La pubblicazione dei leak del Pentagono sulla guerra in Ucraina solleva una serie di interrogativi. Secondo il Washington Post, il 21enne Jack Teixeira, il presunto autore di questa fuga di informazioni riservate dell’intelligence Usa, dovrà rispondere di detenzione e trasmissione non autorizzata di informazioni di difesa nazionale, nonché di pubblicazione di informazioni classificate e materiale di Difesa. Rischia fino a 20 anni di carcere. Il portavoce della sicurezza nazionale della Casa Bianca, John Kirby, ha spiegato che si tratta di «documenti e informazioni che non sono di dominio pubblico», ha detto alla stampa in un briefing, rifiutandosi di confermare o meno l’autenticità delle informazioni.
Per mesi, l'amministrazione Biden, così come i nostri guerrafondai con l’elmetto in testa, hanno sbeffeggiato i cosiddetti «pacifisti», accusandoli di essere dei “putiniani” e spiegando che «il modo migliore per accelerare le prospettive di una vera risoluzione diplomatica è quella dei continuare a fare sì che il campo di battaglia dia ragione agli ucraini». I russi - benché siano innegabili gli evidenti errori strategici commessi dall’esercito di Putin e le sconfitte subite sul campo - sono stati descritti come disorganizzati e sostanzialmente allo sbando rispetto all’efficienza dell’esercito di Kiev sostenuto da Usa e Nato. Addirittura di combattere gli ucraini con le pale o altre amenità. I documenti trapelati ci offrono una realtà molto diversa dalla martellante e incessante propaganda occidentale. Gli ucraini, secondo la stampa mainstream, avrebbero infatti dovuto condurre una vittoriosa controffensiva primaverile che avrebbe finalmente portato alla sconfitta dei russi.
Come nota il giornalista investigativo Aaron Maté, tuttavia, in un documento trapelato dall'inizio di febbraio, i funzionari dell'intelligence statunitense riconoscono che l'esercito ucraino probabilmente non raggiungerà il suo obiettivo di riconquistare il territorio perduto ora controllato dall’esercito nemico. Le difese aeree russe, afferma il documento, insieme a «persistenti carenze ucraine nell'addestramento e nelle forniture di munizioni», molto probabilmente renderanno difficoltosa, se non impossibile, una controffensiva vincente da parte di Kiev. Il documento è veritiero o è stato modificato per venire incontro alla narrazione russa? La risposta a questo legittimo dubbio ce la fornisce il Washington Post, secondo il quale un rapporto analogo redatto dal National Intelligence Council propone uno scenario simile. Nel frattempo, sulle reali perdite ucraine sul campo di battaglia, si continua (volutamente) a non fare chiarezza. Il New York Times a tal proposito rivela che, nella sua strenua difesa di Bakhmut, «l’esercito ucraino ha dispiegato molti soldati che aveva sperato di tenere in riserva per una controffensiva prevista nelle prossime settimane o mesi, ma le sue forze hanno subito pesanti perdite». Queste rivelazioni sull’esercito ucraino, «offrono una nuova conferma che l'amministrazione Biden ha alimentato la guerra per procura dell'Ucraina nonostante sapesse che avrebbe prodotto pochi guadagni sul campo di battaglia» nota sempre Aaron Maté.
C’è poi l’enigma legato al 21enne Jack Teixeira, un aviatore della Guardia nazionale aerea del Massachusetts che aveva l’accesso a documenti top-secret e che presumibilmente ha iniziato a divulgare informazioni online intorno a dicembre. Il pasticcio dell’amministrazione Biden sulla fuga di notizie ha spinto anche diversi esponenti del Partito democratico a criticare la Casa Bianca. «Ho molte domande sul perché questi documenti sono stati divulgati e perché questa persona, in particolare, ha avuto accesso a questa documentazione» ha sottolineato la senatrice democratica Kirsten Gillibrand, in aperta polemica con Biden.
Ma c’è soprattutto una grandissima ipocrisia di fondo, come nota il celebre giornalista Glenn Greenwald: «Quotidianamente si possono trovare fughe di notizie autorizzate sul New York Times, sul Washington Post, sulla CNN e su NBC News: vale a dire storie travestite da fughe di notizie da fonti anonime che, in realtà, non sono altro che messaggi che CIA, FBI, Homeland Security e il Pentagono hanno incaricato a queste compiacenti corporazioni dei media di divulgare. Quando ciò accade, il leaker non viene mai trovato o punito». Ma quando si tratta di fughe di notizie non autorizzate, «che si traducono nella divulgazione di prove segrete che dimostrano che lo Stato di sicurezza degli Stati Uniti ha mentito, agito in modo corrotto o ha infranto le leggi, è allora che tutto il peso del potere dell'establishment si abbatte sulla testa del leaker». In questo sulla testa di un povero 21enne, capro espiatorio perfetto che i media Usa hanno persino incoraggiato a scovare e a punire. Ma i media non erano i cani da guardia del potere? Forse lo erano con Donald Trump, ma di certo non lo sono con Joe Biden.