Sta facendo piuttosto discutere, in queste ore, la notizia della bocciatura da parte della commissione di esperti del Comune che valuta la posa di opere d’arte in spazi pubblici cittadini di una statua di una donna che allatta, opera di Vera Omodeo, titolo “Dal latte materno veniamo”, destinata, per volontà della famiglia, alla splendida cornice di Piazza Duse, vicino ai Giardini Pubblici di Corso Venezia. Quel che colpisce, di questa notizia, non è tanto scoprire che a Milano, la città del fare, la locomotiva economica del paese, quella il cui immaginario è legato all’andare di fretta perché si deve lavorare ci sia gente che per lavoro decide, così, a caz*o, se una statua può o non può finire in una piazza, peraltro anche abbastanza appartata, quanto piuttosto la motivazione che questa bocciatura ha portato con sé: “Non rappresenta valori condivisi”. Una statua che rappresenta una donna a seno nudo che allatta un bambino non rappresenta valori condivisibili, dicono gli esperti. Visto e considerato che riguardo ai seni nudi, direi, a occhio, nessuno può avere nulla da eccepire, la storia dell’arte è piena di statue con le tette al vento, ce ne sono anche con passere, quasi sempre depilate, guardatevi a riguardo lo spettacolare In Trance di Danny Boyle, dove uno dei passaggi principali, che ci mostra come anche Rosario Dawson, lei la protagonista, dico Rosario Dawson, ricorra alla depilazione totale, per amor di uomo e amor d’arte, lo spiegone dell’assenza dei peli nell’arte, a parte La Maya Desnuda e poche altre opere, è quasi più affascinante che vedere Rosario Dawson girellare per la pellicola come mamma l’ha fatta, e rasoio ha poi trasformata, visto e considerato che riguardo ai seni nudi, direi, a occhio, nessuno può avere nulla da eccepire, la storia dell’arte è piena di statue con le tette al vento, ce ne sono anche con passere, quasi sempre depilate, direi che si può escludere non rappresenti valori condivisi. Pur essendo più propenso ad approvare l’esibizione di culi invece che quella di tette, quindi preferendo una Venere Callipigia a una Venere di Milo, per capirsi, credo che nessuno possa avere da ridire su una statua che mostri una donna nuda, il movimento che proprio in questo ore vorrebbe la Sydney Sweeney costantemente in topless nei panni, pochi e scollati, di Tsunade di Noruto, nell’imminente action movie tratto dal manga, servisse, sta lì a riprova che le tette, anche quelle non di statue, hanno sempre un loro perché.
Allora è l’atto di allattare che non rappresenta un valore condiviso, questo viene da pensare leggendo le dichiarazione degli esperti, e vai poi a sapere di quanti esperti si tratta, se la decisione è stata presa all’unanimità, se erano esperti uomini, donne o altro. Tanti gli interrogativi che questa vicenda lascia al lettore, allibito. Perché per quanto ne so, esistono veri e propri correnti di pensiero che rivendicano l’allattamento al seno versus l’allattamento col latte in polvere, e non sto parlando solo di chi a suo tempo ha boicottato la Nestlè per la faccenda di aver mandato in luoghi sprovvisti di acqua potabili latte in polvere, vai poi a capire come pensavano che lo avrebbero reso liquido, ai tempi la Nestlè mi ingaggio come blogger, proprio per una questione di ricostruzione dell’imene virtuale, cioè per provare a rifarsi una verginità, io scrittore e padre di quattro figli lì a scrivere per il loro sito, ma questa è altra faccenda, che semmai dimostra come il latte in polvere costi parecchio, e un modo per comprarlo uno scrittore deve pur scovarlo. Comunque, dicevo, per quanto ne so c’è gente che è contraria, ideologicamente o