Milano, On House di via Passione. Lo spazio, con il suo design minimalista e luminoso, è il perfetto specchio del mondo musicale di Cesare Cremonini in questo periodo: elegante, stratificato, ma anche pieno di calore umano. È qui che lo incontro per parlare del suo nuovo album, Alaska Baby, un’esplorazione sonora e umana che segna l'ottavo capitolo della sua carriera solista. I giornalisti sono tutti schierati, in particolare al buffet, e sui monitor scorrono le immagini del documentario video che l’artista ha creato, parallelamente al disco, e che andrà in onda prossimamente su Disney+. Perché questo album è un viaggio, prima di tutto, che l’artista bolognese ha compiuto attraverso l’America, passando dalla mitica Route 66 per arrivare, appunto, in Alaska. E tutto è partito dal classico "vuoto dello scrittore", che però lui preferisce chiamare “il pieno di ego”. Infatti si è presentato "dopo il concerto di Imola del 2022, davanti a 70mila persone, mi sembrava di essere un Concorde senza aeroporto dove atterrare", mi ha spiegato quando ci siamo incontrati. "Nel viaggio ho trovato il coraggio di amare, la mia rinascita". E questo è il cuore pulsante di Alaska Baby: un disco che unisce autobiografia e immaginazione, ispirazione grazie alla natura, intrecciando emozioni viscerali con paesaggi mozzafiato. Non a caso si apre con Alaska Baby, un’introduzione epica tra synth e assoli di chitarra che catapulta l’ascoltatore in un film on the road: "Cercavo l’America ma poi ho trovato te", canta Cesare su una melodia pop anni ’80 che si imprime nella memoria. Da qui si passa a Ora che non ho più te, il primo singolo estratto, un brano che mescola sonorità à la Venditti con influenze di Dalla, ma che alla fine rientra pienamente nel Cremonini style: un mix di tradizione cantautorale, influenze internazionali, sensibilità melodica, arrangiamenti complessi e stratificati e grande cura per le orchestrazioni.
Così ogni traccia è un capitolo di questo suo peregrinare, per perdersi e ritrovarsi, che non è solo geografico ma profondamente interiore. In Aurore Boreali, il duetto con Elisa raggiunge vette di intensità emotiva, mescolando dream-pop e shoegaze in un gioco di voci che sembra danzare tra le luci polari. Poi arriva Ragazze Facili, il brano più "scandaloso" del disco, che gli paragono a una sua personale Disperato erotico stomp, ma lui risponde che forse contiene anche qualcosa di più: "È un pezzo nato in cinque minuti, il tempio del coraggio di amare". Non manca poi il lato oscuro, come in Dark Room, dove la voce si muove sinuosa tra atmosfere conturbanti e l’assolo di pianoforte del leggendario Mike Garson, storico collaboratore di David Bowie. Qui si entra in un sex club, tra profumi corporei e tensioni estreme: "Se muoio fa lo stesso, e non importa il resto". E poi c’è San Luca, una preghiera in musica che vede anche il ritorno di Luca Carboni. È il contraltare di 50 Special? Gli chiedo, per chi ricorda quando a 20 anni con i Lunapop ci faceva cantare a squarciagola per i colli bolognesi girando in Vespa, mentre ora ci accompagna a piedi al Santuario della Madonna di San Luca, simbolo della sua Bologna, a riflettere sulla vita e su quanto siano importanti le radici anche quando sei lontano: “50 Special e San Luca sono collegate da qualcosa di fondamentale, cioè dal fatto che, ovunque tu sia, in Alaska o in mezzo alla bufera, puoi prendere il binocolo, guardare oltre la finestra e rivedere casa”. Verso la fine, con Una Poesia e Acrobati, aggiunge una ulteriore nota di speranza. La prima è una favola musicale che racconta di parole che “si spogliano sul letto”, mentre la seconda chiude il viaggio con una riflessione sulla condizione del cantautore: "Siamo acrobati sulle rovine", ricordandoci che, come ci ha insegnato Vasco Rossi, in fondo è sempre "tutto un equilibrio sopra la follia”. Finito l’incontro, la prima preoccupazione di Cesare non sarà musicale: “Stasera gioca il Bologna, ma a che ora?” chiede. Nessuno gli sa rispondere. Lui controlla sul cellulare, sembra preoccupato: “Se non riesco ad andare allo stadio, almeno sul telefono la vedo…”. Ecco perché Alaska Baby non è solo un album e perché Cremonini non è soltanto un cantante. Si è spogliato di tutto, dopo il bagno di folla di Imola, e si è perso come potrebbe fare chiunque di noi in un viaggio che lo ha fatto sentire di nuovo “bambino di fronte alla natura”. E alla fine non ha ritrovato sé stesso, ma si è ritrovato in tasca un album già pronto (e bellissimo). "Devi essere pronto a perdere per ottenere qualcosa di nuovo e importante", dice prima di salutarci. Così ancora una volta ci dimostra che, oggi come ieri, come cantava Lucio Dalla “l'impresa eccezionale, dammi retta, è essere normale”.