Dopo un paio di stagioni da disoccupato – il telefono del mister non squilla più come negli anni gloriosi dell’Atletico Minaccia. A un tratto però arriva un’offerta irrinunciabile: la Guardia Rovente Calcio ha deciso di puntare su di lui. Giunto a destinazione Cascione scopre un dettaglio che, complice l’entusiasmo e la voglia di tornare in panchina, gli era sfuggito: la Guardia Rovente è una squadra di calcio femminile. Inizia così, dalla penna di Marco Marsullo, un romanzo che grazie al calcio riuscirà a farci sorridere e a raccontarci le sfaccettature e le complessità del mondo odierno, provando anche a smontare gli stereotipi di genere legati al mondo dello sport. Dai più remoti campi di provincia fino ai grandi palcoscenici.
Questo è il tuo secondo libro che - pur restando nella narrativa - parla di calcio. Che rapporto hai con questo sport?
Il calcio è stata la mia prima scuola di fantasia. Da piccolo, figurine a parte, leggevo il Guerin Sportivo tutte le settimane, ricordo l'attesa per comprarlo in edicola per approfondire ogni aspetto delle partite dell'ultima giornata di campionato. All'epoca, parliamo di metà anni Novanta, internet a casa non ce l'avevo, sarebbe arrivato quasi dieci anni dopo, dunque con la fantasia inventavo campionati di squadre immaginarie che facevo scontrare tirando i dadi, assegnando bonus e malus a determinati numeri: una pazzia fantastica. E tutto questo mi ha portato, da grande, a volerlo raccontare, oltre che sui giornali, anche in alcuni miei romanzi. E in ogni caso, in quasi tutti i miei romanzi ci sono riferimenti al pallone.
In questa seconda puntata della "Saga Cascione" si parla di calcio femminile. Lo segui?
L'ho seguito e approfondito soprattutto per scrivere il romanzo. Ho visto delle partite e ho assistito a degli allenamenti di squadre di Serie A.
Che idea ti sei fatto?
C'è, secondo me, un difetto di visione tra le persone: il calcio maschile e femminile non vanno paragonati, sono sport diversi perché le strutture atletiche e fisiche degli atleti in campo sono diverse. Questo, però, non significa che il calcio femminile non sia godibile o che non abbia un'epica, anzi. Altrimenti non ci avrei scritto un romanzo. Ho scoperto storie bellissime di calciatrici, sogni e speranze di donne che, lavorando e faticando come i colleghi uomini, sono arrivate in cima. E poi è fantastico che le ragazzine di otto, dieci anni possano sognare, un giorno, di giocare la Champions League. Fissare un obiettivo grande per una bambina che ama giocare a pallone vale, di per sé, il prezzo del biglietto.
Recentemente Manuela Giugliano della Roma è diventata la prima italiana ad essere candidata al Pallone d'Oro. Un riconoscimento che sembra quasi arrivare in contemporanea con l'uscita del tuo libro...
Se c'è un disegno del dio del calcio, bè, sono solo felice. Battute a parte, mi fa piacere che il movimento calcistico italiano cresca, è fondamentale, al di là del mio romanzo, sempre per il discorso di prima: avere una cassa di risonanza maggiore aiuta le società ad avere più introiti e questo vuol dire migliori strutture e, per le ragazze che sognano di giocare in Serie A, la possibilità di avere un percorso definito di fronte a sé.
C'è una storia di sport femminile che vorresti raccontare in un tuo prossimo libro? Anche extra calcio...
Non scrivo mai libri pensando al segmento entro cui inserirli. Scrivo le storie che sento autentiche dentro di me, quelle che emozionano prima me e poi, spero, chi le leggerà. È una moda molto italiana quella di scegliere, a tavolino, il tema del libro e poi lanciarlo in libreria su temi caldi che diano maggiore visibilità. Io non sono questo autore. Ma se dovesse venirmi una storia di questo tipo, perché no? Sarebbe una bella sfida.
Nei ringraziamenti dici che vuoi bene al tuo personaggio mister Vanni Cascione...
Il mio primo romanzo è Vanni Cascione. I miei sogni sono Vanni Cascione. Tutto il mio lavoro di oggi, che mi permette di mangiare con la scrittura, deriva dal successo che ebbe Vanni Cascione dieci anni fa. Mi ha aperto la strada per fare il lavoro che più amo (e odio) al mondo. E poi mi somiglia: è autentico, sanguigno, straparla, non ha mezze misure. Sogna in grande, sbatte contro la realtà, e poi riparte più incazzato e voglioso di prima. È speciale perché la gente ci si riconosce e chi ama il calcio sa che racconta le emozioni vere del pallone. E poi fa ridere, è goffo, pasticcione, ma appassionato.
Come reagisce Cascione quando scopre l'equivoco su cui si basa il libro? Dovrà allenare delle donne...
Come reagirebbe qualsiasi uomo di calcio che ha superato la cinquantina: sgomento e incredulo. Non ritiene le donne in grado di giocare a pallone. Ma poi dovrà ricredersi: tutto il romanzo, oltre al raccontare il campionato della sua squadra, la Guardia Rovente, snocciola il rapporto di Cascione con le donne; dalla (ex) moglie, alla figlia Chiara, fino alle calciatrici. Vanni Cascione dovrà ricalibrare la sua idea di universo femminile, e non solo sul campo di calcio. Volevo raccontare questo tema senza le banalità e le furbizie di tutti, il politically correct, e le stronzate che leggiamo ovunque. Non è una guerra uomini contro donne: i temi caldi del mondo femminile riguardano, totalmente, anche gli uomini. Le battaglie giuste vanno combattute insieme.
Senza svelare troppo del libro: c'è una morale (sportiva o umana) in questa nuova storia che porti in libreria?
Nessuna morale, almeno voluta. La morale, in un romanzo, non è compito dell'autore, ma dovrebbe essere lasciata alla libera interpretazione del lettore. Un romanzo deve raccontare una storia e, se possibile, intercettare le luci e le ombre di chi lo legge. Stop. Io racconto storie, bene o male poco importa, le favolette non fanno per me.
Ci sarà una terza puntata delle imprese del Mister?
Mi piacerebbe molto, ho già un'idea pronta. Vediamo che succede.