Non si può dire che Mondocane non sia un bel film. Lo è. Ma allo stesso tempo non lo è abbastanza. Il nuovo film di Alessandro Celli, presentato al festival di Venezia e uscito nelle sale il 3 settembre è uno dei pochissimi film italiani ad abbracciare il genere distopico e a farlo senza sembrare una brutta parodia low budget di un film americano.
Le premesse per un film capolavoro ci sono tutte: la trama, legata all’attualità quel tanto che basta per farti sentire un po’ male; gli attori protagonisti, da Alessandro Borghi, che vabbè, è sempre Alessandro Borghi, ai tre ragazzini Dennis Protopapa, Giuliano Soprano e Ludovica Nasti, che in quanto a bravura fanno le paghe a molti attori navigati; la fotografia che rende benissimo l’atmosfera cupa e crudele senza scadere nel classico patinato freddo dei film contemporanei. Tutti i tasselli sono al posto giusto però il film non decolla mai.
A partire da Alessandro Borghi, forse la delusione più grande. Il suo look è perfetto, Testacalda, il leader della banda delle Formiche si vede subito che è cattivo, c’ha lo sguardo da pazzo, i capelli rasati e una cicatrice che gli incornicia la testa. Però parla inspiegabilmente come un insegnante di dizione e il suo personaggio è talmente piatto da sembrare a tratti una parodia di un cattivo di un film Disney. Non ha una storia e neanche un vero e proprio profilo psicologico, uno spreco enorme di potenziale.
La trama è il punto forte del film ma risulta piena di buchi e ti lascia un senso di profonda insoddisfazione. Mondocane è ambientato in un ipotetico futuro non molto lontano in cui l’inquinamento fuori controllo delle acciaierie hanno reso inabitabile Taranto spingendo la popolazione ad abbandonare la città e a crearne un’altra lontana dal degrado della favela della città vecchia dove rimangono tutti gli altri, quelli che non ce l’hanno fatta e gli orfani delle tante vittime dell’inquinamento. Qui si sviluppa la storia dei due ragazzi Pietro e Christian soprannominati da Testacalda Mondocane e Pisciasotto che si dovranno scontrare con la crudeltà di un mondo che non è fatto per loro.
Una storia verosimile e per questo potentissima, non dimentichiamoci che l'ex Ilva esiste ancora e la gente ci muore veramente. Ma nel film questo si capisce appena, di contesto ce n’è pochissimo e lo si deve intuire con un grande sforzo di immaginazione. Scorrono poi tutta una serie di personaggi marginali (come la poliziotta interpretata da Barbara Ronchi) che mancano di spessore e risultano anche poco funzionali alla storia. Vengono inseriti e presentati in modo frettoloso con l'unico effetto di togliere ulteriore spazio alla storia e ai personaggi principali. Mondocane sembra quasi una puntata pilota di una serie tv molto promettente che però non esiste e alla fine dei pochissimi 110 minuti ti chiedi se non sia solo una curiosa mossa di marketing per il lancio di una trilogia o qualcosa del genere.