“Nel ricordo di una rosa rossa e delle tue poesie, nei tuoi occhi c’era tutto il resto delle mie follie”. I fan di Rino Gaetano avranno già capito tutto, questi versi parlano chiaro: “Ti Voglio”. Brano che Rino purtroppo non ha avuto il tempo di terminare, e che sarebbe diventato sicuramente uno dei suoi successi sulla scia di “Gianna” e “Ma il cielo è sempre più blu”. Ma c’è qualcuno che l’ha finito per lui, e che ha compiuto una vera e propria magia: Artù. Cantautore romano, al secolo Alessio Dari, ha completato la canzone di Rino ed è impossibile all’ascolto riuscire a capire chi abbia scritto cosa. Noi di MOW lo abbiamo intervistato, e ci siamo lasciati guidare da lui alla scoperta della nascita di questo brano: “Non sapevo da che parte cominciare, perché qualsiasi cosa scrivessi mi sembrava o troppo eccessiva o non all’altezza di Rino. Questa cosa non mi ha fatto dormire per un mese e mezzo”. In Artù troviamo un po' di Rino è vero, sono in tanti a dirgli che in qualche modo lo ricorda, ma in lui, nella sua musica malinconica e nei suoi testi che nessun’altro potrebbe cantare c’è molto di più. Chi scrive ammette subito di giocare in casa, perché ama follemente Rino Gaetano.
Il tuo sogno era quello di fare il cantautore?
No, non era quello di fare il cantautore. Io nasco come chitarrista, poi per un periodo smisi completamente con la musica. Però in casa mi era rimasta una chitarra, con la quale avevo scritto un po' di canzoni che un mio carissimo amico fece ascoltare per gioco al produttore di Mannarino. Lui poi mi chiamò, dicendomi che voleva lavorare su questi brani. Ricordo che risposi “ma chi canta?”. Canti tu, mi disse. Alla fine, mi sono lasciato convincere. Non volevo fare il cantautore.
Sai che questo racconto ricorda un po' l’esordio di Rino Gaetano?
Sì, anche io mi ci sono trovato, non era una cosa voluta.
Poi hai capito che la musica era la tua strada?
Ancora non l’ho capito, perché la musica è un mondo a tratti brutto e a tratti bello. Sto tanto bene quanto male.
Che vuoi dire?
Passo dei momenti in cui vorrei smettere e momenti in cui non ne posso fare a meno. Per il momento è ancora la mia strada, ma spero che mi faccia soffrire un po' meno.
Qual è il brano che hai scritto a cui sei più legato?
“La vecchia ha un dente di bronzo che a me sembra bianco perché sono sbronzo”, l’ho scritto per mia nonna, con cui sono cresciuto. Ricordo che questa canzone l’ho scritta in cinque minuti, e mentre la scrivevo non pensavo neanche di star scrivendo una canzone.
Come mai?
Perché è un elenco di cose, mi sono ritrovato questa canzone tra le mani e non volevo. È nata spontaneamente. Tutto quello che ho fatto non è mai stata una cosa pensata o voluta, ma dovuta al caso.
Ti ricordi qual è la prima canzone che hai scritto?
La prima l’ho scritta a quattordici anni per una ragazzina che mi piaceva tantissimo, ma lei non mi si filava di pezza. Io ci sono stato malissimo, e ho avuto l’istinto di prendere la chitarra e scrivere una canzone. Era una cosa veramente inascoltabile.
Sai che ricordi Rino Gaetano?
Diciamo che mi è stato detto diverse volte. Mi fa piacere, a tratti mi imbarazza e a tratti mi sembra una cosa troppo grande. Insomma, aspettiamo un attimo. Ok che ricordo Rino, somiglio a Rino ma Rino è Rino. Poi magari lo ricordo nel modo di scrivere o nel modo di cantare, il fatto che urlo. Io strillo perché non so cantare, quindi l’unico modo è quello.
Lo ricordi soprattutto nei testi.
Io Rino l’ho ascoltato tantissimo, è stato un maestro per me. Rino mi è entrato dentro, c’è sempre stato un legame molto particolare con lui. La prima canzone del saggio alla scuola di musica è stata “Gianna”. Io vengo dal mondo del cantautorato degli anni Settanta.
