Una delle più talentuose stand-up comedian italiane lancia la sfida allo Zoo di 105 “sulle menzogne e sui dissing verso Parma”. In particolare al collega Valerio Airò Rochelmeyer, che dai microfoni della trasmissione più ascoltata in Italia da qualche tempo diffonde furiosi dissing contro il “ducali” per la presunta appropriazione indebita dei prodotti tipici dei cugini piacentini. Ma a parte gli scherzi, Martina Catuzzi, classe 1987, monologhista fissa di Radio2 Social Club con Luca Barbarossa e Andrea Perroni, rappresenta la nuova generazione dei comici che si stanno facendo largo e l’abbiamo intervistata per farci raccontare com’è cambiato il mestiere nell’epoca della “suscettibilità”, cioè in un tempo nel quale sui social la gente “si offende per qualsiasi cosa”. Ci ha raccontato i suoi esordi, del perché aspira ad essere una “Leonessa” e come mai Silvio Berlusconi è il politico che più di ogni altro ha messo in crisi tutti i comici in circolazione.
Martina, innanzitutto da piacentino che intervista una parmigiana non posso che farti un test: gli anolini sono di Piacenza o di Parma?
Allora se dobbiamo iniziare con le provocazioni la chiudiamo subito qui! Gli anolini, da noi anche chiamati cappelletti, sono un piatto tipico parmigiano. Cari piacentini fatevene una ragione e basta con questa appropriazione culturale!
Meno male che Valerio Airò Rochelmeyer sta facendo una campagna contro le vostre “fake news” allo Zooo di 105 sul Parmigiano Reggiano che ha origini piacentine. Cosa gli risponderesti?
Valerio mente sapendo di mentire per l’hype! Ti rendi conto che Airò Rochelmeyer sta facendo una carriera fondata sulle menzogne e sui dissing verso Parma? Purtroppo ci vogliamo molto bene e questo mi frena dall’aspettarlo fuori dagli studi dello Zoo di 105 per menarlo con una pentola. Pentola che poi uso per cuocere gli anolini parmigiani!
Vabbè, siete sempre i soliti. Andiamo oltre. Quando hai scoperto la vena comica?
Ho sempre avuto una visione molto cinica della vita. Nell’approccio e nel commentarla. E questo fa ridere chi mi sta intorno, da sempre. Per divertimento ho iniziato a scrivere un blog di racconti grotteschi e molto amari che in poco tempo ha iniziato ad avere un buon seguito. Quei racconti poi sono diventati monologhi fatti da me sul palco. Mi sentivo espressa a metà a scrivere solamente e poi volevo provare a pagarmici le cose. Per ora mi ci pago solo cose in saldo ma spero di fare sempre meglio.
La comicità è frutto di una sofferenza diretta, vissuta” ha detto Paolo Villaggio. È così anche per te?
I pensieri di Villaggio sono dei capolavori. È difficile non ritrovarsi in quello che dice. Quindi sì. Forse più che un discorso di sofferenze nascoste però è un discorso di approccio generale alla vita. Di sensibilità. Quella causa le sofferenze e la comicità è il modo che ha il comico di metabolizzarle. Però se ti confessavo una sofferenza nascosta magari diventavo famosa... adesso va così di moda sbandierare i drammi. Me la sono giocata malissimo.
La data di nascita, o della sua diffusione al grande pubblico, della stand-up comedy in Italia è all’incirca verso il 2009 quando Filippo Giardina, Giorgio Montanini e altri fondano Satiriasi. Come hai vissuto quella stagione, ti ha ispirato?
Bellissimo! C’erano un sacco di comici che litigavano tra di loro per cosa fosse stand up o meno. Sicuramente quel periodo è stato fonte di ispirazione per tutti. Qualche anno dopo ho anche aperto una serata a Montanini, a Parma, nella mia città. Fece un grande spettacolo.
Quali sono i comici o gli stand-up comedian ai quali ti sei ispirata, italiani o stranieri?
Da piccola più che sketch comici mi piaceva guardare le commedie italiane. Verdone, Troisi, Benigni… Una delle prime cose americane che ho visto su youtube e che mi hanno divertito è stata una performance di Lisa Lampanelli che insultava pesantemente il pubblico.
Che caratteristica deve per forza avere un comico che vuole distinguersi dagli altri?
Non avere paura di osare. Ma è anche la cosa più difficile.
Giorgio Montanini ha più volte detto: “La stand up comedy in Italia sono io”. Definendosi anche Re Giorgio I. Martina intende spodestarlo?
