Ciao, amico Ciao. L’iconico ciclomotore che ha accompagnato tanti adolescenti in giro per le città, i sabato sera, o nelle gite fuori porta, sta uscendo di scena. “Nel gruppo i problemi di uno si risolvono insieme/ Ciao avvicina”. Recitava così una pubblicità del ’69. Ma le cose stanno cambiando. Sono quei tempi ad essersi allontanati. Così anche la vendita di Ciao è ormai in calo. Si parla di un crollo del 17,30% rispetto all’anno scorso, già poco fortunato per il Cinquantino, che arrivò a 21.245 unità vendute, diecimila in meno rispetto al 2013, l’ultimo anno di effettivo “successo” dopo il 2000, che segno il punto di svolta (in negativo) per uno dei protagonisti indiscussi degli anni Settanta. Il primo modello uscì l’11 ottobre del 1967, in occasione della Fiera del mare di Genova e commercializzato per la prima volta nel 1968, l’anno in cui la vendita del Ciao esplose letteralmente.
Molte le somiglianze con la Vespa 50. L’idea del motore coperto, per esempio, silenzioso, e l’enorme praticità, tanto da diventare un modello adatto a tutti, ragazze e ragazzi. Fu indubbiamente uno dei più grandi successi di Piaggio sotto la guida di Umberto Agnelli. Avrà così tanto successo da diventare, al pari di un frigorifero o di una televisione, un acquisto familiare. Acquisto che si estenderà nel corso degli anni e arriva negli Ottanta alla cifra record di 815mila unità vendute. Ma per molti, purtroppo, non sembrerà molto più che un oggetto passato di moda menzionato a volte dai propri genitori, ma fin troppo simile a una bicicletta per poter competere davvero con quello che il mercato ha da offrire oggi. Una sensazione che iniziò a presentarsi già a partire dal 1990, quando le vendite rispetto agli anni precedenti dimezzarono, fino a crollare nel corso nel nuovo Millennio arrivando a cifre irrisorie che devono far male a tutti gli appassionati di questo mezzo fuori tempo massimo, salvo la volontà di qualcuno, come l’azienda toscana Ambra Italia, che sta pensando di “elettrificare” il Cinquantino, sperando di rilanciare la moda. Ma è davvero possibile?