggio più importante, la nascita e resurrezione di Cristo, è affidato proprio alla Madonna, che non è una bambola passiva. La sua è una scelta consapevole e a Maddalena è stata affidata la missione più importante, dire che Gesù è risorto. Poi ci sono le Sante, come Caterina da Siena, esempio della donna rivoluzionaria e battagliera.
Cosa hanno rappresentato le Sante?
In molti casi una visione paritaria e rivoluzionaria. Non essendo totalmente assorbite dalla funzione riproduttiva, come le altre, potevano studiare e vivere un’intensa vita spirituale. Nel 1970 Paolo VI ha nominato dottori della Chiesa Teresa d’Avila e Caterina da Siena, a cui ne sono seguite altre. Un modo di riconoscere che hanno contribuito alla costruzione della tradizione cristiana come gli uomini. Murgia evidentemente non lo sapeva.
Lei è a favore del sacerdozio femminile?
Non ha importanza che le donne possano diventare sacerdoti o meno per me, ma che siano riconosciute, rispettate e ascoltate, anche da laiche, con un ruolo riconosciuto dalla Chiesa. Potrebbero perfino essere nominate cardinali, pur rimanendo laiche. Gli uomini non mollano mai il loro potere, solo le donne possono combattere per il loro riconoscimento. il femminismo è nato proprio dalla società cristiana, ma si tratta di una tradizione negata.
Come vede la Gestazione per altri una femminista cattolica?
I bambini sono sempre concepiti da un uomo e una donna. Anche oggi, che ci sono mercati di ovuli e gameti, i bambini che nascono da donatori vogliono sapere da dove vengono. È un loro diritto. Ed è un loro diritto sapere chi li ha portati in grembo, chi ha loro dato la vita. E le donne non possono essere indotte a vendere il loro corpo, la loro capacità generativa, come se non fosse parte di loro stesse. Con il denaro non si può comprare un figlio che la natura impedisce di generare.
Sulla famiglia queer di matrice murgiana?
Nella religione cattolica l’idea dell’accettazione e della scelta sono al centro della libertà dell’essere umano. Con tutte le responsabilità connesse. Quella di Murgia è a mio parere una visione che scaturisce da una deformazione ideologica della realtà, è un’utopia. Se l’istituzione non regola i rapporti fra le persone di una famiglia e tutto è lasciato alla spontaneità e al caso, frutto solo di una affettività suscettibile giocoforza di cambiamenti continui, questa fluidità crea solo sofferenza. La responsabilità dei genitori deve essere contemplata in maniera precisa dalle istituzioni: qui non c’entra la Chiesa ma la società.
Cosa pensa del poliamore?
Penso che superficialmente sembra un paradiso, ma diventa facilmente un inferno. Abbiamo cent’anni di psicanalisi alle spalle: non ci hanno insegnato niente? Ritengo che sia un’ideologia superficiale e ignorante. Che affrontare la vita per una coppia sia un atto di costruzione dell’amore giorno per giorno e di sacrifici e rinunce dovuti a una scelta condivisa. credo che il poliamore non c’entri nulla con il femminismo, di cui le donne di oggi spesso ignorano la storia.
Ci sono delle cose che le danno fastidio del femminismo social e di alcune esasperazioni Lgbt+?
Tutto.