Il Gladiatore 2 è un’altra (l’ultima?) chance per Ridley Scott di creare un’opera che possa aspirare ai gloriosi film del passato? E il sequel del Il diavolo veste Prada: sarà in grado il secondo capitolo di rappresentare al meglio i cambiamenti che si sono susseguiti nel mondo della moda in questi ultimi anni? Chi sarà il personaggio centrale, dopo che il primo film aveva preso vita proprio a partire da Anna Wintour? Queste sono solo alcune delle domande che l’annuncio di due sequel di opere così importanti ci ha suscitato. Solo alcune, di molte altre possibili. Procediamo con ordine. Partiamo da Ridley Scott e Il Gladiatore 2. Napoleon non ha avuto il risultato che il regista sperava. E anche il pubblico, in buona parte, è rimasto deluso. Joaquin Phoenix, nel momento forse più alto della sua carriera, è stato costretto in un ruolo in cui non ha lasciato il segno (più per la debolezza della costruzione generale, che per delle sue mancanze come interprete). Forse troppo lunga la vita dell’imperatore per essere compressa in un unico film? Sarebbe stato necessario scegliere solo alcuni anni della vita di Napoleone? Per trovare risposta a queste domande è troppo tardi, ormai. Con Il Gladiatore 2, però, il regista inglese ricercherà sicuramente quell’aura epica che era riuscito a evocare, con pochi precedenti, nel primo film. E speriamo possa riuscirci. Anche perché Ridley Scott deve guardarsi le spalle da chi ormai il “blockbuster d’autore”, come lo chiamano alcuni, lo padroneggia alla perfezione. Stiamo parlando di Denis Villeneuve, reduce da Dune: Parte due e già “ladro” dell’universo narrativo di Blade Runner, cult assoluto portato al cinema proprio da Scott. Non è forse il Paul Atreides (ma anche il Feyd-Rautha di Austin Butler) un gladiatore gettato nell’arena, condottiero di un esercito investito di una missione che trascende la sua esistenza? Insomma, dei punti di contatto ci sono. Così come la mastodontica rappresentazione delle guerre. Inoltre, la scelta di affiancare giovani come Timothée Chalamet e Austin Butler ad attori più esperti come Oscar Isaac, Javier Bardem e Christopher Walken ha pagato. Ne Il gladiatore 2 si affiancheranno, in maniera analoga, il vecchio e il nuovo: Paul Mescal è Lucio, il nipote di Marco Aurelio, ma fanno parte del cast anche Pedro Pascal, Joseph Quinn (già in Stranger Things) e Denzel Washington. Una “nuova” sfida, dunque, per Ridley Scott. E una certa parte di pubblico (e i critici) non vede l’ora di vederlo fallire.
E il sequel de Il diavolo veste Prada? La prova, in quel caso, consisterà nella capacità del regista di cogliere le novità che la moda e il giornalismo hanno dovuto affrontare dopo il 2006, anno di uscita del primo film. Dalle prime indiscrezioni sembra che nel progetto della Disney ci sarà ancora Miranda Priestly (che sarà, ovviamente, Meryl Streep) impegnata a contrastare la parabola discendente del giornalismo e della stampa di fronte all’avanzare del digitale. Il diavolo veste Prada, però, non sarebbe esistito senza Anna Wintour, sovrana assoluta dell’editoria della moda di quel tempo. Un personaggio che da solo poteva reggere l’impalcatura di tutta la storia. Sarà sufficiente rispolverare questa figura per garantire la riuscita del secondo film? Tutti i settori della cultura e della società negli ultimi anni sono diventati sempre più permeabili. Le influenze si moltiplicano, mentre i confini tra le discipline si assottigliano costantemente. La moda non fa eccezione: pittura, cinema, mondo dei social. E sport. Tutte cose che hanno cambiato il fashion. Tra i più consapevoli di questo fenomeno c’è senza dubbio Luca Guadagnino, che con Challengers ha dimostrato di saper intercettare i trend sul nascere. Il tennis, infatti, da sempre rappresenta un riferimento per i brand di moda. Negli ultimi anni, però, questa influenza si è accentuata ulteriormente. Anche per chi lavorerà a Il diavolo veste Prada parte due dovrà tenere conto di tutto questo. In definitiva, come sempre accade quando si parla di sequel, le domande e i dubbi sono pari alle aspettative. Tanta attesa, che rischia di diventare controproducente. Ridley Scott per tornare a livelli che probabilmente non ha più raggiunto. Il diavolo veste Prada per parlare, senza retorica, di moda. E nessuna delle due cose può essere data per scontata.