Io voglio essere “Leonessa Martina”. Oggi si usa molto questo termine per le donne. Ogni volta che una donna fa una cosa, anche normalissima, le si dà il premietto con l’appellativo “Leonessa”. A me fa ridere. Chiamatemi “Leonessa” così non spodesto nessuno e siamo tutti contenti.
Con l’avvento del politicamente corretto quali sono i limiti che hai riscontrato?
Ho riscontrato tanta confusione. Come sempre da dei discorsi anche sensati poi c’è chi esagera e diventa ridicolo. Quelli danneggiano le cause stesse che combattono. A me piace prenderli in giro. Quindi più che vederli come un limite, cerco di sfruttarli a mio favore.
Come dice qualcuno, in Italia su certi temi vige ancora la censura. Secondo te è così?
Sì ma il tema principale rimane sempre non dare fastidio al potente di turno.
Siamo nell’epoca della “suscettibilità”, hai mai avuto problemi con qualcuno che si è offeso, magari tramite social?
Sì, certo. Si offendono per qualsiasi cosa. Una volta ho riso perché in radio ho fatto una battuta sulla scarsa intelligenza delle pecore. In diversi mi hanno scritto di chiedere scusa alle pecore. Lì ho rivalutato le pecore.
È vero che le donne sono più permalose degli uomini rispetto alle critiche?
Le critiche danno fastidio a tutti. In genere la donna si offende se le dicono che è grassa e l’uomo si offende se gli dicono che ha il pene piccolo. La differenza è solo in base a come abbiamo impostato la società.
Hai degli haters?
Ancora in un numero abbastanza piccolo da potermi permettere, se mi va, anche di rispondergli. Questi sono i vantaggi di non essere troppo famosi.
Se ti definiscono influencer come reagisci?
Nessuno mi ha mai definito così. Reagirei bene se mi regalassero le cose come fanno con loro. Ma a me nessuno mi regala niente. Quand’è che mi regalate le cose anche a me? Sarebbe anche ora.
Alcuni stand-up comedian, soprattutto all’inizio della carriera in piccoli locali o nelle feste di paese, hanno raccontato di aver preso le botte, ricevuto insulti o di essere stati cacciati prima della fine dellospettacolo. A te è mai capitato qualcosa del genere?
Che immaginario pulp… Perché non ci sono mai quando succedono queste cose!? A me il massimo che è capitato è una signora anziana in prima fila che dopo una mia battuta, si è lamentata dicendo ad alta voce “Ma veramente ha detto puttana?” E tra l’altro non l’avevo detto… Era sorda la signora.
Esistono dei tabù anche per una stand-up comedian o, in fondo, si può parlare di tutto?
Si può parlare di tutto, certo. Ogni comico poi mette i suoi limiti a seconda della propria sensibilità.
Io cerco di offendere più o meno tutti per non fare torti a nessuno.
Con la politica come ti relazioni? È un argomento che preferisci non affrontare, oppure non hai problemi?
Diciamo che non mi va di trattare con superficialità temi in cui non mi sento sufficientemente preparata. Ci sono alcuni temi politici che andrebbero studiati bene prima di poterne parlare e io colpevolmente, lo riconosco, non lo faccio.
Ti senti rappresentata dalla politica di oggi?
Anche senza studiare, come ti dicevo prima, vedo tante cose che non funzionano. Per cui è palese che si potrebbe fare di meglio.
Chi sono i politici più comici, quelli che vi “rubano il lavoro”?
Le barzellette di Berlusconi sono imbattibili. Quello sì che era vero politicamente scorretto: body shaming, sessismo… Mai un tentennamento a riguardo. Un esempio di coraggio e strafottenza. Il Lenny Bruce dei politici.
Tra le tante cose, sei monologhista fissa a Radio2 Social Club con Luca Barbarossa e Andrea Perroni. Cosa ti hanno insegnato due partner come loro?
Luca mi ha insegnato ad affinare gli insulti perché si presta benissimo! Andrea è un comico, quindi è uno stimolo. Non è mai facile fare i pezzi davanti ad altri comici perché sanno meglio di te come come funziona il gioco. Però spesso lo tiro in mezzo. Gli attribuisco battute brutte che non ha mai detto. In pratica ogni mattina vado là a rovinare la reputazione dei conduttori.
Martina Catuzzi come si vede fra 10 anni?
Uguale ad adesso, solo più incazzata e completamente rifatta.