Luca Ward ha una delle voci italiane più riconoscibili. Per i grandi progetti a cui ha partecipato, come Il Gladiatore, in cui ha prestato la voce a Massimo Decimo Meridio. E anche per la sua figura, che negli ultimi anni ha raccolto un seguito che va oltre i cinefili. Ward è intervenuto a Gurulandia, dove ha parlato dell’industria cinematografica italiana, di serie tv, di come sta cambiando il suo mestiere. “Un personaggio che hai deciso di non doppiare in quanto di ‘cattivo esempio’ per il pubblico?”, chiede Marco Cappelli. E la risposta: “Se mi avessero chiesto di doppiare Gomorra avrei detto no, perché il carabiniere è un coglione e il criminale è Dio”. Senza nulla togliere alla regia, che comunque viene elogiata. La celebrazione dei mafiosi, sembra dire Ward, è eccessiva. “Russell Crowe? Un uomo divertentissimo, curiosissimo, che conosce Roma meglio di me”. E tra i nuovi progetti di Ward c’è proprio un doppiaggio di Crowe, in cui quest’ultimo interpreta un russo. Ultimamente si parla molto delle difficoltà della disciplina, dei grandi nomi che prendono il posto dei professionisti, dell’uso provinciale che si fa del doppiaggio, in contrasto con il respiro internazionale che invece sarebbe da ritrovare. “Io ho lavorato gomito a gomito con i grandi. Oggi i ragazzi non hanno la possibilità di lavorare con me. Come mai? Perché si risparmiano un sacco di soldi”. Un risparmio che ha impedito la nascita di una nuova generazione di doppiatori. E l’intelligenza artificiale cambierà le cose? Luca Ward non si dice preoccupato: “Sono pronto a qualsiasi sfida, l’Ia la batto sempre”.
Il doppiaggio in Italia è tra le discipline considerate di più alto livello, anche in ambito internazionale: “Un tempo”, dice Ward, “siamo stati i più bravi, ma negli ultimi dieci anni siamo molto calati”. Una parabola discendente che però riguarda tutto il cinema: “Non c’è stato ricambio, oggi i film li fai con i finanziamenti ministeriali: una volta i produttori si ipotecavano le case pere farli, e non potevi sbagliare. Oggi cosa ti tolgono? Niente. Il film non incassa? Pazienza, i soldi li hanno già presi tutti, dagli attori ai registi. Il problema è che non siamo più competitivi”. E sono pochissime, infatti, le opere che davvero hanno avuto una vita lunga al di fuori del nostro Paese: “Noi ci andavamo a prendere gli Oscar. Eravamo quelli di C’era una volta in America di Sergio Leone”. Un film negli ultimi quindici anni che ha fatto il giro del mondo? “Non c’è. L’ultimo è Il postino (con Massimo Troisi, ndr)”. Nemmeno La grande bellezza, prosegue il doppiatore, lo ha fatto. Gli attori italiani bravi ci sono: Pierfrancesco Favino, Luca Marinelli, Francesco Pannofino, Elio Germano. E ci sono anche i registi importanti. Quello che manca, forse, sono le idee e le sceneggiature: “Io dico ai grandi registi: andate sui giovani, cercate le sceneggiature tra i ragazzi”. C’è bisogno di giovani: “I Fellini e gli Antonioni erano pischelli quando hanno cominciato”. Questo è il merito di produttori come Mario Cecchi Gori, per esempio, che aveva la pazienza e il coraggio di lanciare anche autori meno noti. E anche quando gli si dà una chance il film resta pochissimo nelle sale. Il rischio di bruciarsi è altissimo, sia nel cinema che, in maniera analoga, in televisione. Tra i titoli più di successo c’è sicuramente C’è ancora domani di Paola Cortellesi. E Ward infatti lo considera un bel film. Anche se, ironicamente, sottolinea la “paraculata” del bianco e nero. “Anche La grande bellezza, dov’è girato? A Roma: è Roma che ha vinto l’Oscar”. Ovviamente una provocazione, “Paolo Sorrentino è un grande regista”. Per Luca Ward il cinema italiano sta perdendo qualcosa. Nelle idee, nelle voci, nelle opportunità mancate dai produttori. I giovani ci sono, però. Basta saperli andare a cercare.