La situazione su P. Diddy è in continuo aggiornamento, ma tra le varie notizie che continuano a trapelare tra il limite del surrealismo e la realtà, e le classiche americanate sulle teorie del complotto, spiccano anche fatti e dichiarazioni molto concreti. Fino ad ora in molti hanno continuato a girarci intorno, ma ci siamo forse dimenticati dell'indiscusso King of Pop ovvero Michael Jackson? Direi proprio di no. Nonostante la sua morte sia un fatto apparentemente 'datato' (risale ogettivamente solo al 2009) e gli stessi processi passati su di lui lasciano ancora oggi dubbi e grandissime lacune a chi lo ama e chi lo odia, perchè almeno questo possiamo dirlo, per il pubblico e per il mondo sarà sempre “black or white” non un grande artista e basta, del resto non susciterebbe ancora tanto clamore. Ecco quindi che arriviamo ai giorni d'oggi con una particolare dichiarazione fatta senza troppi giri di parole durante il podcast “Brillant Idiots” portato avanti dal comico e podcaster Andrew Shulz insieme al radiofonico e noto provocatore Charlamagne aka 'Tha God' noto anche come Leonard Larry McKelvey. Proprio Charlamagne, personalità ormai nel meccanismo dei media americani, conosciuto per le sue interviste provocatorie e il suo approccio diretto alle questioni sociali e culturali, proprio qui in pieno flusso di coscienza con Shulz si espone sul re del pop nonostante non avessero effettivamente un rapporto stretto al momento della morte dell'artista. Tuttavia, Charlamagne ha spesso parlato di Michael Jackson nelle sue trasmissioni e ha espresso ammirazione per la sua musica e il suo impatto sulla cultura pop mondiale e qui in particolare, ha discusso delle controversie che circondavano Jackson e come queste abbiano influenzato la percezione pubblica dell'artista, incluse le infondate accuse di cui ancora oggi non si ha certezza. Entriamo nel vivo delle dichiarazioni in merito alla cospirazione che aleggia su Hollywood dopo l'arresto di P.Diddy: "Credo che ci sia solo una persona, a Hollywood, che la gente ha cospirato per far cadere", ha detto senza tentennare Charlamagne, e prosegue: “Sto parlando di una cospirazione di massa... Penso che ci sia una persona che hanno davvero fatto cadere perché aveva troppo potere e credo che quella persona fosse Michael Jackson". Inoltre Charlamagne sottolinea dettagliatamente come un uomo di colore ( perchè ricordiamoci che Michael Jackson non si è sbiancato nella candeggina ma era affetto da vitiligine ed era a tutti gli effetti afroamericano e fiero di esserlo come ha sempre dichiarato ) abbia acquisito un potere immenso nel controllare una parte significativa dell'industria musicale. In particolare fa riferimento al momento specifico in cui Sony ha acquisito la quota del 50% di Jackson in Sony ATV Music Publishing per 750 milioni di dollari nel 2016. Prosegue quindi così: "Credo che Michael Jackson avesse troppo potere nell'industria musicale, avesse troppo controllo sulla risorsa più preziosa della musica, che è l'editoria delle persone. E credo che abbiano dovuto farlo fuori per questo motivo, infangare il suo nome.... È l'unica persona a cui credo che abbiano effettivamente rovinato la reputazione e alla fine l'abbiano ucciso". Qui, torniamo anche ad alcuni argomenti trattati nei precedenti articoli della mia rubrica in merito all'importanza del diritto d'autore e in generale dei diritti connessi alla musica e agli stessi artisti
( che potete sempre recuperare ) e capiamo quanto Michael Jackson fosse avanti anni luce. A cosa si riferisce Charlamagne quando parla del potere del re del pop nella discografia e a quanto fosse scomodo?