filosoficamente, all’allattamento tramite latte in polvere, perché toglierebbe il contatto tra madre e figlio, perché considerato poco naturale e per tutto quel che vi può venire in mente a riguardo. Pensate, per dire, a una Paola Maugeri, ex veejay di Videomusic e ora speaker radiofonica e attivista vegana, che ha dichiarato a Rolling Stone Italia di aver allattato il figlio al seno fino oltre i quattro anni e mezzo, ecco, lei immagino non sia del tutto incline a guardare con bonomia al latte in polvere, ma dubito che, per quanto con i vegani sia sempre difficile ipotizzare qualcosa che rientri nell’alveo della logica, se la mettessero in una commissione per stabilire la posa delle statue negli spazi pubblici voterebbe no alla statua di una donna che allatta, a seno nudo. Del resto su Rolling Stone stava anche lei in topless come Sydney Sweeney, come a voler provare la presenza di seni capaci di allattare un figlio fino all’età della scuola dell’obbligo, sarei curioso di sapere come se la stia vivendo oggi il figlio, non per il fatto che ora non possa, immagino e forse un po’ anche mi auguro, continuare a suggere la tetta materna, quanto piuttosto a vivere in una comunità, la sua scuola, il suo quartiere, la sua città, nella quale la gente sa che lui è stato allattato fino all’età dell’obbligo al seno dalla madre, con tanto di foto delle tette a corredo, e come si approcci al seno delle altre donne, vai a sapere se con attrazione o repulsione. Oggi il tizio dovrebbe avere circa venti anni, era il 2009, magari è lì a fare il tifo per Sydney Sweeney nei panni di Tsunade, santo Freud. Sicuramente Tom Levinson, ideatore di Euphoria, mai decidesse di fare una nuova stagione della serie lo inserirebbe tra i protagonisti, mentre a Paola Maugeri, ho saputo, sta pensando per una nuova serie, sulla falsa riga di The Idol.
Sia come sia, questa cosa che c’è qualcuno che ritenga una donna che allatta non rappresenti un valore condivisibile, rispettabile, dice l’atto di bocciatura, ma non condivisibile da tutti i cittadini e tutte le cittadine è davvero bizzarra. Primo, perché suppongo che non sempre le statue che vengono posate in giro per la città rispondano a valori condivisi, penso al dito medio di Cattelan davanti alla Borsa, titolo dell’opera Love. A meno che a lavorare alla commissione, fatemela chiamare col nome giusto, famigerata non lavorino solo anarcoinsurrezionalisti anticapitalisti, o ferventi idolatri del vaffan*ulo. Secondo, perché che oggi l’allattamento al seno, ma diciamo anche solo l’allattamento, non sia pratica condivisibile suppongo, e temo, temo profondamente, temo come si teme qualcosa che potrebbe annientare l’umanità intera, l’orrore, l’orrore direbbe Kurtz, temo che sia una deriva del tutto agghiacciante di quella anomala forma di politicamente corretto che ci porta a rispettare la scelta di chi si trova a non voler avere figli, quindi a non guardare all’allattamento con affetto, seppur suppongo una qualche tetta possa averla succhiata, almeno da neonato, o chi i figli non li può avere, qui ammantando una sorta di difesa affettuosa, ma non troppo, di chi vive questa condizione, non troppo perché se no sarebbe come ammantare la maternità di uno status di privilegio altissimo, o di condizione atta a sancire l’essere donna della donna, a questo punto anche dell’uomo. Una cosa abominevole, perché per quanto ci sia gente che non vuole avere figli, e ci mancherebbe pure, e c’è gente che figli non ne può avere, chi i figli ce li ha e può li allatta, quindi una statua che mostra una donna che allatta è rispettabile quanto quella di un enorme dito medio posto di fronte al Palazzo della Borsa.
