Il principale vantaggio di essere belli è che l’interlocutore, magari inconsciamente, tende ad abbassare l’asticella. Inutile essere ipocriti: la bellezza mette soggezione, allarga le maglie del giudizio, attira su di sé la benevolenza dello sguardo. Prendiamo Massimo Recalcati: in tv gli si perdona abbastanza, a teatro molto, in una cena tête-à-tête probabilmente tutto. Peccato che lo psicanalista “tra i più noti in Italia” (citiamo dalla biografia disponibile sul libro: interessante l’idea della notorietà promossa a unico metro di giudizio, non per un influencer ma per un professore universitario) scelga la pagina per proporre una raccolta di scritti - “A pugni chiusi” per Feltrinelli – ognuno dedicato ad un tema d’attualità.
Il problema è che senza i chiaroscuri, la musica in sottofondo, e soprattutto la barba tagliata a forbice, il pensiero di Recalcati si rivela drammaticamente nella sua essenza. La tolleranza ispirata dall’estetica svanisce: ci troviamo davanti a una raccolta di pensierini, talmente elementari che probabilmente farebbero far brutta figura anche a uno studente alla disperata ricerca di spunti durante il tema di Maturità.
Il filosofo israeliano Yuval Noah Harari ha tentato anni fa un’operazione simile, con “21 lezioni per il 21esimo secolo” – e non è escluso che qualcuno, in Feltrinelli, abbia pensato proprio a quel riferimento nel pubblicare “A pugni chiusi”. Ci sono, però, due differenze fondamentali. La prima, secondaria: quelli di Recalcati non sono interventi inediti, si tratta della ripubblicazione di suoi articoli usciti nel corso degli anni sui quotidiani (alcuni, tra l’altro, sono piuttosto vecchiotti tanto da non risultare nemmeno attuali). La seconda, decisiva: laddove Harari, almeno nelle pagine più riuscite, scrive per sorprendere il lettore, per sfidarlo nelle sue credenze, Recalcati scrive esclusivamente per rassicurarlo, per farlo sentire dalla parte giusta della Storia. Harari, insomma, si rivolge a (quasi) tutti; Recalcati invece ha in mente un pubblico preciso e solo a lui si rivolge, quello che una volta si chiamava “ceto medio riflessivo” e che oggi può essere definito come coloro che ridono alle battute di Luciana Littizzetto.
Ma facciamo alcuni esempi. Parlando di giovani, Recalcati dice che il loro problema è essere “esposti a un bombardamento continuo di stimolazioni” ma senza l’educazione che veniva garantita loro un tempo attraverso “l’autorità della tradizione”. Le nuove masse giovanili sono “private del cemento dell’ideologia” in un tempo dove “l’ideale è divenuto carta straccia”. Lasciando perdere gli arabeschi della prosa, siamo davanti a una collezione di frasi condivisibili quanto uno sbadiglio, le stesse che potreste ascoltare prima e dopo un consiglio di classe quando i genitori concionano tra di loro.
E che dire del Covid definito “evento straordinariamente potente nel provocare angoscia insieme a un profondo senso di impotenza”? Bisogna veramente conoscere Lacan come le proprie tasche per giungere a una simile, rivoluzionaria conclusione. E la sviolinata a Mario Draghi “erede del carisma e della funzione simbolica di Berlinguer”? Tra l’altro, immaginiamo la gioia di Berlinguer, nell’aldilà, nel sentirsi paragonato a un banchiere. E l’accusa al grillismo per aver creato – cito letteralmente – “un clima barbaro”? E poteva forse mancare un accenno al grande classico, il ritorno del fascismo, l’unico argomento usato dal ceto medio riflessivo negli ultimi dieci anni contro la destra, talmente efficace da aver avuto come unico effetto quello di averci regalato Ignazio La Russa come seconda carica dello Stato? Certo che no, e così lo psicanalista-massaggiatore si lancia in svariati predicozzi catechizzanti, come se il popolo-bue non aspettasse altro che farsi una story su Instagram con in testa un fez, dopo aver scaraventato dalla finestra l’iPhone per lanciarsi in una nuova battaglia del grano.
Lascia stupefatti osservare come su una cinquantina di interventi, concepiti tra il 2011 e oggi, non ci sia mai stata una volta, una sola volta, in cui il pensiero di Recalcati non si sia sintonizzato con quello del suo partito politico di riferimento, come se invece che da un cervello senziente ogni testo fosse stato elaborato da un generatore automatico di pensieri, formattato in modo da poter concepire solo una versione della realtà, con l’aggiunta un Lacan un tanto al kilo, un Freud Q.B., un cucchiaio raso di Nietzsche.
Sulla guerra in Ucraina se la prende coi pacifisti; Trump è il male assoluto; Mattarella “un simbolo per le nuove generazioni”; Zelenskij un leader illuminato armato solo “della forza della nuda fede”. E poi le tirate contro Putin “il dittatore” e il patriarcato, quelle a difesa della meritocrazia, della scuola pubblica, delle donne. Tutto giusto, tutto condivisibile, come quei condomini anziani che incontri in ascensore quando fa caldo e ti dicono “che caldo” e poi sei mesi dopo li incontri quando fa freddo e ti dicono “che freddo”: ecco, Recalcati in forma scritta fa quell’effetto lì, solo che invece di dirtelo gratuitamente in un ascensore te lo dice in un libro.
Mi permetto allora un consiglio commerciale all’editore: 20 euro per una raccolta cartacea di vecchi articoli, basati su tesi ascoltate migliaia di volte, mi sembrano un po’ troppi; forse conviene far uscire l’audiolibro e pubblicizzarlo come alternativa sicura alla melatonina, perché il potenziale di “A pugni chiusi” come ninna nanna per democratici adulti insonni pare invece notevole.
In conclusione, però, vorrei cogliere l’occasione per rivolgermi direttamente a lui, allo psicanalista Massimo Recalcati. Devo confessarle che leggendo il suo libro ho sperimentato un forte episodio di dissociazione mentale: più percepivo la sua ansia di lisciare il pelo al suo pubblico (e ai suoi editori) di riferimento, di non dire nulla, neppure un aggettivo che potesse essere percepito come vagamente controverso, più mi è parso di tornare indietro nel tempo e di ritrovarmi adolescente, sul divano di casa dei miei a guardare un varietà condotto da Pippo Baudo. Il trauma è stato talmente intenso, professore, che ora i suoi lineamenti si sovrappongono nel mio inconscio a quelli del presentatore di Militello. Che significa questo, secondo lei? È grave? Pensa sia reversibile? Le sarei grata se potesse dirmi cosa ne pensa durante un consulto. Ovviamente dal vivo.