Sarà capitato anche a voi, immagino. Eravate lì a organizzare un qualche evento quando avete deciso di pubblicizzarlo su Facebook, uso il passato e non credo sia necessario spiegare perché. Scegliete la foto giusta, il claim accattivante, e poi invitate i vostri contatti a prendervi parte. Tempo qualche minuto e cominciano a arrivare le prime adesioni. Passa qualche ora e già si profila qualcosa di stratosferico, roba che “San Siro levati”. Da qui al fare un post che cominci con “piccola storia triste” e prosegua con un resoconto tra il comico e l’incaz*oso di un evento cui ha preso parte giusto qualche parente stretto, un paio di amici e uno che passava di lì per caso, è un attimo. Nei social, in fondo, funziona così. Facile mettere un “Like” o un “Parteciperò”. Diverso è applicare lo stesso entusiasmo alla vita vissuta, cioè togliersi tuta da ginnastica e ciabatte, vestirsi, uscire di casa, prendere la macchia - se si è green, un mezzo pubblico - e arrivare in un posto e prendere parte a qualcosa. Più facile mettere un “Like” o un “Parteciperò”, è evidente. Succede anche coi plebisciti, gli entusiasmi folli e di massa, le unanimità. Qualcuno comincia a diventare popolare, o ritorna a essere popolare, e nel giro di poco tempo passa da ipotesi a dato di fatto, viralità la parola chiave. Questa la doverosa premessa.
Cui segue una seconda premessa, un anno fa Loretta Goggi è tornata con un programma dal titolo Benedetta primavera. Nome simpatico, che faceva chiaro riferimento a Maledetta primavera, brano che a suo dire avrebbe meritato la vittoria a Sanremo, l’anno in cui invece vinse Alice con la Per Elisa scritta per lei da Franco Battiato. Di simpatico, trattandosi di Loretta Goggi, nel programma c’era poco altro, sicuramente non la sua conduzione. E neanche l’ospitata di Chiara Francini, oggettivamente uno dei più grandi misteri del mondo dello spettacolo tutto. Le due, insieme, hanno parlato di Sanremo, la Francini, a proposito di Sanremo, aveva co-condotto da poco una serata del Festival di Sanremo, l’Amadeus IV. Parlandone hanno ridacchiato malamente di un Festival del passato, per la precisione quello del 2004, condotto da Simona Ventura, direttore artistico Tony Renis, divenuto famoso per essere stato il Festival senza major. Le risate si sono concentrate sul secondo classificato, tale Mario Rosini, a vincere, ricordiamolo, fu Marco Masini con L’uomo volante, di ritorno dopo la pausa autoimposta per denunciare le malelingue. “Ma chi mai sarà questo Mario Rosini?”, si sono chieste le due simpatiche starlette. Ma che fine avrà fatto, con tanto di battute sul fatto che se uno è sconosciuto non va a Sanremo, ma a Castrocaro. “Benvenute nel 2023”, avrebbero dovuto mettere come sottopancia. Ovviamente la cosa non è passata inosservata e ai tempi c’è stato un piccolo movimento di sdegno di chi, addetto ai lavori o semplice appassionato di musica, non ha mancato si sottolineare come Mario Rosini sia vivo e vegeto e soprattutto sia ancora attivo, semplicemente lontano da quei palcoscenici lì, così attenzionati. Quindi niente più Sanremo, dove era approdato indubbiamente perché il 2004 era un anno anomalo, senza i soliti giochetti delle major, lontane da lì per protesta, perché ritenevano troppo bassi i rimborsi da parte della RAI e niente più televisione, radio, grandi palcoscenici. Si è concentrato sulla sua prima passione, il jazz, insegnando al conservatorio di Matera, lui è di Gioia del Colle, provincia di Bari, facendo concerti, col rispetto della critica e di un pubblico che, con buona probabilità, si tiene alla larga da programmi di cassetta come Benedetta Primavera.