Addirittura i censori e rigidissimi social, dove per un capezzolo mostrato si passa in un nanosecondo dallo shadowban al ban, fidatevi non sono posseduto da un demone che parla aramaico, addirittura i social sull’allattamento sono permissivi, l’ho capito tempo fa quando di colpo su Instagram (io TikTok lo uso poco) ho iniziato a vedermi proposti video su video di mamme giovanissime e anche piuttosto sexy che allattavano i propri piccoli, mostrando serenamente i seni prima di attaccare lì le boccucce di cuccioli. Solo poi ho letto che si tratta di giovanissime e piuttosto sexy sex workers attive su OnlyFans, incitabile direttamente su Instagram, ma presentabile sottoforma dei due pallini bianco e blu, lì a mostrare impunemente il proprio corpo proprio grazie alla scusa dell’allattamento, permesso in quanto allattamento, alla faccia del Free The Nipple. I piccoli, questo un dettaglio rilevante, spesso sono bambolotti molto realistici, di quelli che usavano anche le serie Tv medical sotto Covid, se non bambini di altre mamme, prestati o affittati per l’occasione. In quest’ultimo caso, suppongo, tutti prossimi candidati, a loro volta, per la nuova stagione di Euphoria, Tom, stanno tutti lavorando per te. E dire che volendo qualche statua di cui non avrebbero dovuto autorizzare la posa, in giro per Milano c’è. E neanche troppo lontana da lì. Certo, è lontana La Danza, statua di Gianfranco Pardi che si trova in Piazzale Amendola, una serie di linee gialle che fa venire voglia, più che danzare, di capire se in effetti il crack sia in grado di offuscarci la ragione come alcuni sostengono. Un po’ meno distante la statua che si trova nella piazza antistante la Stazione Centrale, monumento epico eretto dai fascismo, la stazione, non la statua. La statua l’ha eretta Michelangelo Pistoletto, si chiama La Mela Reintegrata, e in sostanza è una gigantesca mela rattoppata e morsicata, qualcosa che, di suo, giustifica ampiamente sia tutti i crimini che intorno alla Stazione Centrale si svolgono, di giorno come di notte, e anche un uso spasmodico di sostanze stupefacenti che in zona trova il suo maggior traffico in città, perché la bruttezza estetica attira la bruttezza morale, è noto. È invece proprio vicina a Piazza Duse, sprovvista di donne che allattano per precisa volontà di una commissione di gente che viene pagata per postulare sulla liceità di posare o meno statue in giro per Milano, “quell’abortitura” che omaggia colui cui i Giardini Pubblici Indro Montanelli sono intitolati, Indro Montanelli, appunto. Una statua che ci mostra i vecchio giornalista seduto sulla panchina su cui era solito sedere proprio in quel parco, e stica*zi, e che ha avuto la sua ragion d’essere solo nei momenti, diversi nel tempo, in cui qualcuno l’ha pittata di rosa o di rosso, come a voler sottolineare un passato da abusatore di moglie minorenne e africana dell’Indro Montanelli stesso. Una roba da farti quasi apprezzare la gestione della cosa pubblica da parte di Silvio Berlusconi, a pensarci meglio.
E proprio pensando a quelle operazioni in stile flash mob che hanno portato, ultimamente in occasione delle manifestazioni solidali col movimento Black Lives Matter, a lanciare vernice contro quella statua, mi viene quasi da suggerire un altro flash mob, così da rendere la città di Milano, in balia del sindaco Beppe Sala, che stavolta ha comunque inarcato un sopracciglio dicendosi contrariato dalla decisione, in buona compagnia dell’assessore alla cultura Tommaso Sacchi. Come a suo tempo aveva fatto AlexSandro Palombo, che aveva decorato Piazza San Babila con due stencil rappresentanti rispettivamente Kim Kardashian e Marge Simpson, entrambe sanguinanti, sangue mestruale, l’una rappresentata come una Madonna in mutande, e per Madonna si intende la Madonna, non Madonna la cantante, l’altra come Stephanie Seymour nella nota foto di Richard Avedon, a passera di fuori, e sì, Marge Simpson è blu naturale, lei che non ricorre alla depilazione totale come Rosario Dawson, sangue mestruale esibito in pieno centro, stavolta potrebbe un qualche artista ricoprire di stencil rappresentanti una qualche star nella posa di allattare un bambino al seno. Ovvio che la star in questione non possa che essere la stracitata Sydney Sweeney, perché seppur l’avere tette grandi non comporti avere poi molto latte in caso di maternità e quindi allattamento, è pur sempre vero che l’occhio vuole la sua parte, fosse anche vestita da Tsunade avremmo fatto bingo. Anche se meglio sarebbe che fosse completamente nuda, perché certo, oggi come oggi la figa è divisiva, è noto, ma ogni tanto, senza scomodare Courbet, ricordarci da dove arriviamo non sarebbe poi così male. Altro che arriviamo tutti dal latte. E se proprio anche quegli stencil non dovessero rappresentare valori condivisibili, che dire, li andassero a staccare i membri della commissione in questione, almeno si guadagnerebbero lo stipendio. Io domani mi sa che vado a lanciare un barattolo di vernice contro la statua di Montanelli, o gli appiccico sopra un paio di tette in silicone, Tommaso Labranca sarebbe orgoglioso di me.