Anna Gaetano, sorella di Rino, ti ha visto al concerto del Primo Maggio a San Giovanni nel 2017. È da quel momento che è nata questa vostra collaborazione?
Sì, poi sono stato invitato al Rino Gaetano Day il 2 giugno dove ho cantato “I miei sogni d’anarchia”. Mi ricordo che quando sono sceso dal palco lei era rimasta molto contenta. Poi mi parlò di un brano che Rino non aveva terminato, chiedendomi se volessi finirlo e cantarlo.
Come hai reagito a questa proposta?
Sono stato molto contento, ma al tempo stesso mi è caduto il mondo addosso. Su quel pezzo c’era un po' di testo e tutta la musica completa, io ho scritto il testo mancante. Non sapevo da che parte cominciare, perché qualsiasi cosa scrivessi mi sembrava o troppo eccessiva o non all’altezza di Rino. Questa cosa non mi ha fatto dormire per un mese e mezzo.
Come ne sei venuto a capo?
All’ultimo ho spento il cervello e mi sono lasciato andare con l’istinto, con il cuore, con lo stomaco con tutto. Mi sono bevuto un litro di vino e ho detto “vai scrivi quello che ti senti”.
Qual è la parte della canzone che hai scritto tu?
“Nel ricordo di una rosa rossa e delle tue poesie, nei tuoi occhi c’era tutto il resto delle mie follie”, che ho scritto pensando a lui. C’è sempre stata una rosa rossa in Rino. Da quando ho scritto questa canzone molto spesso vado con Anna al cimitero del Verano a trovare Rino, e come simbolo gli porto sempre questa rosa rossa.
Hai scritto altri passaggi?
“La stagione dei vent’anni corre sulle ferrovie, la stagione dei tuoi anni vive nelle sere mie”. Anche questa frase l’ho scritta pensando a lui. Non sapendo cosa volesse dire Rino su quella canzone ho scritto delle frasi pensando a lui, e sembra che sia scritta da una persona sola.
Sembra che a scriverla sia stato Rino.
Incredibile. È stata una nottata particolare, il giorno dopo ho chiamato Anna e le ho detto che ce l’avevo fatta.
Le è piaciuta subito quando l’ha ascoltata?
Me l’ha fatto capire con un forte abbraccio. Non ci siamo detti nulla.
“Ti voglio”, cantata da Rino, sarebbe potuto diventare uno dei suoi successi?
Sicuramente, avrebbe riscosso molto successo. Poi Rino non si sa come l’avrebbe fatta, io ho lavorato sul suo provino, quindi magari questa canzone sarebbe diventata tutt’altro. Chi lo sa.
Secondo te qual è la canzone che lo rappresenta di più?
“I miei sogni d’anarchia”, secondo me Rino sta tutto lì. Il modo come la canta, il modo come la suona, il testo tutto quanto.
“In Italia si sta male”, testo di Rino che Paolo Rossi ha portato a Sanremo nel 2007, tu come l’avresti interpretata?
Quella è una bella canzone, il problema è che Rino lo canta solo Rino. Un po' come le mie canzoni, come le canti? Chi è che può cantarle? Non è una questione di difficoltà, alcuni cantautori le canzoni devono cantarle loro e basta. E Rino era uno di questi. Ci sono tantissime cover band, però Rino non basta cantarlo, devi almeno aver vissuto una vita non facile.
Sei stato tu a scegliere di contattare Maurizio Nichetti per il video di “Ti voglio”?
Sì. Rino in un suo brano, “Ufo a ufo”, nel finale dice “un giorno scriverò un film con Nichetti”. Mi ha raccontato che si erano anche conosciuti, che si stimavano.
Ti chiedono mai di spiegare il testo di una tua canzone?
Bella domanda. Me lo chiedono e io rispondo sempre con imbarazzo perché non lo so mai. Una canzone nasce e basta, poi parla di tante cose. Alcune sono delle immagini, non si può spiegare un’immagine o una sensazione. È come chiedere di spiegare l’odore del grano, come lo spieghi? Puoi provarci, ma non è che ti viene.
