Partiamo dal presupposto che ogni canzone in quanto prodotto d’ingegno è di per sé scambiabile su un mercato, con regole e consuetudine ben definite. Tra queste c’è l’usanza di far uscire album e brani inediti di venerdì, precisamente a mezzanotte o all’una, per una questione di conteggi di streaming e vendite ai fini delle classifiche, ormai metro del music business. Al di là di questi stratagemmi puramente numerici, esistono però altre tecniche per incidere sul corso di vita di una nuova uscita, una delle più condivise è quella del featuring. Il fatto che gli Usa rappresentino metà del mercato musicale mondiale ci costringe a definire con un termine inglese quello che in Italia potremmo semplicemente chiamare collaborazione artistica, ma che negli Stati Uniti è diventata uno dei capisaldi del marketing musicale. A guardare le novità delle ultime settimane si nota subito che non ci sono album privi di featuring e i singoli sono quasi tutti di coppia. C’è Fedez. che si è ricongiunto con Emis Killa per la chiacchieratissima "Sexy Shop", revenge song clamorosamente simile a Music Sessions #53 di Shakira. E ancora Gaia e Tony Effe, che invece presentano "Sesso e Samba”, sicuramente una buona hit per mantenere alte le temperature in vista dell’estate. Del nuovo disco di Angelina Mango si era parlato già tanto per il brano con Marco Mengoni e le sperimentazioni con i talenti della nuova scena, da Bresh e Villabanks a Dani Faiv, non proprio scontanti per un disco pop mainstream. Infatti, il potere in termini di mercato di una collaborazione si manifesta soprattutto all’annuncio, perché crea un rosa di aspettative variegate negli ascoltatori, dalla più virtuosa a quella più fallimentare e poi perché innesca un effetto gossip che non può verificarsi quando il cantante ha a che fare solo con la propria voce. La tendenza più diffusa è quella di pubblicare la tracklist di un progetto tenendo nascosti i featuring che poi vengono dichiarati man mano che si avvicina l’uscita. Ovviamente più è prestigioso il nome coinvolto più sarà spettacolare la comunicazione, come Diss Gacha che ha organizzato un vero è proprio drive-in, durante il quale ha presentato in anteprima i brani del suo disco e tutte le collaborazioni, tra cui quella con Wiz Khalifa, rapper americano da 26 milioni di follower che per la prima volta firma un pezzo con un italiano.
Altrettanto efficace, se non di più, è lo svelamento di un featuring mancato, come quello che ci sarebbe dovuto essere tra Tony Effe e Fedez ma che Tony ha rifiutato in favore a quello con Gaia. Ci sono ragioni diverse che muovono a scegliere la controparte, c’è chi si fa guidare dalla curiosità per suoni distanti dai propri, chi dall’amicizia o dalla stima nei confronti di artisti di fama maggiore. Spesso sono le stesse case discografiche a favorire gli incontri tra talenti del proprio roster per costruire sinergie virtuose per l’azienda e questo non è un motivo meno nobile degli altri. La strategia è una decisione mirata, in questo caso alla massima commercializzazione di un brano musicale, che in quanto mezzo non può essere buona o cattiva di per sé. Anche se le accoppiate vengono definite da valutazioni numeriche e accordi economici tra etichette, non significa che la collaborazione che ne risulta possa ritenersi di bassa qualità o comunque poco sentita. Avere dei vincoli imposti dall’esterno può stimolare la creatività più del libero arbitrio. A onor del vero, bisogna dire che non basta un intervento fortunato ad arricchire una canzone, come accade all’incontro tra BigMama e Alessandra Amoroso, che in “Mezzo rotto” continua a proporci la solita formula dance caciarona, non riuscendo a trarre vantaggio dalla freschezza della rapper della generazione Z. Talvolta invece l’imposizione arriva dal basso, è il pubblico che chiede a gran voce certe abbinate, come Annalisa e Tananai che dopo aver mostrato interesse per la collega all’arena di Verona, uscirà la prossima settimana con “Storie brevi” insieme a lei, accontentando tutti i fan che già stavano sognando il duo.
Insomma, a prescindere dalla genesi di un rapporto artistico, l’interconnessione tra artisti non può che essere un buon segnale per il mercato discografico e per la scena artistica in generale. Significa che c’è una domanda solida da patre del pubblico di rivedere i propri idoli, che grazie alle collaborazioni sono sempre sotto i riflettori. In un paese piccolo come l’Italia il principio dell’unione fa la forza sta dando i suoi frutti. Basti pensare a com’era l’industria musicale solo 15 anni fa, quando il panorama era incentrato sulle singole individualità più che sulla coralità, anche per il semplice fatto che con la ribalta del rap questo approccio tipicamente Hip Hop ha in qualche modo contagiato tutto il mercato. Favorevolmente. Ma la musica?