È matematicamente impossibile non aver provato rabbia, disgusto o comunque fastidio, nel vedere l'immagine di Ilaria Salis ammanettata a mani e piedi in tribunale, mentre veniva condotta al guinzaglio verso il banco degli imputati. C'era tutta la ferocia della mansuetudine burocratica, a fare da sfondo a quella figura, in qualche modo titanica, di ragazza nemmeno quarantenne, minuta, circondata da tutti quei militari armati, in tuta mimetica: potenza delle immagini, violenza delle emozioni. Un criminale di guerra, un ostaggio, una ragazza, un maglioncino di lana. Le catene, poco sopra le Nike bianche: due simboli sovrapposti. La vita quotidiana, la prigionia. A Budapest, poi. Meta romantica per eccellenza, con i suoi ponti sul Danubio, le terme, il centro storico che è un gioiellino. Le immagini parlano, e nel caso di Ilaria Salis gridano. A maggior ragione in un periodo in cui, a livello di governi, sembrerebbe esserci sintonia, quantomeno a livello, ancora, di immagine. Lui è Viktor Orbàn. La sua bio di X recita: combattente per la libertà, marito, padre, nonno. Lei è Giorgia Meloni, e come ci ripeteva spesso in campagna elettorale, è madre, è cristiana. Entrambi hanno puntato sul principio di sovranità, e questo può essere un problema per il caso di Ilaria Salis. In casa mia comando io, dicono. Non l'Europa, non gli altri Stati. Se la mia legge dice che sei una criminale, non c'è diplomazia che tenga. Se ti liberassi, entrerei in una contraddizione insanabile. A meno che io non possa ottenere qualcosa in cambio, che sia tale da oscurare la contraddizione. Le immagini, dicevamo. Un ostaggio, una prigioniera, dicevamo. La liberazione di un ostaggio è sempre una partita a scacchi, e sempre viene richiesta una cauzione, un qualcosa che riscatti la libertà del sequestrato.
Andiamo per ipotesi, ma la vicenda di Ilaria Salis sembra proprio una partita di questo tipo. Pedone avanti. Consideriamo che, proprio tre settimane fa, l'otto gennaio, uscì la notizia sulla probabile candidatura di Charles Michel, allora presidente in carica del Consiglio Europeo, alle elezioni europee di giugno 2024. Il re è scoperto. La candidatura di Michel e le sue conseguenti dimissioni dalla presidenza, per uno strano gioco di mosse e contromosse, ovvero per effetto delle leggi del Parlamento europeo, avrebbe consegnato di fatto la carica vacante al Paese che, al momento delle elezioni, sarebbe stato incaricato alla presidenza. A giugno 2024 sarebbe toccata all'Ungheria, la presidenza. Scacco matto, e cortocircuito: Viktor Orbàn Presidente del Consiglio Europeo. Proprio lui, che ha sempre criticato e rivolto parole di fuoco contro l'Unione Europea. Muove la torre. Orbàn vuole bloccare i fondi europei all'Ucraina. Avanti gli alfieri. Due settimane fa, il 18 gennaio, il Parlamento Europeo avvia una risoluzione contro l'Ungheria, in cui si fa ricorso al meccanismo, previsto dalla legge europea, di sospendere i diritti di adesione all'Ue in caso di violazione grave e persistente dei principi fondanti l'Unione, quindi di non scongelare 10,2 miliardi di Fondi Europei destinati al Paese di Orbàn. Re, Regina e tutti quanti: la posta in gioco è altissima. l'Ungheria si ritroverebbe senza fondi europei, e di fatto tagliata fuori da ogni possibilità di esprimere il proprio voto in Consiglio Europe. In questo caso, gli eurodeputati di Lega e Fratelli d'Italia sono praticamente gli unici, tra gli italiani, a votare contro. Nel frattempo esce un'altra notizia, riportata dal Financial Times ma non confermata dall' Ue, che riguarderebbe un vero e proprio boicottaggio economico verso l'Ungheria. Scacco al re. Michel ritira la sua candidatura alle Europee, scongiurando il rischio di una Presidenza Ungherese. Ma il braccio di ferro tra Orbàn e l'Europa non può dirsi affatto risolto. Su questa scacchiera, che peso potrebbe avere quella povera ragazza col maglioncino di lana e le Nike bianche?
Certo, una sua scarcerazione potrebbe essere un bel regalo all'Italia, la quale potrebbe assicurare pieno appoggio all'Ungheria in questo contesto fiammeggiante, e magari aiutarla a sbloccare i fondi Europei o a riprendere il diritto di voto. Potremmo chiederci se, una volta che Orbàn abbia ottenuto pieno appoggio in Europa dalla Meloni, non la restituisca all'Italia, come un vero e proprio ostaggio. Non sarà che Ilaria Salis è qualcosa in più di una semplice detenuta per una manifestazione? Non potrebbe essere stata presentata apposta, e in maniera pubblica, come un ostaggio? Le immagini, purtroppo, e non solo quelle, ce lo fanno quantomeno domandare. Certo, la pressione in questo momento è forte, sia dal punto di vista mediatico che da quello diplomatico, e ci auguriamo che la vita di una ragazza non venga utilizzata come se fosse la mossa di una scacchiera ingarbugliata e corrotta. Tuttavia, nella vicenda, c'è questo aspetto parossistico, di esagerazione, riguardo a tutto: esagerazione delle immagini, dei capi di imputazione, del trattamento, e questo fa sospettare l'ipotesi di una forzatura su un livello che è più in basso, molto più in basso di ciò che ci sembra di vedere, che già è una schifezza.