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Marco Giusti: “Chiudere Stracult? Un atto repressivo della Rai”

  • di Massimiliano Macaluso Massimiliano Macaluso

6 dicembre 2020

Marco Giusti: “Chiudere Stracult? Un atto repressivo della Rai”
Il critico cinematografico e autore televisivo, nell'intervista di Mow si scaglia contro la tv pubblica, rea di aver chiuso il suo programma: "Non c’è tanta gente che ha le mie competenze, manca una figura del genere, con il mio addio si perde un capitale di conoscenze e rapporti, un pezzo importante per lo spettacolo italiano"

di Massimiliano Macaluso Massimiliano Macaluso

Marco Giusti non è un personaggio che ha bisogno di biglietti da visita: in Rai dal 1978, è stato capace di inventare programmi che hanno fatto la storia della tv italiana come Blob ma soprattutto ha sempre rappresentato, soprattutto per la generazione precedente alla mia, fresco trentunenne, uno degli intellettuali di riferimento nel mondo del cinema e dello spettacolo, nonché uno dei critici più brillanti. Della Rai è stato una colonna portante fino a pochi giorni fa, quando un po’ a sorpresa - sarebbe comunque andato in pensione - ha condotto per l’ultima volta Stracult, a tutti gli effetti un’altra delle sue creature televisive di maggior successo. Nel periodo di massima estinzione dei programmi culturali, come è possibile che sia arrivata la chiusura anche di questa piccola e storica finestra così piacevole? Il ‘taglio’ di una figura così preziosa è arrivato per colpa degli ascolti oppure c’è dell’altro? Abbiamo deciso di contattarlo per qualche domanda. 

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Prima di tutto però vorrei partire dall’appello video di Scarlett Johansson che ha chiesto su YouTube la scarcerazione di Patrick Zaky e degli altri quattro attivisti detenuti nelle carceri egiziane. Ma gli attori italiani in tutto ciò?

Ma perché lo chiedete proprio a me? (Ride). Secondo me non ci hanno proprio pensato, ma non è una questione di cattiveria o poca sensibilità, tutto qua. Credo invece che molti attori, penso ad Alessandro Borghi, in passato si siano interessati a casi come quello di Stefano Cucchi o Giulio Regeni.

Era una piccola provocazione sul valore umano e sulla coscienza degli attori italiani di oggi, lontano dalle cineprese.

Spesso gli attori sono un po’ ‘bambini’ e vanno indirizzati, non è come accadeva con Volontè ai tempi del Vietnam o del ‘68. Penso invece che Anna Foglietta, Valerio Mastandrea ed Elio Germano, sono sempre in prima linea e lo hanno dimostrato in tante occasioni.

Andiamo di fretta perchè Giusti sta traslocando e allora passiamo subito al tema Stracult: sono passati un po’ di giorni dall’ultima puntata (il 23 novembre scorso), è riuscito a rielaborare la fine del programma? Ci sono delle novità a riguardo?

No, non si è scoperto nulla, soltanto che non sono utile a questa rete (Rai 2), inoltre ero già in uscita a causa del mio contratto, vedremo il prossimo anno se ci sono i margini per andare altrove, non credo su questa rete.

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Si sente per certi versi ‘liberato’ da questa separazione o invece è consapevole di quanto la televisione di oggi avesse ancora bisogno di lei, e di un programma del genere?

Credo che ci sia sempre bisogno di un programma sulla memoria collettiva e su quella popolare, sulle novità, sulle mode e sulle tendenze, ma soprattutto c’è sempre bisogno di programmi indipendenti. In generale, e non parlo solo di Stracult, chiudere una voce indipendente non è un’azione proprio interessante, anzi, ma repressiva. Per quanto riguarda me, io sarei andato comunque in pensione, il mio percorso in Rai l’ho fatto. Se penso però che hanno tolto il mio nome da Blob e che invece me ne vado da qui senza dire niente, non posso essere contento.

Però ha lasciato un’eredità dentro ognuno di noi affezionati al programma.

Sono fiero di avere smosso qualcosa, però c’ho ancora tempo a disposizione e vedremo. Io ho lottato sempre, in questi vent’anni ho avuto tanti direttori completamente diversi, ho sempre cercato di andare avanti mettendo idee, persone e format nuovi, me la sono sempre cavata. In questo caso non posso dire di essere stato fortunato, forse ha influito anche il Covid. Ma sono convinto che le cose si fanno in piena indipendenza o non si fanno, quindi forse meglio così.

Dalle sue parole mi sembra di capire che c’è la volontà di continuare a fare qualcosa.

Non lo so, ho anche la mia età, 67 anni, non sono più né un ragazzino né Bruno Vespa che sta lì fino a cent’anni, penso non sia neanche giusto. Però realmente non c’è tanta gente che ha le mie competenze, manca una figura del genere, con il mio addio si perde un capitale di conoscenze e rapporti, un pezzo importante per lo spettacolo italiano.

In mano a chi lascia la tv italiana?

Io guardo soltanto i film i tg e qualche talk politico. Purtroppo, non ci sono i programmi che si vedevano un tempo, ma forse pure perché stiamo invecchiando. X Factor vale gli show del sabato sera.

Ultima domanda: il meglio che ha visto nel 2020?

La serie di Luca Guadagnino, ‘We Are Who We Are’.

 

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