Sgomberiamo subito il campo da possibili ambiguità: Maria De Filippi è un genio.
Difficile credere il contrario se si pensa alla parabola artistica e professionale di questa inossidabile quasi sessantenne milanese biondocrinita: da giovane androgina esperta di pirateria musicale che nel 1989 conosce Costanzo e lo sposa poco dopo, a donna più potente della televisione italiana che da oltre 15 anni regna incontrastata sul suo dominio popolato da Amici, Uomini, Donne, Uomini e Donne over, coppie, tentatori e tentatrici, postini, famiglie. In una parola: il paese reale (ok, è più di una).
Dal suo esordio davanti alle telecamere con Amici nel 1992, la De Filippi ha plasmato su di sé una tipologia di conduzione fino ad allora inedita nella televisione italiana: contrariamente a tanti suoi più esperti e blasonati colleghi di lungo corso lei ha volutamente decentrato il ruolo istituzionale del presentatore, trasformando la sua in una sorta di moderazione. Non è un caso che anziché il canonico “Conduce…” per introdurre Maria in studio, la voce fuoricampo iniziale dei suoi show opti per un generico “in studio”. Nei suoi programmi la signora dà ampissimo spazio ai veri protagonisti: Gonzalo, Annapaola, Marika, Kevin, Calogero, Jessicah. Persone comuni, ultrapop, che mettono in scena i loro drammi (umani, sentimentali, familiari) senza filtri, facendo sfoggio della propria sintassi claudicante, del loro italiano colorito pronto a trasformarsi in meme appena esce dalle loro bocche, rendendo anche la più banale conversazione un litigio oltre la soglia dei decibel prodotti da un concerto degli Slayer. Maria conduce le danze giocando di rimessa, lanciando esche carnose in una vasca di piranha, quasi vergognandosi di interrompere il flusso di parole dei propri interlocutori ma creando al contempo talk show magnetici che catalizzano da anni l’attenzione di milioni di spettatori.
Tutto questo grazie a una capacità di ascoltare fuori dal comune, un linguaggio incredibilmente semplice ancorché articolato, un personaggoi, il suo, anti-personaggio capace di catturare la simpatia del pubblico proprio perché reale e vicino ad esso: Maria non fa battute divertenti, non fa citazioni colte, non ruba la scena, non fa balletti o sketch. Maria non viene mai paparazzata mentre fa shopping sfrenato in una boutique di lusso o prende il sole su uno Yacht. Maria ascolta e traduce in una lingua universale le vicende di un’umanità pasoliniana che fa fatica ad esprimersi ma vuole apparire, personaggi che più che in cerca di autore sono in cerca di una figura di riferimento, autorevole ma materna che li guidi e trasformi i loro sogni in realtà, con la sua voce baritonale e dal ritmo lento, asfaltata da centinaia di migliaia di pacchetti di sigarette: riabbracciare un congiunto, diventare un grande cantante, trovare l’amore vero. Maria è la donna dei miracoli.
Il suo stile televisivo è così personale e connotato che in Temptation Island, imperdibile programmone cult dell’estate italiana che oggi inaugura la sua settima edizione su Canale 5, Maria nemmeno c’è: la sostituisce il suo fedele e simpatico avatar Filippo Bisciglia. Eppure si tratta di uno show inequivocabilmente suo. Riassumiamo qui, per chi ha vissuto fino a ieri da eremita in una grotta di Frassassi: sei coppie decidono di mettere alla prova il loro amore autoinfliggendosi un soggiorno in un villaggio turistico che sembra il set di Professione Vacanze con Jerry Calà (1987). Le donne in un complesso di bungalow popolato da single tentatori scolpiti nel marmo che girano perennemente in costumini Givova; gli uomini idem, circondati da avvenenti tentatrici dalle forme generose e desiderose di fare nuove amicizie intime. Per sei lunghe settimane maschi e femmine dovranno cercare di resistere alle insistenti attenzioni di tentatori e tentatrici, dimostrando quindi che il sentimento che lega la coppia è forte e in salute.
