Mirko Casadei, cinquant’anni, è l'erede della grande dinastia del liscio romagnolo. Figlio di Raoul (scomparso due anni fa) che con la sua mitica orchestra ha portato nel mondo la Romagna, oggi martoriata dall'alluvione. Simbolo, più di altri, di quel pezzo di Paese, prova ne è la melodia Romagna mia diventata canto di sostegno degli angeli del fango. Eppure grande escluso dalla line up del concerto benefico a Campovolo. Una maxi operazione messa in piedi in pochissime ore per aiutare le popolazioni alluvionate, con l’ausilio del Ministero della Cultura, e nello specifico del veronese Gianmarco Mazzi, noto autore televisivo e sottosegretario con delega alla Musica e allo spettacolo dal vivo. Appuntamento che anticipa l'altro concerto di solidarietà in programma a Imola, partito da Stefano Bonaccini. “Fare Campovolo e dimenticarsi dei Casadei... fa parte di un certo meccanismo politico”, replica a MOW il figlio del re del liscio...
Come affronta un artista che canta da sempre la Romagna un'emergenza simile?
“Tutti noi romagnoli, artisti e non, abbiamo una ferita aperta, ognuno come può fa qualcosa. La prima, da parte mia, è stata tenere alta l'attenzione, andando sui luoghi, promuovendo una raccolta fondi, a stretto contatto con associazioni che sono riuscite a portare generi di prima necessità. Attivi veramente, non solo con l'immagine”.
Ha saputo che Romagna mia è diventata il canto di sostegno degli angeli del fango?
“È diventata un inno, tra lacrime e sorrisi. Ci siamo emozionati, come ambasciatori di questa terra. Spero che i politici pensino a fare cose, piuttosto che a discutere tra loro. C'è gente che ha perso tutto”.
Aveva annunciato l'adesione a un gran concerto solidale. Perché non è nel cast di Italia Loves Romagna?
“Rimango basito, possiamo definirlo un errore di fondo, un rigore a porta vuota. Quando subentrano grandi organizzazioni non c'è quella spontaneità tipica dei romagnoli. La raccolta fondi è sempre utile, ma è indubbio che c'è anche dell'interesse. Poi una manifestazione di questo tipo l'avrei fatta in Romagna, non in Emilia, per la gente che si aspetta l'attenzione sul posto. Campovolo è una scelta strategica”.
Un altro evento solidale è in programma a Imola, promosso da Stefano Bonaccini: parteciperà?
“Sì, ci saremo; ho già dato la mia adesione. Ci saranno anche altri eventi, incluso qualcosa allo stadio di Cesena. Nel mio piccolo cercherò di partecipare a quanti più appuntamenti possibile; ci vorrebbe anche una festa per la ripartenza, la gente è provata psicologicamente”.
Campovolo e Imola, Mazza e Bonaccini, è anche una questione politica.
“Sicuramente, gli organizzatori si sono spesi per occupare una data casella. Da artista di periferia capisco che sotto c'è dell'altro. Fare un concerto per la regione e dimenticarsi dei Casadei... Se fossi stato tra gli organizzatori, prima dei grandi nomi, avrei fatto un’altra chiamata. Forse fa parte di quel meccanismo politico, noi rappresentiamo una Romagna di altri tempi”.
Che pensa delle polemiche su Springsteen a Ferrara? Forse difficile rinviare, ma almeno dire una parola di incoraggiamento...
“Fermare una macchina del genere è complicato, ma dire due parole era il minimo, un tocco di classe che ci aspettavamo. Che dire, forse non era informato, ma l'organizzatore italiano (Claudio Trotta) sì. Capisco che pensa al successo economico più che al resto”.