Tutto ebbe inizio da una conversazione che ad oggi pare ai limiti della realtà tra Michael Jackson e Paul McCartney riguardante i diritti musicali, un momento cruciale e storico. McCartney, uno dei componenti e fondatori dei Beatles ( lo so pare assurdo ricordarlo, ma non si sa mai ), che era già consapevole del valore dei diritti d'autore, suggerì a Jackson di considerare l'acquisto dei diritti connessi delle canzoni e di aprirsi al mercato discografico non solo come artista ma come imprenditore. McCartney gli spiegò come possedere i diritti musicali potesse portare a entrate significative e a un maggiore controllo sulla propria musica. Questa conversazione come possiamo immaginare influenzò profondamente Jackson, che di certo non aveva ricevuto un consiglio dal primo sprovveduto, tanto da valutare l'acquisto di parte della Sony Music Publishing. Alla fine, spoiler, nel 1995, Jackson acquistò la società, acquisendo così i diritti su un ampio catalogo di canzoni, compresi i brani dei Beatles. Michael Jackson infatti ampliò il discorso iniziato con Paul McCartney con uno dei suoi più stretti collaboratori e amici, il produttore musicale Quincy Jones. Jones, che aveva già lavorato con il Re del Pop a progetti iconici come gli album "Off the Wall" e "Thriller", lo incoraggiò a considerare l'acquisto di diritti di pubblicazione musicale come una strategia per garantirsi un reddito a lungo termine e un paracadute per qualsiasi risvolto della sua carriera nonché vita privata stessa. L'acquisto delle edizioni musicali rappresentava un'opportunità per Jackson di acquisire i diritti su un ampio catalogo di canzoni, comprese opere di artisti come appunto i The Beatles, che erano molto ambiti. Questo investimento era visto come una mossa intelligente nel contesto dell'industria musicale, in quanto i diritti d'autore possono generare entrate significative e senza termine nel tempo e così Jackson si rese conto che possedere i diritti di pubblicazione avrebbe aumentato la sua influenza e la sua stabilità finanziaria (che inizierà a tracollare successivamente a qualche folle acuisto e ai problemi giudiziari). Di fatto Michael Jackson acquistò la Sony Music Publishing nel 1995 per circa 89 milioni di dollari influenzando per sempre il mercato musicale mondiale. Tuttavia, non venne a mancare un bel colpo di scena, nel corso degli anni, proprio lo stesso Jackson ebbe delle battaglie legali e pubbliche con la Sony. Uno dei principali motivi di conflitto fu la sua frustrazione per il modo in cui la sua musica e la sua immagine erano gestite dalla casa discografica e in particolare dopo l'uscita del suo album "Invincible" nel 2001, Jackson si sentì molto trascurato dalla Sony nella promozione dell'album, e questo lo portò a dichiarare pubblicamente la sua insoddisfazione.
Inoltre, ci furono tensioni legate ai diritti d'autore e alla gestione dello stesso catalogo musicale dell'artista. Jackson infine accusò la Sony di non supportarlo adeguatamente e di trattarlo ingiustamente rispetto ad altri artisti e di avere un pregiudizio nei suoi confronti, queste dispute contribuirono a un rapporto sempre più teso tra il re del pop e la casa discografica, culminando in una serie di accuse e critiche nei suoi confronti, tanto da portarlo a sfidare pubblicamente la stessa Sony e “prendenola in giro” con numerose proteste. In particolare nel 2002, Jackson accusò la Sony di razzismo e di sabotare la sua carriera. Queste dichiarazioni furono seguite da una serie di battaglie legali e pubbliche che durarono fino alla morte di Jackson nel 2009, e nonostante questo Sony continuò a gestire il suo catalogo musicale, ma le tensioni passate rimarranno per sempre un argomento di discussione tra i fan e gli esperti dell'industria. E come ritorniamo a P.Diddy e alla paura che avrebbe avuto lui (e non solo) tanto da far sospettare di essere parte del complotto per portare alla morte il Re del Pop? P. Diddy in quanto produttore e promotore di molti artisti dell'ambiente stretto della black music temeva Michael Jackson principalmente a causa della sua incredibile influenza e potere nell'industria musicale e al valore commerciale del suo catalogo Sony. La questione specifica della proprietà editoriale della Sony entrava in gioco poiché Jackson ne risultava uno dei maggiori investitori nel mondo e la sua capacità di controllare la musica e le royalties significava che chiunque volesse collaborare con lui o sfidarlo doveva tenere conto del suo potere nel settore. Diddy, come molti altri artisti, si trovava in una posizione in cui il successo commerciale e le collaborazioni potevano essere influenzati dalla presenza e dalle decisioni di Jackson. Inoltre, Diddy, come imprenditore musicale e fondatore di Bad Boy Records, si rese conto che l'abilità di Jackson di dominare e influenzare gli stessi artisti e il mercato musicale poteva limitare le sue opportunità. Ed ecco che il "timore" di Diddy nei confronti di Jackson era legato sia alla sua fama e influenza, sia alla dinamica di potere all'interno dell'industria musicale stessa che lui tentava di scalare. Concludiamo con una citazione dal brano “Tabloid Junkie” del re del pop che sembra scritta ieri e che potrebbe forse salvare molti personaggi intramontabili e scomodi come lui o anche condannare molti come Diddy e chi ne alimenta miti e leggende:
“Speculazioni per distruggere chi odiate, circolate le bugie che confiscate assassinate e mutilate, come isterici assillanti mass media, chi farete risorgere prossimamente? JFK smaskerò la CIA, che venga detta la verità. La collinetta erbosa, la storia del ricatto è diffamazione: dite che non è una spada ma con la penna torturate le persone, crocifiggereste il Signore e non dovete leggerlo, e non dovete mangiarlo... comprarlo vuol dire dargli forza allora perchè continuamo a prenderci in giro?
solo perchè lo leggete in una rivista o lo vedete in TV non vuol dire che sia vero”
Sarà tutto vero? Almeno noi non prendiamoci in giro. Chi come Michael Jackson si prendeva la responsabilità di critcare il meccanismo da lui stesso creato e chi lo nutriva ne saprà sempre più di noi e dall'aldilà continuerà a ridere (giustamente) di noi che ancora non abbiamo capito niente. Forse più che ringraziare Beyoncè dovremmo iniziare a ringraziare Michael Jackson e a capire quello che davvero ha fatto per la musica e trarne ispirazione.