Se il primo capitolo, quello con Russell Crowe, finiva nei Campi Elisi e la mano di Massimo Decimo Meridio che accarezza le spighe di grano, ne Il Gladiatore 2 quel grano è stato raccolto ed è nelle mani di Annone (Paul Mescal). Ridley Scott riparte dodici anni dopo l’epilogo del film del 2000. Il figlio di Massimo e di Lucilla (ancora Connie Nielsen) vive lontano da Roma, in Numidia, messo al sicuro dalla follia che ormai imperversa nelle strade della città. È ormai un cittadino della provincia dell’Impero. L’esercito barbaro viene sconfitto dalle legioni del generale Acacio (Pedro Pascal), che porta nella penisola i prigionieri, tra cui lo stesso Annone. In realtà, ovviamente, si tratta di Lucio Vero, legittimo erede al trono di Roma, su cui attualmente siedono gli imperatori gemelli, Geta e Caracalla. Per sopravvivere Lucio combatterà nel Colosseo per Macrino, interpretato da Denzel Washington, cittadino che si è conquistato la libertà dopo essere stato schiavo. E che adesso punta a prendersi la città eterna. Nel mezzo nascono le amicizie di Lucio/Annone con il medico dei gladiatori e compagni dell’arena. Sua madre, invece, cerca la riconciliazione. E aspira a un colpo di stato: Roma deve diventare quella sognata da Marco Aurelio, superando così il presente corrotto, ingiusto e inutilmente sanguinario. Un intrigo non troppo complesso.
Del resto, non è sulla complessità della trama che si giocava la riuscita del sequel, quanto sulla capacità di Scott di riprendere il filo del discorso, portando i suoi protagonisti a compiere ancora quelle azioni così degne da “riecheggiare nell’eternità” (il claim pronunciato da Massimo Decimo appare scolpito su un muro del Colosseo - scritto in inglese). Tutto vero. Ma mai si era vista una rivoluzione tanto semplice: gli imperatori si spodestano praticamente da soli, pallidi e folli come il Commodo di Joaquin Phoenix; Lucio si convince del suo destino nel tempo di un cambio di scena; e il generale Acacio e Lucilla mettono in piedi una congiura piuttosto approssimativa. Per il resto, Il Gladiatore 2 va come previsto, tra cgi mastodontica, navi da guerra nel Colosseo (con tanto di squali in acqua), “legge del più forte” e massime morali. Praticamente la copia carbone del primo film. Ma fatto peggio. Rimane un unico personaggio a muovere la vicenda: il Macrino di Denzel Washington, l’impersonificazione del “sogno di Roma”, l’uomo che è partito dal nulla ed è arrivato in vetta. Il self made man del sogno americano, praticamente. Tutti gli altri agiscono unicamente per smentirlo. Insomma, del Gladiatore di Ridley Scott speravamo di conservare un ricordo diverso. Resta da capire se il box office premierà il regista britannico. Del resto, certi film vanno visti in sala, a prescindere dalla potenziale delusione. Lucio Vero e Paul Mescal, però, non sostituiranno mai Massimo Decimo Meridio e Russell Crowe. E alla materializzazione dell’utopia di Marco Aurelio continueremo a preferire il sogno che il film del 2000 aveva evocato.