La situazione è molto più grave di quanto si pensi. Nel mondo moderno di oggi, pieno di cose, saturo di qualunque informazione, comprese tutte quelle indesiderate, dove chiunque è bombardato da qualunque cosa, proposte di acquisto, informazioni su qualsiasi prodotto, dai cerotti ai tavoli da giardino, dai reggiseni alle protesi dentarie, dai bulloni ai termosifoni, dai software antivirus ai servizi investigativi, tutto è invasione di campo e di privacy, è un assillo delirante che mette dépliant nei cerchioni tra i raggi delle ruote della bicicletta, ora è diventato impossibile fare dieci metri in bicicletta senza ricevere in faccia una pubblicità assordante con tanto di crocettina minuscola nell’angolo in alto a destra per disattivare, che funziona ovviamente male e devi schiacciare venti volte prima di uscire dall’incubo del momento, in attesa che dopo cinque secondi ti arrivi il successivo indesiderato ceffone promozionale con tanto di effetto audio in surround di una moto o di un tuono o un razzo elettronico a chiodo che chissà perché parte col volume a palla quando quello che avevi cercato tu poco fa non si sentiva e hai dovuto spippolare e uscire e entrare dall’app due volte per riattivare l’audio.
Insomma, in questo mondo caotico e isterico, rumoroso e straripante di superfluo, c’è una cosa che non mi viene proposta e non si capisce perché: la musica. Avete notato? È strano questo. Mi sono chiesto perché in un universo di cianfrusaglie non vengo bombardato anche da cianfrusaglie musicali, nel senso che se mischiate tra i prodotti inutili che circolano ci fossero anche delle musiche, apparentemente inutili per chi non sa decodificarle, ma magari geniali e interessanti, fuori standard e azzardate, da mercato cosiddetto di nicchia (non ditemi che le protesi dentarie o i cannocchiali sono da mercato mainstream), non credo qualcuno si stranirebbe, anzi, probabilmente ne sarebbe attratto, tra un alligatore automatico e un imbottiglia-turaccioli usb essere bombardati da un quartetto d’archi dodecafonico potrebbe essere per alcuni un vero miraggio, per i più un semplice sollievo. Ma invece nulla, neanche l’ombra della musica in questo paese, cioè qui non si concepisce la musica come mercato, escluso quell’universo usa e getta chiamato “commerciale” che di musica ha solo alcune invisibili vestigia, e comunque sia neppure quello compare nella proposta commerciale, infatti quando fai partire un video di Fabrizio De Andrè o uno mio non sei schiaffeggiato da un disco di Nick Cave ma da un formaggio di lattice o da una società di assicurazioni con un nome mai sentito ma che a giudicare dallo spot ha filiali su Uranio. Perché la musica non si propone? Semplice: perché in Italia non si pubblica la musica. Ma addirittura? Sì, pare strano e decisamente allarmante, ma nessuno lo aveva ancora detto. Sapete come l’ho scoperto? Facendo la semplice domanda: “Ma se un musicista volesse pubblicare la sua musica a chi potrebbe farla ascoltare?”. La grande sorpresa è che non ho avuto risposta perché questa risposta non c’è. Non esiste un nome, non c’è nemmeno un pellegrino sprovveduto a cui si può far ascoltare una musica e che possa dire “sì, mi piace, la pubblico”. Non c’è. Non è che non sono competenti, non ci sono proprio. E questa cosa è davvero spaventosa, e indica un paese più che morto, dove la musica non si compone, si decompone.