Ti va di provare a spiegarci il significato di “Mimì sciacqua i denti col gin”?
Parla di molte cose, principalmente di due donne. Una che viene buttata in strada e l’altra che invece lo fa per volere. Con Mimì ci vanno un po' tutti, “presidente, avvocato e sacerdote in blue jeans”. Questa cosa l’ho ripresa sulla copertina del secondo album, ci sono io in macchina con un mazzo di fiori che offro alla ragazza in strada. Volevo chiudere un cerchio dandole un mazzo di fiori. Mi ha sempre fatto strano che loro stanno lì per strada e nessuno se ne accorge, quindi mi è venuta voglia di darle un fiore.
Nel testo di “Ma lo sai cosa c’è”, in un passaggio dici “ma lo sai che sei diversa, che mangi tutto che sei più bella”. È un riferimento ai disturbi alimentari?
No, era più per dire che sei libera. Libera di mangiare quello che vuoi senza sensi di colpa, si è vero forse c’è anche quello. Il senso di colpa del mangiare. Una ragazza è bella anche quando è libera di mangiare quello che le pare. Alla fine, che ci frega se ci si ingrassa o dimagrisce.
Nelle tue canzoni ci sono tanti nomi di donne, anche questo ti accomuna a Rino Gaetano.
Perché la donna è un emisfero misterioso per me. Tutto quello che succede in cielo succede nella terra, nel cielo c’è il sole che è l’elemento maschile e la luna che è l’elemento femminile. Il sole non può capire la luna con le sue varie fasi, muta sempre. Mentre il sole è sempre uguale. Anche qui sulla terra c’è l’uomo che è sempre uguale, un po' noioso al contrario del mondo della donna che è sempre diverso, ha mille sfaccettature. Io scrivo per la parte lunare, che è un po' quella che non capisco, è l’ignoto. Io ho una sorta di venerazione per la donna, perché è il motore dell’uomo. È tutto. Quindi ogni canzone a me viene sempre pensando a una donna, l’uomo è più banale, è fine a sé stesso. Ci sono più artisti maschi perché l’uomo ha la musa. La donna non ha la musa, cosa vuoi scrivere su un uomo?
Nei tuoi testi c’è anche tanta malinconia, vero?
Sì, quella ce l’ho sempre, anche adesso. Quando vedo il sole che tramonta sono malinconico, quando guardo fuori e vedo che piove sono malinconico. Però non è tristezza, è malinconia. Alcune volte preferirei non averla.
“Pietralata”, dal nome del quartiere dove vivi, è il tuo nuovo singolo. Com’è nato?
È una canzone nata spontaneamente. Abito a Pietralata da sempre, ci sono nato e in tutte le canzoni che ho scritto c’è sempre un po' di Pietralata. Questa volta ho proprio voluto chiamarla così la canzone. È il quartiere che, nel bene e nel male, mi ha fatto diventare quello che sono. Anche qui c’è un po' di malinconia, è un quartiere che ha lottato.
I tuoi progetti futuri?
Un disco che dovrebbe uscire a giugno, e alcune date che dipendono dall’uscita del disco. Nel frattempo, sto scrivendo delle canzoni nuove.
Una domanda che non ti ho fatto ma a cui ti sarebbe piaciuto rispondere?
Su cosa penso dei social.
Raccontaci!
Mi fanno cagare. Se io faccio questo lavoro è perché voglio scrivere le canzoni, altrimenti facevo il social media manager.
Infatti non sei particolarmente attivo sui social.
No, perché mi fanno cagare. Ce lo vedi Rino a fare i balletti su TikTok?
Cosa scriverebbe Rino di tutto questo?
Non scriverebbe, avrebbe smesso. Da un momento all’altro non si sarebbe sentito più e basta. Che è un po' la fine che vorrei fare io.
Darti all’oblio?
Sì, esatto, senza dire niente a nessuno. Adesso però una domanda te la faccio io, la mia canzone che preferisci qual è?
Domanda difficile. Direi “Ma lo sai cosa c’è” e “Giulia domani si sposa”.
Canzone che ha il tuo nome poi.