Una bellissima storia di cambio vita. Melanie Rose, designer d’interni super british sulla sessantina, quindici anni fa si è stufata di arredar salotti et voilà, si è specializzata in una particolarissima nicchia di mercato: le sex room. Da qualche giorno il suo lavoro è sbarcato su Netflix in forma di docu-reality in 8 puntate. In Come costruire una sex room la sciura Rose si erge, consapevolmente o meno, a nuovo animale guida di noi tutti. Con l’aplomb di un’inglesissima testa coronata, mostra alle coppie che le chiedono consulenza plug anali, manette, croci di Sant’Andrea and much more come fosse una nonnina che rivela gli ingredienti segreti delle sue torte fatte in casa ai nipotini. Ha anche lo stesso sorriso pacioso mentre si arrabatta tra frustrini e latex in consegna: “Per me è come se fosse Natale!” esclama giuliva quando ciò che ha ordinato per i suoi clienti arriva in consegna. Quello che le nonne non dicono, è atterrato su Netflix. La Tata Lucia (o Paola Marella) del sesso è tra noi. Non potrete più farne a meno.
Partiamo dalle coppie: c’è il marito con l’estro sessuale di un’Alexa che la moglie ha evidentemente trascinato nello show pena divorzio coatto. Le due donne che stanno insieme da anni e vivono in un van. Dove vogliono far costruire a Melanie la loro sex room: “Sì però ragazze: non avete mai provato le banane, le fruste, il sesso a tre… cosa ci state facendo qui?”, le rimbrotta la sciura Rose. Mentre una mogliettina curiosa scambia un plug anale per un massaggiatore per la schiena. Sì, in America c’era un grandissimo bisogno di Melanie Rose. E figuriamoci a casa nostra.
Ogni cliente che si rivolge ai servigi della designer ha un obiettivo ma non possiede la minima idea di come arrivarci. A parte la cinquantenne che, reduce da un matrimonio di 30 anni - e quindi sostanzialmente da una guerra, oggi è single, s’è piazzata su Tinder e vuole una sex room per stupire i suoi partner occasionali. E, soprattutto, per divertirsi come le pare. Una buona volta. Stesso discorso per la “famiglia” poliamorosa composta da sette persone. Melanie non si scompone e, una volta chiacchierato a fondo con ogni componente della godereccia ammucchiata, progetta spazi per ognuno di loro all’interno della sex room: dal voyeur all’amante delle piogge dorate (“ci sarà da levare il parquet, eh già”).
Scriviamo mentre siamo tuttora trafitti di meraviglia davanti alla compostezza di Melanie Rose di fronte alle richieste più assurde che le piovono sulla collottola rendendola la nonna più entusiasta dell'universo conosciuto e conoscibile. Una sorta di Pimp my car del sesso, Come costruire una sex room è un viaggio in cui non conta la meta (la parte dello svelamento della stanza ultimata è sinceramente la meno interessante del pacchetto), ma le stramberie da ammirare lungo il percorso. Nota bene: non entrare mai nel “capanno per gli attrezzi” di una coppietta di contadini texani.
Melanie, poi, è anche informazione: non si tira indietro nemmeno a uno dei clienti cresciuto con un’educazione cattolica che, fino ai 20 anni, quando ha conosciuto colei che sarebbe diventata sua moglie, era convinto che il sesso prematrimoniale, gli avrebbe fatto cadere il pene. Così gli raccontavano in famiglia fin da bambino. Dopo una chiacchierata con la sciura Rose, il soggetto è pronto a girare filmini hardcore. Dicevamo: una bellissima storia di cambio vita.
Casting perfetto, situazioni al limite del surreale ma condotte con un’eleganza senza pari, Melanie che flirta discretamente con i fornitori di selle e frustini. Come costruire una sex room è il guilty pleasure dell’estate Netflix. Lasciatevi tentare…