Ripartire dalla novella e rischiare di scoprire che i romanzi non esistono. Non in questo caso. Alessio Forgione, con Anni felini (La Nave di Teseo, 2024) semplicemente annulla il principio base della letteratura contemporanea, i pensieri delle persone, e torna alla pura e semplice storia fisica dei personaggi. Le azioni. E solo attraverso le azioni Forgione ci parla di amore, dolore, distacco e molto altro. Azioni di un gatto, Giorgino. Giorgino fa le cose, fa l’amore, fa il distacco. Non lo pensa, non lo immagina, se lo ricorda è perché anche la memoria è un’azione. Poi ci sono gli umani. Loro, invece, devono pensare, sono costretti per natura. Eppure, nonostante questo, la loro storia è così simile, così elementare, da intrecciarsi a quella di Giorgino. La capacità di Forgione di intrecciare queste due storie risiede in un talento millenarista, una scrittura che anticipa la fine a ogni pagina (ritardandola inevitabilmente, ben oltre il libro). Napoli non esiste più, è quasi solo una città per gatti. E in effetti anche l’umanità si sta perdendo.
Uomini e città sono solo spettri di cui rimane intanto, nell’aldiquà, solo lo scheletro. Napoli diventa la città delle chiese abbandonate. C’è da chiedersi questo: se Napoli sparisce, non si chiama più Napoli in Anni felini, perché l’autore non la riconosce più, è questo che sta accadendo all’umanità? Forgione non riconosce più l’altro? Si torna a uno stato primitivo, lo stallo tra uomo e animale, l’incomunicabilità che porta a una convivenza forse sospettosa, ma non senza vantaggi. Anni felini è in un certo senso un romanzo distopico, poiché il mondo, quello che vedeva al vertice della catena alimentare/sociale l’uomo, diventa degli uomini, una sorta di pianeta delle scimmie senza ribellioni e rivoluzioni o conquiste. Semplicemente il lento scivolare nella dimensione di animali che hanno più vita degli uomini. Una frase su tutte, con cui Forgione avrebbe potuto anche iniziare il libro, che invece è piantata lì, nel pieno della storia a pagina 154: “C’è andata male, mi dico, ci siamo spenti”.