Le anticipazioni di DiMartedì sono finite. Ma su Today Massimo Falcioni una cosa la anticipa eccome, di certo non vedremo più inchieste e reportage. Giovanni Floris si blinda con tutto il cucuzzaro: “Un talk confinato tra le quattro mura di uno studio, senza più uscite e viaggi in giro per l’Italia. Di martedì ha compiuto così la sua evoluzione. Non una metamorfosi immediata, bensì un lento percorso con la nuova linea testata sul lungo periodo, tanto da rendere le variazioni impercettibili in corso d’opera”. Di cosa si tratta? “La scaletta è rigida e sempre uguale. La forza di Floris è infatti nei rituali che vengono riproposti all’infinito. Le copertine di Luca e Paolo, i faccia a faccia e, soprattutto, i dibattiti a più voci che accolgono praticamente gli stessi volti. Per il resto, addio anche al più banale dei collegamenti con l’esterno, a tutto vantaggio di una sorta di ‘quarantena’, stavolta desiderata”. In effetti non è una cosa rara vedere la solita kermesse di opinionisti assoldati per tot puntate, di cui forse senza troppi sforzi si potrebbero conoscere pure i listini, visto che poi sono gli ospiti di sempre. Ma il vero problema è un altro: “Il principio di DiMartedì è semplice: puntare più sugli ospiti e la ‘chiacchiera’ piuttosto che sulle spedizioni su e giù per lo Stivale alla ricerca di notizie da analizzare. In fondo, per quelle ci sono già i giornali e il web, con contributi prelevati dai social che si possono tranquillamente recuperare e giudicare in poltrona”.
Insomma, più seduto di un podcast pubblicato su YouTube e meno interessante di altri programmi concorrenti, secondo Falcioni. A partire proprio da Piazzapulita di Corrado Formigli, che invece avrebbe scelto di seguire una linea completamente diversa: “[Lui] freme per un possibile ritorno al ruolo di inviato - ma anche dal resto delle produzioni non targate La7”. Cosa fa andare avanti il talk show di La7, il fu Ballarò a volerla dire tutta, prima della diaspora nella tv di Cairo? Le liti e gli scontri “che vengono strategicamente costruiti. Sia chiaro, nessuna scenetta pianificata a tavolino, bensì la costante pratica della benzina messa il più vicino possibile al fuoco nella speranza che prima o poi l’incendio prenda vita”. Facili polarizzazioni (fascisti/antifascisti, filoisraeliani/filopalestinesi e così via) stemperate sulla carta dalla presenza di qualche vecchiardo da prendere come saggio super da applaudire, non da ultimo i due nuovi protagonisti di punta (ma di certo non nuovi alle telecamere), Michele Santoro e Pierluigi Bersani. Per Falcioni la diagnosi è chiara: Questa pratica “finora regala ascolti e rende il programma di Floris il talk politico di prima serata più visto. Merito di una riconoscibilità che il giornalista romano ha saputo maturare in oltre ventidue anni di programmazione stabile al martedì”. Ma “resta tuttavia il rammarico per una trasmissione che si rifiuta di misurare la reale temperatura del Paese”. Paese che, incredibilmente, continua a vedere un programma che restituisce un riflesso sempre più sfocato, quasi trasparente, o forse nullo.