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Nemmeno la pandemia
può fermare Boldi e De Sica

  • di Alessandro Mannucci Alessandro Mannucci

4 dicembre 2020

“In vacanza su Marte” è il cinepanettone ai tempi del lockdown. Nato da un’idea di Gigi Proietti, il nuovo parto dei Simon & Garfunkel del cinema italiano, a suon di equivoci, tradimenti e strizzate di coglioni rispetta tutti i crismi del filone assurto a topos letterario, il cui successo risiede ormai interamente nella capacità di Boldi e De Sica di ironizzare in prima battuta sul genere a cui loro stessi hanno dato vita

di Alessandro Mannucci Alessandro Mannucci

L’apparizione di ieri di Giuseppe Conte, l’equivalente italiano dello scintillante Silver Surfer (l’araldo che nell’Universo Marvel avvisava gli abitanti di un pianeta dell’imminente arrivo di Galactus, il terribile divoratore di mondi e significava quindi brutte notizie) ci ha confermato che questa sarà una festività diversa: dal 21 Dicembre al 6 Gennaio non ci si potrà spostare tra le regioni d’Italia e il 25, 26, Dicembre e il 1 Gennaio nemmeno tra i comuni. Chi è in albergo potrà fare il cenone, ma solo in camera sua. Niente crociere. Ristoranti aperti ma solo a pranzo. Ce lo aspettavamo, dopo un anno di totale lockdown, di prime e seconde ondate di contagi, di terapie intensive intasate, di centinaia di vittime al giorno. Le vacanze di Natale, a New York, sul Nilo, a Cortina rimarranno quest’anno solo dei film campioni d’incassi. E sempre ieri, il giorno in cui il mondo del cinema celebrava i 90 anni di uno dei suoi figli più illustri, Jean Luc Godard (pluripremoato regista cofondatore della Nouvelle Vague e celeberrimo critico dei Cahiers du Cinema), usciva il trailer ufficiale di “In Vacanza su Marte”, il nuovo parto dei Simon & Garfunkel del cinepanettone, i riconciliati Boldi e De Sica, disponibile in streaming - su Sky Primafila, Amazon Prime Video, Chili, Timvision, Infinity, Google Play, YouTube, Rakuten Tv e PlayStation Store - a partire dal 13 dicembre.

Il promo presenta tutti i tratti distintivi del genere a cui appartiene, già magnificamente esemplificati dal fake trailer di Maccio Capatonda del 2008, Natale al Cesso:

  • brano dance da classifica in sottofondo;
  • uso indiscriminato dell’espressione “mortacci”;
  • tradimento del coniuge e differenze sociali tra i personaggi come motori narrativi;
  • comicità slapstick;
  • presenza distintiva nei dialoghi di calembour scatologici (“ci sarà un modo per uscire dal cul de sac senza rimettece er cul”) 
  • cast di specialisti nel genere (il cinepanettone e quello finto di Maccio condividono anche un attore, il grande Herbert Ballerina)

La trama è facilmente desumibile: in un futuro abbastanza prossimo, il vitellone Fabio (l’archetipo del farfallone cazzaro da sempre incarnato da De Sica) sta per sposare Bea, che ha recentemente ereditato una grande fortuna. C’è solo un problema: Fabio è ancora formalmente sposato con la moglie, precedentemente abbandonata assieme al figlio Giulio e non potrebbe legarsi in matrimonio… a meno di non celebrarlo in un pianeta “fuori da ogni giurisdizione”: Marte. Fabio e il figlio (dichiarato subito dal genitore una “testa de cazzo”, a scanso di equivoci) partono dunque per una vacanza sul pianeta rosso ma durante un’escursione nello spazio il secondo finisce in una piega spaziotemporale ritrovandosi di colpo settantenne (e qui entra in azione Boldi). Equivoci, tradimenti, paradossi padre e figlio, strizzate di coglioni e matrimoni che rischiano di saltare condiscono il prodotto, impacchettato con consumato professionismo da un indiscusso maestro del genere, Neri Parenti (qui anche sceneggiatore).

Capirete che non ci troviamo davanti agli intricati sviluppi narrativi di Christopher Nolan, anche se l’idea della relatività temporale (che fa invecchiare chi è per esempio sulla terra ma non chi si trova nei pressi di un buco nero) sembra arrivare dritta dritta da Interstellar. Sono consapevole che il fatto di parlare di Interstellar e In Vacanza su Marte nello stesso periodo può, da solo, aprire una breccia nel continuum spaziotemporale ma ho preso il coraggio da una recente dichiarazione di De Sica, che parlando della realizzazione tecnica del film lo ha accostato a The Mandalorian, l’acclamata prima serie live action dell’universo Star Wars: “Siamo riusciti ad inventare Marte dentro Cinecittà, merito dei produttori Indiana e Cattleya, insieme alla Warner, i distributori. Grazie a loro, useremo il 360 Led Wall, un muro digitale che permette di recitare con una scenografia virtuale. Lo stesso usato in The Mandalorian. E qui in Italia sarà la prima volta”. Per quanto riguarda la trama, l’attore ha detto che il pretesto narrativo arriva dal compianto Gigi Proietti: “mi disse: ‘Siete stati in India, in America, in Africa…e mo dove cavolo volete andare? Su Marte?’ E così è stato, l’abbiamo preso in parola. La storia si svolge tutta su Marte, ovviamente”. 

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Onestamente ieri mi aspettavo si scatenassero la caustica ironia e le feroci critiche dei numerosi cinefili del web che spesso accompagnano queste uscite. Invece nulla. Forse è vero ciò che sostiene il mio amico Riccardo Cotumaccio, speaker radiofonico dell’etere romano: Boldi e De Sica prendono palesemente per il culo loro stessi, pienamente consapevoli, dopo 20 anni di record al botteghino, di ciò che fanno e per chi. “Tra 20, 30 anni, su sti due faranno le retrospettive, faranno una specie di Walk of Fame romana con le facce di Boldi e De Sica, che per 20 anni, ogni anno, hanno sfondato il botteghino. E tutti a dire ‘che film demmerda, non se li guarda nessuno’ e invece ce li guardavamo tutti. Basta pijasse per culo. Ora Boldi e De Sica hanno capito che c’è ancora spazio per qualche zampata, per fare altri soldi e se divertono”. Forse Riccardo ha ragione. Forse, in quest’anno così difficile per tutti è importante aggrapparsi a delle certezze, anche quelle rappresentate da prodotti culturali a lungo disprezzati: e così il cinepanettone cessa di essere un film diventando rito collettivo assieme all’albero, il presepe, il cotechino con le lenticchie, i parenti rincoglioniti che ti regalano maglioni immettibili, l’umiliante corsa ai regali last minute. 

Una cosa, comunque, è certa: Boris, la più grande serie televisiva di sempre, aveva previsto tutto con 10 anni di anticipo.

 

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