Ovviamente ci riesce solo il 3% scarso dei partecipanti: tra aperitivi, cene in riva al mare con secchiello del ghiaccio e prosecco, balli notturni sulla spiaggia con annessa colonna sonora di Luis Fonsi e struscio selvaggio, qualcuno finisce sempre per allungare una mano, sussurrare parole dolci all’orecchio, accoccolarsi su una sdraio col nuovo amico/a e prodigarsi in una serie di peccaminosi grattini. Un importante rituale del programma è “il falò”, dove Filippo Bisciglia incontra a turno un membro di una coppia e dopo le chiacchiere introduttive, allungando un tablet al soggetto pronuncia la fatidica formula “ho un video per te”, che nella semantica del programma significa: “il tuo partner/a ha fatto qualcosa di compromettente o sbagliato con un tentatore/tentatrice ed ora te lo faccio vedere”. Il climax viene poi raggiunto dal cosiddetto falò di confronto, nel quale i due scoppiati si incontrano/scontrano per dare o chiedere spiegazione dei loro ambigui comportamenti pregressi. Inutile dire che finisce male.
Ammetto di aver scoperto il programma tardi, solo nel 2017: una sera notai che mia moglie, fiaccata dal lavoro e dalla gravidanza, si era appollaiata sul divano e seguiva le gesta di coppie di buzzurri abbronzati che litigavano senza pietà in una specie di Club Mediterranee. Quando chiesi di che si trattasse lei mi ha risposto con naturalezza: “è Temptation Island di Maria de Filippi: sono così stanca che guardare questi che litigano mi rilassa. È divertente ogni tanto non pensare”. Mia moglie si era laureata con una tesi sul ruolo della musica nella cinematografia di Scorsese e nei tre anni in cui eravamo stati insieme nel suo tempo libero l’avevo quasi sempre vista con in mano libri di Michel Focault: mi dissi che se lei, la persona più intelligente che conosca, guardava quella roba, allora doveva essere qualcosa di davvero interessante. Bastarono pochi minuti per farmi diventare come uno dei protagonisti di Amore Tossico di Caligari: totalmente succube di questa nuova, insidiosissima droga spacciata da Maria De Filippi. Nella mia esperienza di spettatore ricordo solo un altro programma in grado di scatenare un tifo così bestiale, da finale dei mondiali: Non è la Rai.
Il campionario di umanità di Temptation è sì cafone e illetterato, ma rappresenta perfettamente gli archetipi universali dell’amore: c’è il dominatore geloso che soggioga la fidanzata più giovane, la tardona frustrata che sogna di cavalcare un giovane stallone, il vile rigiratore di frittate, l’insoddisfatta col mito del successo che sta con una persona “non alla sua altezza”, il tamarro che giustifica i suoi tradimenti come se fossero una patologia che richiede comprensione… Di fronte a una pulsione cosi primordiale come il sesso i comportamenti adottati dai vari protagonisti sono universali. In altre parole, ci si può riconoscere. Noi spettatori pensiamo di essere superiori perché coniughiamo dei congiuntivi, le nostre polo non sono arancioni evidenziatore e abbiamo titoli di studio rilasciati da note Università. Ma alla fine, al netto di tutte le nostre sovrastrutture, siamo così diversi? Io non credo. Per questo quando guardi i membri del cast di Temptation Island tifi per loro o contro di loro. In ogni caso tifi. Questa è la chiave del suo straordinario successo di ascolti.
All’indomani della mia prima puntata tentai di condividere il mio entusiasmo con vari amici: fui insultato da quasi tutti. “Ma perché butti il tempo a vedere quella porcheria?”, “È troppo trash, non ce la faccio” furono i commenti più morbidi. Ma io non mi arresi. Da allora attendo ogni stagione come uno sherpa di ritorno dall’Himalaya attende un pediluvio. Recentemente ho chiesto al mio amico Costantino della Gherardesca, grande fan dello show, perché lo amasse così tanto. Ecco come mi ha risposto: “Il lato più interessante di Temptation Island è che il sesso non è mai sublimato, i concorrenti sono pre-umani. Galimberti direbbe che hanno una risposta rigida agli istinti, come dei coyote o dei cavalli. Uno si deve veramente chiedere come riuscirebbero a interagire nella società civile senza le protesi tecniche dello smartphone”. In effetti non lo so. Quello che so con certezza è che Maria de Filippi è un genio.