Cosa "falena" abbiamo appena visto?! Netflix ha partorito una nuova sciagura, tutta italiana tratta dal caso (di cronaca nera) editoriale Fabbricante di Lacrime. Romanzo della Elena Ferrante per teen Erin Doon pubblicato inizialmente a puntate su Wattpad e finito per diventare, con oltre 450mila copie presso Salani, il libro più venduto del 2022. Già l'opera in sé è descritta dai più sui social come un affronto di cui gli alberi prima o dopo si vendicheranno, ma la piattaforma della grande N ha scelto di renderla lungometraggio fiutando palanche. E, in un certo senso, cotanta truce mandrakata ha funzionato: oggi è impossibile aprire X o TikTok senza imbattersi in reel e post che sbertucciano 'sto Fabbricante di Lacrime. Per la recitazione, per la trama che non c'è, per il fatto che i protagonisti abbiano nomi esterofili, da Rigel a Margaret passando per Nica, ma vivano tutti a Pescara (dove l'orrore è appunto ambientato). Non ha senso niente, ma ogni cosa fa ridere assai. I recensori più ossequiosi parlano di "occasione persa", ma questa è Sparta e qui ciò che è brutto viene descritto come tale. Manca soltanto di mostrarsi riverenti verso un "film" che nemmeno gli sceneggiatori, ammesso ve ne siano stati, hanno avuto la minima pietà di scrivere. Andiamo a dragare cotanto ennesimo abisso, dunque, provando a spiegare come mai, se non altro, sia già la commedia (involontaria) dell'anno.
Prima di tutto, il dramma. Invitiamo a osservare un minuto di silenzio: dal 4 aprile scorso, milioni di abbonati Netflix in 180 Paesi nel mondo potranno vedere 'sto Fabbricante di Lacrime, per fortuna immaginiamo doppiato, pensando che questo sia, hic et nunc, il cinema italiano. Cinema italiano che non godrà di ottima salute, ma manco a fa' così però. Come si direbbe a Roma. L'alternativa è l'osannatissimo C'è Ancora Domani di Paola Cortellesi in cui, a prescindere dall'opinione nel merito, all'estero ci vedranno proprio come ci immaginano: in bianco e nero, fermi al Dopoguerra, col problema di riuscire a coniugare pranzo e cena in una società sessista, bigotta da morire e retrogada allo sfinimento. Bene. Per fortuna, però, c'è il fantasy, genere già brutalizzato da letali esperimenti Netflix passati come la mefitica serie Luna Nera, iper celebrata all'uscita in quanto "interamente fatta da femmine" e spernacchiata come meritava appena si è visto di quale specifico tipo di sciagura si trattasse. Nello stesso (in)glorioso campionato gioca oggi 'sto Fabbricante di Lacrime. Bando agli indugi, scandagliamolo nel dettaglio.
La trama è pretestuosa e oltre ogni intellegibilità. Di più, già scrivere "la trama è" risulta a tutti gli effetti atto coraggiosissimo, un complimento immeritato. Perché qui la trama, per prima cosa, non è. Mai. I protagonisti sarebbero due adolescenti cresciuti in un orfanotrofio, il crudele "Grave" (Greiv) di Pescara, presieduto dalla spietata sciura Margaret (perché Margherita faceva troppo provincia, ovvio). Rigel e Nica, questi i loro nomi, tengono traumi, hanno subito angherie nell'infanzia ma finalmente, a due settimane dal compimento della maggiore età, vengono adottati da una famiglia amorevole, i Milligan di Pescara. Il problema è che s'amano, come Eva e Marco de I Cesaroni, però in versione emo-dark. Lui, perennemente ombroso senza motivo come afflitto da costanti ragadi, è interpretato dall'ex Amico di Maria Biondo che, purtroppo, "recita" senza autotune. Le battute che gli tocca dire, comunque, sono talmente assurde che la sua scarsa propensione all'arte attoriale diviene il minore dei mali. "Non toccarmi con questa casualità... Maaaaaaihhhhhh!" è una delle uscite più ridicole dell'intero copione. Cosa significa? Boh. Però dà la sponda per analizzare un altro aspetto croccantissimo di questa tragedia: tutti parlano in serpentese.
Le location sono sempre plumbee, non importa che si giri tra i corridoi di una affollatissima scuola superiore o in cameretta: ogni ambiente pare una cripta. Perché tutto, da copione, deve essere incredibilmente misterioso. Colazione inclusa. E questo è anche il "motivo" per cui ogli interpreti bisbigliano fitto, si esprimono appunto in "serpentese", ovverosia sibilano parole a caso su favole senza lupi e lupi senza favole. Purtroppo, non spunta mai un capobranco o, se non altro, un regista, un esperto di dizione, qualche anima pia titolata a salvare i coinvolti dallo scempio. I lupi, comunque, non piacciono solo ai boomer sui social ma pure agli sceneggiatori nostrani (coincidenze?). Per chi la ricorda, la serie Curon, sempre Netflix, era anch'essa giocata sullo strabiliante concept: "Dentro ognuno di noi ci sono due lupi". Per fortuna, però, di fronte a 'sto Fabbricante di Lacrime lo spettatore non fa la fine di Cappuccetto Rosso, non si lascia fagocitare da atmosfere e dialoghi buttati giù con la cazzuola: li sbertuccia sui social, postando clip che paiono tratte da un trailer di Maccio Capatonda. Se Maccio Capatonda avesse mai girato un video dei My Chemical Romance, sarebbe venuta fuori proprio una roba così. Il disperato ma tenace tentativo di sembrare oscuri e misteriosi permea l'intero girato, divenendo commedia purissima, seppur involontaria. Tra le più riuscite degli ultimi anni, in ogni caso.
L'amore tra l'ombroso Rigel e la verginella secchiona Nica è qualcosa di incomprensibile, tutto sospiri tensivi e zero fatti. Bella Swan ed Edward Cullen, ai tempi di Twilight, a confronto sono stati praticamente protagonisti di un porno a tinte snuff. Gli innamorati trascorrono il tempo a non sopportarsi passivo-aggressivamente, tramite occhiatacce voluttuose fin dall'infanzia. Lui cerca di spaventarla chiamandola ossessivamente "falena" (?), lei se ne batte, oppure ne resta infastidita ma, alle volte, fa sogni umidicci che lo coinvolgono. Interviene un secondo pretendente, conosciuto a scuola, che per pura casualità non è un licantropo, ma un esperto conoscitore di farfalle. E, ovvio, si chiama Lionel, come qualunque diciassettenne medio di Pescara.
Rigelio, Nica e Lionello formano un triangolo amoroso tenuto insieme da scene insipidissime in cui, in genere, è notte o piove. All'apice, l'oscurità di fonde ovviamente col maltempo per l'inglorioso finale in cui Nica fa la sua scelta ma, ça va sans dire, le va di sfiga. Perfino l'ordine degli avvocati - non spoileriamo troppo, vedrete - comunque si interessa alla liaison tra i due (o tre?): presente infatti una scena in cui, nel corso di un interrogatorio in aula, un principe del Foro domanda alla protagonista se sia o meno innamorata di Rigelio. Come se potesse costituire reato e, forse, dopotutto, ha ragione. Anche se, in teoria, sarebbe lì per far luce sulle angherie passate dell'orfanotrofio Grave (greiv) di Pescara. Pazienza. Consigliamo la visione di 'sto Fabbricante di Lacrime? Ovvio che sì, lupi e falene!