Tutto molto bello. Qualcuno fa del bullismo in Tv e subito scatta la controffensiva, che sottolinea come non esista solo la Tv, vivaddio, ma anche tanto altro, e che in quel tanto altro si trovino artisti di tutto rispetto, cosa che non sempre in Tv capita di incontrare. Poi però succede qualcosa. Non sappiamo cosa, magari un giorno arriverà qualcuno che ce lo spiegherà. Perché incurante delle tante lusinghe portate a casa in quell’occasione, o forse spinto proprio da quelle lusinghe, vallo a sapere, Mario Rosini si presenta alle audizioni di The Voice Senior, il talent condotto da Antonella Clerici e con Gigi D’Alessio, Arisa, Clementino e Loredana Bertè come coach. Che The Voice Senior sia il solo talent che funzioni già lo abbiamo detto, lo sapete se lo avete seguito o magari anche solo per sentito dire. Qui non ci sono solo le voci - e spesso che voci - ma anche le storie di vita vissuta, cosa che spesso negli altri talent diventa pura paraculata pietistica. Mario incanta, sin dalle audizioni, finisce nella squadra di Arisa e comincia a raccogliere consensi su consensi. Tutti pensano sarà lui a vincere, se ne comincia a parlare come di qualcuno che una volta tornato, non si sa bene da dove, non potrà che rimanere e rimanere a lungo. Riesce addirittura nell’impresa davvero impossibile di rendere ascoltabile il repertorio di Laura Pausini, roba che in effetti ce lo dovrebbe far guardare con la stessa ammirazione che si riserva ai grandissimi. Sui social se ne fa un gran parlare, non di questa cosa della Pausini, sia chiaro, ma di lui, di Mario Rosini. C’è chi lo vorrebbe prossimamente a Sanremo, chi si augura di un suo ritorno sul mercato, chi lo indica come probabile successore al colle una volta che Mattarella andrà in pensione. Arriva la finale, dopo la pausa di Pasqua, e, a sorpresa, vince la casalinga sarda Diana Puddu, del team di Gigi D’Alessio, che altrettanto all’unanimità, è il vero mattatore di questa edizione, al punto che molti lo vorrebbero, credo a ragione, alla conduzione del Festival di Sanremo. Se dico che ha vinto la casalinga sarda Diana Puddu non lo dico a caso, ma perché così è stata presentata Diana Puddu, la vincitrice, e il fatto di essere una casalinga, l’essere sardo credo sia in questo minoritario, ha decisamente contribuito a farne un personaggio, una grande voce che mai ha sfiorato il sistema, fin qui. Lui, Mario Rosini, il vincitore annunciato, il papa che esce cardinale, è arrivato secondo, nonostante una interpretazione mirabile di Ho amato tutto di Tosca, nonostante il duetto con Arisa, nonostante la gente, sui social, abbia continuato quasi tutta a fare il tifo per lui, anche dopo la proclamazione finale.
A leggere i commenti, lo si legga senza ironia, uno si potrebbe aspettare l’annuncio di un prossimo tour negli stadi, tutti lì a osannarlo, anche se, come Gigi D’Alessio non ha mancato di sottolineare, in qualche modo difendendo il suo amico Geolier, lì non c’era la sala stampa, come al Festival, e chi ha decretato la vittoria finale è stato solo il pubblico a casa. Pubblico decisamente influenzato da lui, Gigi, molto amato, ma che a discapito di quanto dichiarato sui social, poi non ha incoronato Mario Rosini. Ora, lasciamo la vittoria finale a Diana Puddu, per dirla come la Ventura di X Factor, il popolo sovrano ha deciso così, resta il lodo Mario Rosini. Mi spiego, non mi interessa tanto capire cosa sia successo lì, a The Voice Senior 2024, quanto piuttosto capire cosa è successo a lui, personalmente. Non era quindi un artista di prima grandezza che, passato quasi per caso a Sanremo 2004 con la canzone Sei la mia vita, con cui si è piazzato secondo dietro Masini (per la cronaca, stessa sorte capitata a Loretta Goggi con Maledetta primavera, seconda dietro Per Elisa, appunto), aveva deciso di applicarsi al jazz, volendo un po’ anche al soul, pianista sopraffino, grande cantante, comunque rifuggendo i riflettori? Non era quindi vera la storiella su un mondo che esiste anche lontano dai riflettori, dalla Tv usa e getta, dalle Lorette Goggi e le Chiare Francini ridanciane, dalle classifiche e da tutto il carrozzone? Perché o è vera quella storia lì, e allora non si spiega il perché di un ritorno a The Voice Senior, ancora una volta con un secondo posto, peraltro, alla Toto Cutugno, oppure forse sorridere del fatto che uno che è arrivato a Sanremo e non abbia lasciato traccia di sé sia quantomeno anomalo, se non addirittura buffo. Altro discorso, e torniamo all’incipit, ma tutti questi grandi sostenitori e estimatori di Mario Rosini, quelli che lo hanno difeso ai tempi di Benedetta Primavera e che nelle scorse settimane non facevano che parlare di lui sui social, due spicci per votarlo in finale non ce li avevano? O era esattamente come mettere un “Like” a un post social o un “Parteciperò” a un evento su Facebook? Tanto poi si resta in casa in tuta da ginnastica e ciabatte, e buonanotte, davvero, ai suonatori. Da romantici d’antan ci viene da fare il tifo per una sorta di sbandata, lui, Mario Rosini, che di colpo abbia sentito una momentanea nostalgia delle luci della ribalta, e come succede in certe storie da film quando due che si sono molto amati da giovani si incontrano da adulti, ognuno con la propria vita, ecco che scocca di nuovo la scintilla, la passione, poi di nuovo a portare i figli a scuola, a fare le vacanze con i cognati. Questo a fronte di un talento indubbio, chiarissimo, che però, diciamocelo apertamente, col mercato di oggi ha le stesse possibilità che ha una medusa che qualche bambino abbia impunemente lasciato a asciugare sul lungomare, sopra un sasso.